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Locke & Key

2020
REGIA:
Michael Morris, Vincenzo Natali, Tim Southam, Mark Tonderai, Dawn Wilkinson
CAST:
Darby Stanchfield (Nina Locke)
Connor Jessup (Tyler Locke)
Emilia Jones (Kinsey Locke)

Il nostro giudizio

Locke & Key è una serie tv del 2020, creata da Joe Hill.

Rispetto alle centinaia di serie a cui Netflix dà indistintamente luce verde, su Locke & Key risiedono aspettative importanti. Disney + è qui, altre piattaforme streaming premono, il catalogo si restringe e la necessità di creare nuovi universi espandibili è impellente. Bojack Horseman ha chiuso, Stranger Things è avviato ad un finale sempre più prossimo; e non si può dire che la piattaforma di Ted Sarandos abbia creato altro di altrettanto iconico e commerciabile sul piano dei prodotti originali. La serie di Joe Hill si assume questo onere, e con cura algoritmica mira a creare la sezione aurea di tutto ciò che ha funzionato nel cinema fantastico di largo consumo nel decennio appena concluso. Dato importante, questo: Locke & Key è infatti un prodotto per bambini, che setta il proprio standard di maturità sul pubblico più giovane di tutti. Rispetto al racconto per l’infanzia rivolto ad adulti nostalgici (Stranger Things, appunto, o IT, di cui è pressoché un reboot), il target qui è apertamente teen. L’idea alla base di Locke & Key prende dunque gli ingredienti essenziali in questi anni di serialità fantasy, e li rielabora con sforzo minimo. Nonostante il nome d’arte, Joe “Hill” King non nasconde di essere il figlio di Steven, emulatore finora mai veramente affrancatosi dall’ombra paterna; e le similitudini della sua serie con la saga dei Perdenti di Derry volano ben oltre l’omaggio, in direzione dello spensierato remake. Dunque, la famiglia Locke (mamma ex alcolista, primogenito ribelle, ragazza introversa e bimbo solare) torna nella vecchia magione del defunto pater familias, in Massachussets. Sempre vissuti a Seattle, dall’altra parte dell’America, le lugubri case vittoriane nei boschi del New England non li entusiasmano.

Lasciati liberi, i ragazzi scopriranno presto come il padre fosse in realtà membro di un gruppo di amici che, anni prima, sconfisse una creatura demoniaca con l’aiuto di una serie di chiavi magiche dai mille poteri nascoste nella vecchia casa. Ora la suddetta creatura sta risvegliandosi, e i ragazzi dovranno battersi a loro volta, imparando a controllare i poteri dei misteriosi artefatti. I riferimenti di Locke & Key sono tutti lì, sbandierati: più che un omaggio o un remake, si tratta di una sorta di remix di temi, plot e suggestioni kinghiane, con uno sguardo al mondo di magie nascoste di JK Rowling e ai superpoteri Marvel. Le chiavi sono pressoché l’unico innesto originale (e infatti si prendono il titolo); sono tante, diverse, da trovare e “collezionare” come gli item dei videogame. La missione è scoprirle una per una, e imparare a controllarne il potere in attesa che il demone senza nome arrivi a prendersele. Eppure, e in questo traspare forse la programmaticità del tutto, l’entusiasmo per la magia è relativo. La meraviglia di fronte al rivelarsi del fantastico è passeggera: Hill sembra sapere che il giovane spettatore non ha più voglia di perdere tempo a sorprendersi (sono passati vent’anni dalla Pietra Filosofale di Columbus), e i suoi protagonisti paiono avere nei confronti delle reliquie incantante la stessa insofferenza del pubblico medio di fronte all’ennesima origin story. Ogni episodio presenta un nuovo potere, i ragazzi si stupiscono appena, e alla puntata successiva è già dimenticato, senza che venga più tirato in ballo. Nei confronti di chiavi magiche capaci di aprire varchi dimensionali, teletrasportare, controllare la mente e attraversare gli specchi, traspare una certa indifferenza. Non esattamente una strategia capace di emozionare un pubblico adolescente. O forse, solamente cattiva scrittura.

Tanto è limitata la messa in scena del fantastico (piagata da effetti digitali degni di un low budget del 2002), tanto impera l‘high school drama. L’attenzione degli autori sta tutta nel presentare un microcosmo scolastico archetipico, fatto di ragazze timide, bulli, cheerleader, stranieri affascinanti, geek dell’horror (con Tom Savini a comparsare), cotte e litigi, professori comprensivi e squadre di hockey. Una saggia scelta editoriale: costruire un comparto di protagonisti variegato e releatable è fondamentale per una serie teen che miri ad espandersi per otto stagioni. Come Buffy insegna, l’horror può essere funzionale al racconto adolescenziale, anziché il contrario. La composizione del casting si prende quindi tutto l’impegno che non è andato nel makeup e negli effetti: i Locke sono ovviamente la solita squadra di biondissimi wasp, ma non manca un corteo variegato di studenti da mezzo mondo, di tutti i colori, di ogni gusto sessuale, e persino senza gambe. Gli adulti stanno ai margini, stolidi e lenti da far paura. Spicca, unico personaggio dinamico, la supervillain di Laysla De Oliveira: una Pennywise dalle fattezze indo-latine, sensuale e predatoria, a insidiare i virginali eroi. Non fa paura neanche per un nanosecondo, ma gioca e si diverte con il ruolo. E se non si divertono i protagonisti, chi altri?  Locke & Key potrà trovare il suo spazio in un pubblico quattordicenne, tendenzialmente femminile, ancora in cerca del suo personale Twilight generazionale. Ma difficilmente basterà.