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Influenze maligne

2019
Titolo Originale:
La influencia
REGIA:
Denis Rovira van Boekholt
CAST:
Manuela Velds (Alicia)
Maggie Civantos (Sara)
Alain Hernandez (Mikel)

Il nostro giudizio

Influenze maligne è un film del 2019, diretto da Denis Rovira van Boekholt.

Non siamo dalle parti di Le streghe son tornate di Alex de la Iglesia, ma in atmosfere più consone alle favole dei Grimm. Il cinema fantastico spagnolo, tendenza di matrice deltoriana che ha leggermente depauperato la componente horror, si arricchisce di un nuovo titolo molto interessante. Stavolta siamo dinanzi ad un prodotto Netflix che cerca di imporsi come favola nera e vi riesce pur nella sua evidente imperfezione, attraverso una regia quadratissima e scelte iconografiche affascinanti. Influenze maligne, diretto dal debuttante Denis Rovira, ha un’anima più truce ma non per questo meno raffinata. È facile vedere un fil rouge con la serie francese Marianne, uscita poco prima sulla stessa piattaforma streaming, ma se si è patiti di streghe cinematografiche non sarà difficile trovare riferimenti più alti o “madri” più autorevoli. C’è dunque un’anima, un passato da cui attingere, uno stile, una storia magicamente reale. L’infermiera Alicia fa ritorno, insieme al marito Mikel e alla figlia Nora, alla casa dove è cresciuta. Lì aiuterà sua sorella Sara ad assistere la moribonda madre Victoria. Molti rancori e brutti ricordi si annidano dietro la figura della madre, a metà tra un genitore fisicamente e psicologicamente abusivo e una vera e propria strega con crogiuolo in dotazione.

La componente sovrannaturale e rimossa di questo passato riverrà fuori quando l’apparentemente innocua donna metterà nel mirino la nipote, la piccola Nora. L’evoluzione della vicenda, seppur flemmatica, è sorprendente ed immerge lo spettatore in un mondo estremamente rarefatto il cui centro di gravità permanente è appunto la casa dove riposa, attaccata al respiratore, la strega Victoria. Il suo rantolo non può non ricordare quello di un’altra madre, quella dei sospiri. Per rendere ancora più chiaro l’omaggio, Rovira vi aggiunge anche un contesto d’interni inondato da luci colorate ed innaturali che rimandano sempre al succitato capolavoro argentiano. Un grande contributo arriva anche dalle interpretazioni, in primis quella della giovanissima Claudia Placer, una sorta di Nicoletta Elmi iberica, capace sia di candida dolcezza che di spaventosa crudeltà, grazie ai lineamenti duri e spigolosi del suo pur puerile viso. Il dramma familiare è gestito bene, attraverso l’uso di flashback che fungono da recupero mnemonico del rimosso e che sono forse le scene più dure e riuscite per il loro ondeggiare tra realismo e dimensione onirica. La catarsi di tipo ematico, seppur rilegata al solo finale, è comunque potente e feroce al punto giusto.

In cosa invece pecca questo Influenze maligne? Di sicuro in certe scelte di sceneggiatura alquanto rivedibili, alcune troppo importanti e vitali nell’economia del tutto per non tenerne bonariamente conto. Al solito, si cade sempre nel tentativo di dare troppo: spiegare, rivelare, giustificare. Aggiungere un trauma ulteriore a quello di avere una fattucchiera come genitrice si rivela un’ingenua e non necessaria deviazione che toglie alla strega il fascino indefinito che l’ha caratterizzata per tutto il film. Uno strappo riparato in parte da un finale crudele e mai conciliatorio. Non siamo dinanzi ad una clamorosa scoperta, piuttosto al consolidarsi, in Spagna, di una pratica orrorifica più soft rispetto agli standard creati negli anni precedenti dai vari Plaza e Balaguerò, ma comunque meritevole di attenzione per la capacità di mischiare il dramma reale e sociale al fantastico. Un realismo magico che, in questo film, raggiunge delle buonissime vette.