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Stranger Things 3

2019
Titolo Originale:
Stranger Things 3
REGIA:
Matt Duffer, Ross Duffer, Shawn Levy, Uta Briesewitz
CAST:
Winona Ryder (Joyce Byers)
David Harbour (Jim Hopper)
Finn Wolfhard (Mike Wheeler)

Il nostro giudizio

Stranger Things 3 è una serie tv ideata da Matt e Ross Duffer.

Immaginando ogni singola stagione come un lungo film, essere arrivati al completamento di una trilogia è un traguardo che nell’era dei franchise può avere un peso specifico minimo, ma che in realtà così scontato non è. Già dal finale della prima folgorante stagione ci si poneva la domanda se e quanto a lungo fosse possibile continuare una storia fondata unicamente sul gioco cinefilo dei rimandi all’immaginario nerd e cinematografico degli anni Ottanta, un grande revival dei luoghi comuni, delle figure narrative e delle immagini che hanno formato e plasmato gli attuali trentenni-quarantenni rimasticato per le nuove generazioni. Perché il cinema di quegli anni aveva l’abilità di usare un linguaggio universale, che ha superato indenne le intemperie del tempo. La seconda stagione, pur non essendo un totale fallimento, aveva parzialmente incrinato quel clima di ottimismo attorno alla serie evento della piattaforma Netflix. A questo giro, però, i fratelli Duffer ritrovano la verve degli inizi ma soprattutto hanno l’intuizione di andare oltre il mero gioco citazionista e l’abilità – o fortuna, poco importa – di costruire un racconto sinceramente appassionante e dal ritmo incalzante pur partendo e aderendo fedelmente a un assunto teorico, onnipresente ma mai davvero ingombrante. Il motivo per cui questo decennio nutra della diffusa considerazione di essere magico risponde alla constatazione che niente come il cinema degli anni Ottanta possa sovrapporsi a un ipotetico cinema dell’adolescenza, inteso non come target di pubblico ma come ambito narrativo, come mondo da raccontare.

Stranger Things 3 cresce come i suoi protagonisti e da un mondo ludico il cui divertimento scaturiva dal riconoscimento comune di tratti caratteristici di tutte le nostre fasi puberali, riesce a diventare una profonda elucubrazione critica su una buona parte del cinema degli anni Ottanta cristallizzandone e mettendo in comunicazione tutti quegli elementi disseminati nei generi e tra i generi che trattano del passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Nonostante l’approccio critico al cinema del passato, la terza stagione di Stranger Things mantiene onestamente i paletti del genere, si ostina a non uscire dall’ambito dell’horror fantascientifico e continua a mettersi sulle spalle dei giganti del passato: tra tutti John Carpenter, di cui La cosa, al design del quale si ispira la creatura tentacolare guidata dal Mind Flayer e minaccia principale di questa stagione, è esplicitamente citata in una brillante battuta sulla superiorità dei remake rispetto agli originali, e George A. Romero con il coevo Il giorno degli zombi, altro numero tre di una saga e sorta di benedizione autoimpartitasi dagli autori (il fulcro della storia è d’altronde un enorme centro commerciale ed è impossibile non pensare anche a Zombi). Quello che finora era stato il grande assente nella gamma di stereotipi degli anni Ottanta smazzati da Stranger Things nelle prime due stagioni, vede finalmente il proprio ingresso trionfale, ovvero la minaccia russa, portando il contesto narrativo a un livello superiore, dove non c’è più spazio per i giochi di ruolo, mentre si insinua sempre di più la paranoia, la percezione reale di un nemico che non è solo confinato in un’altra dimensione ma si cela, guarda caso, sottoterra, allo stesso livello in cui si nascondono i mostri.

Nelle viscere della Terra, e in particolare nella cittadina di Hawkings, i cattivi comunisti sovietici tentano di riaprire il portale rinchiuso a fatica da Undici per poter comunicare con il Mind Flyer, il quale ha ben altri piani per poter conquistare il mondo e deve trovare il modo di eliminare l’unica minaccia per la sua incolumità, ovvero proprio i poteri telecinetici di Undici, contro la quale scatena un mostro gigante composto letteralmente dalla carne e dal sangue di corpi umani. Di nuovo alle mani dei bambini si lega il destino del mondo, la cui responsabilità li spinge sempre più ad uscire dall’involucro dell’infanzia, a smarcarsi dal mondo adulto, a scoprire nuove sensazioni, nuovi sentimenti e appetiti di natura sessuale. La chiave di volta di Stranger Things 3 è proprio questa: restare fedeli a quella sincerità del passato di raccontare una fase indimenticabile della propria vita usando gli stessi occhi di chi la vive in prima persona, pur passando per le strizzate d’occhio cinefile a volte ingombranti (nel bel mezzo del climax finale, due ragazzi cominciano a intonare Never ending story) e per le sterzate inaspettate nell’horror più viscerale. Ma se il trend è questo, che la storia continui pure all’infinito.