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Searching

2018
Titolo Originale:
Searching
REGIA:
Aneesh Chaganty
CAST:
John Cho (David Kim)
Michelle La (Margot Kim)
Debra Messing (Detective Vick)

Il nostro giudizio

Searching è un film del 2018, diretto da Aneesh Chaganty.

Se è vero che per Ludwing Wittgenstein non esistono mai grandi problemi filosofici ma solo piccole incomprensioni grammaticali, allora affermare semplicemente che Searching è un buon film vuol dire poco o nulla. Occorre infatti scavare nel profondo per far emergere l’ottima qualità e le sincere intenzioni alla base dell’interessante operazione imbastita dall’esordiente Aneesh Chaganty, capace come pochi di dar vita a qualcosa di davvero intrigante facendo uso di uno dei neo linguaggi anti cinematografici più inflazionati degli ultimi tempi. Va subito chiarito, infatti, che qui non ci troviamo più nel rassicurante terreno dell’estetica filmica cosiddetta “tradizionale”, poiché a farla da padrone è il famigerato espediente formale della screen view, parente strettissimo dell’abusatissimo mockumentary basato sulla simulazione delle consuete attività messe in atto all’interno dei monitor e delle videate dei nostri beneamati dispositivi digitali quali computer, tablet, smartphone e compagnia bella.  E visti gli esiti davvero poco felici e alquanto imbarazzanti di bislaccate come Unfriended, era più che lecito aspettarsi l’ennesima cazzatona feticistica destinata a rimpinzare i capienti stomaci degli annoiatissimi teenagers 3.0, selfiedipendenti e cinture nere di smanettamento touch. E invece, sorpresona delle sorpresone, forse per la prima autentica volta dallo scossone del The Visit di Shyamalan – e lontano anni luce dalla spocchiosa stucchevolezza dell’Unsane di Soderbergh –, la sensazione è proprio quella di trovarsi dinnanzi a un prodotto “sperimentale” onesto e coerente, perfettamente in grado di impiegare appieno le potenzialità della propria inconsueta grammatica per costruire un racconto tesissimo e – chi mai lo sperava più ?! – narrativamente accattivante.

Contrariamente a quanto capita ogni benedetta volta in cui una nuova tecnologia o un nuovo linguaggio fanno capolino sul grande schermo, in questo serratissimo thriller – perché, comunque la si voglia mettere, Searching questo è: un trillerino di detection bello e buono – la storiella non viene affatto messa in secondo piano ma, anzi, diviene il motore principale attraverso cui l’intero ambaradan rimane ben ritto in piedi, permettendo allo spettatore di immedesimarsi soul, body and screen  con il disperato David Kim (John Cho in forma smagliante), improvvisatosi social detective per far luce sulla misteriosa scomparsa dell’amata figlia Margot (Michelle La). Aiutato dall’agente Vick (una rediviva e insolitamente ben in parte Debra Messing) l’uomo si calerà negli oscuri meandri della vita telematica della propria desaparesida, mettendone in luce ombre e segreti fino ad allora mai nemmeno sospettati. L’aver potuto beneficiare delle calde coccole produttive di un colosso cinematografico come Timur Bekmambetov – universalmente riconosciuto come il gran protettore e vate del genere Screen Movie, dal summenzionato Unfriended al recente Profile – ha sicuramente giovato non poco alla buona sorte di Searching, ben prima del fortunoso battesimo festivaliero dell’asse Sundance-Locarno. Detto ciò, la seppur ancora acerba mano registica di Chagarty riesce pienamente a farsi sentire fin dall’ottimo incipit dove, attraverso una manciata di operazioni che vanno dall’aggiornamento del calendario elettronico alla semplice visualizzazione di clip video – per giunta transitando dal vetusto Windows XP allo stiloso OS X –, passaggio temporale e approfondimento storico dei personaggi vengono apparecchiati senza troppi inutili barocchismi, in un condensato di efficacia narrativa che, con il progressivo dipanarsi della vicenda, riesce nel miracolo di far quasi scomparire l’ingombrante impalcatura di conversazioni Skype in picture-in-picture, andirivieni di puntatori e icone saltellanti.

Nonostante rimangano ancora ben evidenti i residui delle ormai incrostate incongruenze del “genere” – dalla compulsiva (e spesso pretenziosa) ossessione per la webcam H24 alla stramaledettissima soundtrack di accompagnamento sfacciatamente “cinematografica”, senza dimenticare un post editing che, dai tempi di Cloverfield, non ha ancora una chiara giustificazione –, Searching dimostra di saper brillantemente pareggiare forma e contenuto, usando gli strumenti a propria disposizione con intelligenza e parsimonia al fine di costruire una narrazione ricca di colpi di scena (alcuni forse troppo stiracchiati) e, a suo modo, perfettamente credibile, a patto di accettare l’antica tesi di McLuahn secondo cui la tecnologia è divenuta ormai una diretta estensione del nostro corpo. Chi bazzica più o meno assiduamente da queste parti sa bene che non siamo certo tipi di bocca buona e che, anzi, quando c’è da mandarle a dire non ci tiriamo certo indietro. Ma stavolta è proprio il caso di dare a Cesare quel che è di Cesare, complimentandoci davvero con il buon Chagarty e invitando molti dei suoi colleghi a prendere esempio qualora, in futuro, decidessero davvero di fare del post-cinema.