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Cam

2018
Titolo Originale:
Cam
REGIA:
Daniel Goldhaber
CAST:
Madeline Brewer (Alice / Lola)
Patch Darragh (Tinker)
Melora Walters (Lynne)

Il nostro giudizio

Cam è un film del 2018, diretto da Daniel Goldhaber.

Sempre più l’intricato web si presta a essere l’ambientazione giusta per un horror, numerosi sono i lati oscuri e le insidie che può nascondere all’interno della sua inquietante vastità. Tematiche esplorate dall’antologica Black Mirror, basata sugli effetti collaterali della tecnologia, ai social-horror come Unfriended e Friend Request, fino ad arrivare a interessanti esperimenti girati interamente in screen view come Searching. In questo panorama si inserisce Cam, un prodotto Blumhouse/Netflix,  che unisce il discorso della perdita d’identità nel mondo virtuale alla vita delle camgirl che si esibiscono online. Alice (Madeline BrewerBlack Mirror, The Handmaid’s Tale) è una 20enne che appartiene a questa categoria: ambiziosa e determinata a perseguire lo scopo di scalare la vetta delle 50 camgirl più famose della rete con trovate fantasiose e show macabri in diretta; fino alla mattina in cui scopre che il suo account è stato piratato. Ma non è tutto. In realtà Lola (questo è lo pseudonimo che usa per i suoi show) si sta inspiegabilmente esibendo in diretta, riscuotendo parecchio successo. Ha così inizio un paranoico vortice di misteri che metteranno a rischio l’immagine ma anche la salute mentale di Alice, in lotta e allo stesso tempo attratta, dalla persona che ha preso il suo posto.

Una stanzetta illuminata da forti neon colorati con un letto e un orsacchiotto peluche, in mezzo la brunetta Lola che, sorridente, ammicca davanti a uno schermo gigantesco, osservando  i nickname dei suoi fan virtuali intenti a votare il vibratore con cui dovrà masturbarsi di fronte a loro. Provocata dai sadici messaggi di un ammiratore, Lola tira fuori un coltello dalla sua “scatola dei giochi” e, guardando dritto in camera, si taglia la gola in copiosi fiotti di sangue. Ottime le premesse di Cam, con un incipit che incolla allo schermo e lascia sbigottiti, fino a quando la ragazza non alza la testa ridendo, orgogliosa della sua trovata snuff che le ha fatto acquisire due posizioni nella top della settimana. Con un ritmo accattivante e un montaggio nervoso, Daniel Goldhaber (al suo primo lungometraggio) costruisce un thriller psicologico ipnotico, tutto giocato attraverso schermate di pc, telefoni, piattaforme e chat; chiaro sin dall’inizio che il fulcro della storia  è quello del doppelgänger (digitale), che sebbene intrighi aleggiando tra letterale e metaforico, non riesce a celare una storia poco sviluppata alle spalle. A scrivere la sceneggiatura è proprio un’ex camgirl, Isa Mazzei, che ben sa raccontarci le liti e le invidie crudeli (quasi alla The Neon Demon) tra colleghe di lavoro che passano giornate intere a filmarsi per conquistare fama e soldi.

Aspetto decisamente centrale rispetto a quello più sexy-voyeuristico, quasi, se non del tutto, assente o addirittura surreale, come la sequenza in cui Alice usa un mostruoso vibratore gigante per impressionare i suoi followers. Abbandonata da aiuti esterni di famiglia e polizia, la ragazza inizia a investigare da sola per capire chi sia l’inquietante doppio: il malvagio scherzo di uno stalker? Una pericolosa cospirazione? Una presenza virtuale-paranormale? La disgregazione dell’io diventa uno spettacolo insopportabile al quale protagonista e spettatori assistono inermi. Fino al’ultima sequenza, incomprensibile e magnetica, forse anche per questo. Alice e il suo doppio, una di fronte all’altra per la resa dei conti, o meglio, Alice attraverso lo specchio. L’inquietudine rimane ma si fatica a capirne il motivo con i numerosi sottotesti che alludono a difficoltà e meccanismi delle sexworker che lavorano online, per poi concentrarsi sulla perdita dell’identità nell’era digitale. Tuttavia, Cam mantiene le sue promesse senza cadere in banali lezioni morali – come cessare il lavoro sessuale per avere una vita migliore – e lo fa con un finale che lascia l’adrenalina addosso, facendoci sentire un po’ come se avessimo scopato senza rendercene conto, forse proprio come i clienti di Lola.