Stessa spiaggia…stesso male – Parte 2

I migliori horror sotto l'ombrellone di tutti i tempi, selezionati da Nocturno
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Se c’è una cosa che il buon Spielberg ci ha insegnato con il suo cult del 1975 è che nemmeno fra sdraio e pedalò ci si può sentire tranquilli, poiché il terrore, che venga direttamente dall’acqua salata o da qualche oscura rimessa per barche, è pronto ad agguantarci a tradimento anche sotto l’ombrellone. Sembra infatti essere la calda sabbia estiva il terreno fertile per lo sbocciare di alcune delle più cruente e appetitose mattanze che il grande e piccolo schermo abbiano mai ospitato, sfatando il mito della spiaggia quale oasi di relax e divertimento. Basterebbe infatti dare una rapida occhiatina ai titoli qui proposti per capire all’istante quanto poco ci sia da ridere e da scherzare fra gli scogli, dimostrando una volta per tutte come il Male, quello vero, sia sempre pronto a godersi una sanguinosa e meritata abbronzatura.

Barracuda (Hatty Kerwin, Wayne Crawford, 1978)

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Mare, sole e un manipolo di famelici barracuda carnivori attendono gli abbronzati visitatori delle spiagge californiane, pronti a lasciare generose porzioni dei loro sodi deretani quale sanguinolento pegno del loro tanto agognato relax estivo. Sarà dunque compito di un aitante biologo marino e dello scaltro sceriffo della cittadella balneare di Palm Cove tentare di risalire all’origine del mortale appetito di questi temibili pescioni assassini, resi particolarmente pericolosi e incacchiati forse proprio a causa di un esperimento governativo ai danni della fauna marina del circondario. Il tutto ovviamente a discapito di chiunque provi anche solo a intingere un alluce nelle malfamate acque grondanti sangue.

Piraña (Joe Dante, 1978)

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Tre anni prima che un giovane e inesperto James Cameron tentasse di portare faticosamente a casa, grazie all’aiuto del fido Assonitis, i suoi zannuti piraña volanti, un altrettanto imberbe Joe Dante esordiva di gran carriera con un succulento horror estivo infarcito dei medesimi pescioloni mozzicanti geneticamente modificati, pronti a pappare di gran carriera la nutrita e succulenta fauna umana che infesta le sponde della ridente Lost River. I famelici azzannatori marini parrebbero infatti nuovamente il parto malato di qualche sordido esperimento governativo top secret, stavolta risalente all’epoca della Guerra del Vietnam quando si cercava ancora un modo per far fuori quanti più musi gialli comunisti possibili direttamente fra gli specchi d’acqua delle loro paludi. Un destino al quale quello scellerato di Alexandre Aja sarebbe dovuto incorrere per ciascuna delle tre dimensioni del suo scellerato e trashissimo remake.

Spiaggia di sangue (Jeffrey Bloom, 1981)

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Piccoli tremors crescono e proliferano sotto la sabbia dell’ormai stramaledetta Santa Monica, pronti a risucchiare a tradimento ogni essere senziente e zampettante che gli capiti impudentemente a tiro. Posto dunque che le calde spiaggette della California non sembrano proprio il luogo adatto in cui portare la famigliola, stavolta toccherà alla giovane e prestante guardia costiera del luogo tentare di venire a capo del terribile mistero, soprattutto dopo che la sua bella sguinzetta si ritroverà anch’essa vittima di un improvviso rapimento da parte dei mostruosi vermoni carnivori in agguato sotto la battigia.

The Mutilator (Buddy Cooper, 1984)

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Il meritato riposo del guerriero non si nega a nessuno, men che meno a un sadico serial killer armato di un enorme gancio da pesca il cui unico scopo, durante le vacanze estive, pare esser quello di agguantare e smembrare quanti più adolescenti possibili nei pressi della scogliera di Atlatic Beach. È qui infatti che il giovane Ed, assieme ai suoi iperattivi amichetti, è stato mandato dal padre per rassettare il grande casolare di famiglia, senza tuttavia sospettare che proprio nella cantina del casermone, fra muschi e licheni, qualcuno sembra attendere nel buio, forse intenzionato a vendicare la tragica e fortuita morte della madre del ragazzo avvenuta anni addietro in circostanze poco chiare. Altro che Camp Crystal Lake: il vero sangue, quello rosso e corposo, scorre solo e soltanto fra le acque salate del North Carolina!

Nightamre Beach – La spiaggia del terrore (Umberto Lenzi, 1989)

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Per chi ancora non fosse del tutto convinto dell’elevato tasso di morte e dolore che serpeggia fra gli ombrelloni degli assolati lidi della Florida, basti prendere come esempio il triste destino che attende  un’intera orda di urlanti e infoiatissimi collegiali durante i folli festeggiativi balneari del tanto atteso Spring Break dove, tra alcoliche avventure erotiche in riva al mare, un misterioso assassino a bordo di una letale motocicletta elettrificata si prepara a cuocere a puntino quanti più giovinastri possibili, mosso probabilmente dalla smania di vendicare un compagno di scorribande arrostito sulla sedie elettrica giusto qualche tempo prima. Idea assurda dite voi? Beh, di certo non meno assurda di un’orda di squali assassini sbatacchiati a destra e a manca da un tornado dotato di vita propria.

Psycho Beach Party (Robert Lee King, 2000)

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Ecco cosa succede a prendere una horror comedy di inaspettato successo fra i palcoscenici off-Broadway e a trasportarla dritta dritta su grande schermo. Una sciroccata e coloratissima parodia dei tanto amati beach movie anni ’50 condita con il più succulento e truculento mood degli slasher anni ’80, la cui protagonista è qui la solita sguinzetta in succinto bikini e occhiali da sole che vanta il titolo di prima e più famosa surfista donna della storia americana. La giovinetta tuttavia, così come nella più anarchica e cattivissima tradizione dei film di John Waters, non sembra avere tutte le rotelle al posto giusto, covando nella propria bacata testolina una multipla personalità che sembra renderla responsabile di una vera e propria mattanza fra le turbolente onde che l’hanno resa una celebrità estiva.

Cabin Fever – Patient Zero (Kaare Andrews, 2014)

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Terzo capitolo della virulenta saga splatter inaugurata dal mitico Eli Roth, stavolta ambientato agli albori dello scoppio della devastate epidemia di fascite necrotizzante responsabile del copioso sanguinamento di ogni possibile orifizio dei poveri protagonisti del film capostipite. A guidare le orride danze è qui un giovinastro prossimo al matrimonio che, assieme ai suoi amichetti di merende, ha pensato di festeggiare il proprio addio al celibato nella medesima isoletta caraibica nelle cui profondità si cela, ben custodito in un laboratorio, l’uomo che per primo contrasse la terribile pestilenza. Inutile dire che lo schifido e letale morbo troverà ben presto il modo di fuoriuscire dalla rigida quarantena, seminando sangue, frattaglie e dolorosa distruzione all’ombra dei ridenti tramonti balneari che faranno da sfondo a questa scoppiettante (s)carneficina.

Old (M.N. Shyamalan, 2019)

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Un riserva naturale incontaminata sperduta nel mezzo delle splendide acque tropicali si trasforma in un autentico incubo in pieno sole per i poveri protagonisti di questo fanta thriler a tine orrorifiche tratto da un’inquietante grapich novel francese, nel quale un inspiegabile invecchiamento precoce e la quasi sovrannaturale impossibilità di scappare a gambe levate dal muro di scogli che cinge l’intero perimetro di questa spiaggetta degli orrori renderanno il soggiorno dei nostri incauti protagonisti un’esperienza che difficilmente potrà essere dimenticata con un chupito e un bel massaggio snellente in una SPA. A patto ovviamente di uscirne vivi e, cosa più importante, con tutte le ossa e le artriti intere.