My Scary Valentine

10 film per un San Valentino nocturniano
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Le rose son rosse, le viole son blu… ma servirà un calco dentale per poterti identificare!”. Ritrovarsi un augurio del genere, contornato da cuoricini e angioletti svolazzanti, all’interno di un colorato bigliettino comparso dal nulla giusto in tempo per il tanto atteso San Valentino non è certo cosa da nulla. Ma d’altronde, si sa, nonostante la consueta annuale vagonata di bouquet, cioccolatini e zuccherosi buoni sentimenti, il grande e piccolo schermo ci hanno da sempre abituati a diffidare dall’affilato dardo di Cupido e dalle mille insidie che si nascondono dietro la consumistica Festa degli Innamorati. Dunque bando alle ciance e prepariamoci a riscoprire il Dark Side of St. Valentine’s Day, attraverso cult immortali, curiose riscoperte e, perché no, pure qualche sana e gustosa fetecchia che nemmeno la proverbiale poesia dei Baci Perugina riuscirebbe ad addolcire fino in fondo.

I racconti della tomba: Poetic Justice (Freddie Frencis, 1972)

1

Molti ricorderanno con un certo perturbante piacere quel sozzissimo e maniacale Santa Killer che, nel primo agghiacciante capitolo dell’orrorifica e ormai iconica antologia targata Amicus, per la primissima volta su grande schermo si apprestava a rovinare più che mai letteralmente le natalizie festività ad una bella e novella uxoricida, proprio durante la notte della Santa Vigilia. Ma quasi nessuno probabilmente conserverà memoria di uno zombesco Peter Cushing intento a ritornare dal Regno dei Suicidi  giusto in tempo per il bel dì degli innamorati; voglioso di conquistare con la forza – e con le mortifere unghie – il cuore di colui che, giusto un annetto addietro, a suon di bigliettini al vetriolo lo spinse vigliaccamente oltre il punto di non ritorno per pura e lucrosa antipatia. Non per soldi ma per amore, si dice in giro. Ma quando di mezzo ci si mette la cara vecchia vendetta, beh, state pur certi che, come ci insegna lo scaltro Pupi Avati, a rimaner defunti saranno tutti fuorché i morti.

Picnic a Hanging Rock (Peter Weir, 1975)

2

Giovani, carine e non più pervenute. Questo in sommi capi l’identikit che si potrebbe affibbiare alle quattro collegiali pulzelle vittime di un inspiegabile abduction avvenuto nei pressi di un misterioso complesso roccioso in quel dell’outback australiano, proprio durante un assolato 14 febbraio dell’Anno Domini 1900. Alieni? Tremors? Un’incauta The Descent nelle profondità di qualche insidiosa caverna oppure, alla peggio, una vigliacca ascesa al cielo ad opera del bel pacioso angioletto dell’Amore? Tante domande e pochissime risposte all’interno di questo suggestivo caposaldo della cinematografia della terra dei canguri, capace di generare ancor oggi una sana dose d’inquietante fascino e perturbante mistero per nulla offuscati da una serie tv tutt’altro che memorabile e, inutile dirlo, se arida quanto la canicola di mezzogiorno nel mezzo del Gran Deserto Sabbioso.

Il giorno di San Valentino (Geroge Mihalka, 1981)

3

L’orrore, così come l’amore, non ha età. Ma se, proprio come il sommo d’annunziano Vate, vogliamo abbeverarci all’emoglobinica fonte dove ogni cuoricino ha iniziato a palpitare di sana e autentica paura, allora tocca proprio fare un bel tuffo agli albori della turbolenta decade della slashermania. Ed è proprio in quel della sonnacchiosa cittadella di Valentine Bluffs d’inizio anni Ottanta che l’arrapatissima Generazione X vedrà nuovamente tingersi di rosso sangue le proprie sdolcinate promesse d’eterna fedeltà, sotto i colpi di piccone di un sadico minatore assassino deciso a vendicare il colposo crollo di una miniera avvenuto alla vigilia di quel nefasto 14 febbraio di vent’anni addietro. Un iconico serial killer in maschera antigas, un bodycount d’antologia e persino l’entusiastico endorsement dello zio Tarantino sono in realtà solo alcuni dei succulenti e splatterosi ingredienti di questo cult senza tempo; incisivo e scioccante tanto quanto una freccia di Cupido in pieno bulbo oculare.

Hospital Massacre (Boaz Davidson, 1981)

5

Un cuore spezzato, si sa, è doloroso da curare. Ma non perché, così come per l’affascinante neo divorziata Susan, i cocci di una relazione andata miseramente in frantumi ancora feriscono tanto l’animo quanto l’orgoglio. Ma piuttosto poiché, quando a bramare il tuo ancora ferito muscoletto cardiaco è un pazzoide travestito da chirurgo, pronto a sbudellare un intero ospedale pur di elargriti i suoi servizi con o senza assicurazione sanitaria, beh, diciamo pure che il dolore è qualcosa a cui pare impossibile non pensare. Sopratutto se questo antesignano del ben più noto ma altrettanto sciroccato Dr. Giggles altri non è che il fu imberbe stalker il cui tenero e innocente bigliettino di San Valentino tu stessa deridesti senza alcun ritegno, ritrovandoti per questo con il tuo biondo maschietto alfa appeso per il palato all’attaccapanni di casa come bel maialino sgozzato. E se è vero che, come recita il detto, da grandi premesse nascono quasi sempre grandi uomini, quando la premessa in questione invoca tremenda vendetta a nemmeno cinque minuti dalla comparsa dei titoli di testa, allora non resta che attendersi un roseo – anzi, sanguigno – futuro dal nostro (o)micidiale romanticone in camice e mascherina.

Valentine – Appuntamento con la morte (Jamie Blanks, 2001)

4

La morale, alla fine, è sempre quella: far merenda con Girella e non andare mai a menarla troppo al timido e potenzialmente psicopatico sfigatello di turno. Sopratutto quando è noto sin dal primo fotogramma come quest’ultimo, ben cresciuto e mascherato da Michael “Cupido” Myers, tornerà dalle impolverate pagine dell’annuario scolastico per elargire una dolorosa e mortifera lezione alle snobbissime sguinzette responsabili di avergli prenotato un precoce internamento psichiatrico a suon di cattivissime e derisorie bugie. D’altronde si sa: il passato non muore mai veramente. Sopratutto in un sano ed onesto slasher d’inizio anni Duemila dove, tra i soliti accorpamenti creativi a modesto tasso di cattiveria, un softcore da seconda serata televisiva rilasciato con il contagocce e una suggestiva atmosfera millenials che urla Scream da ogni poro, anche una Rom-Com Queen come Katherine Heigl può godersi la propria autoironica dipartita ancor prima dello scoccare del canonico quarto d’ora.

San Valentino di sangue 3D (Patrick Lussier, 2009)

6

Prendete un cult come My Bloody Valentine. Traslatelo senza ritegno dai magici 80s alle porte della prima sonnacchiosa decade del nuovo millennio. Lasciatelo a macerare tra grinfie di uno dei più pedestri cinematografari fuoriusciti dai serragli della turbolenta Generazione X e condite infine il tutto con abbondanti dosi di pessima digitale truculenza in altrettanto pessimo formato stereoscopico. Che cosa otterrete? Beh, nulla più che un fiacchissimo remake assolutamente non necessario né tantomeno richiesto; nel quale, eccezion fatta che per il già ben noto pazzoide in maschera antigas intento a gironzolare per miniere rompendo le sanvalentiniane uova nel paniere alle incaute compiette del cittadino circondario, nulla in più resta nella mente, nel cuore e soprattutto sulla retina all’infuori di una bulimia un tanto al chilo di picconate, bulbi oculari e frattaglie pronte a fuoriuscire a tradimento dallo schermo per gridarci Bubusettete! a un millimetro dal naso. Mai come in questo caso, infatti, tocca proprio rivalutare il profondo significato del 3D: Decisamente Da Dimenticare!

Pontypool – Zitto… o muori! (Bruce McDonald, 2009)

7

Il vero amore non ha bisogno di parole. Anche perché parrebbe proprio la cara vecchia lingua inglese l’insolito veicolo attraverso il quale, allo scoccare del fatidico 14 febbraio, una virulenta e misteriosa epidemia si prepara a diffondersi tra i sonnacchiosi isolati di una sperduta cittadella canadese, tramutando i tranquilli e ben educati sudditi della foglia d’acero in afasici assassini assetati di sangue tanto quanto i deambulanti zombie romeriani. Toccherà dunque ad navigato speaker radiofonico e alle sue caparbie assistenti tentare di venire a capo dell’intera faccenda, asserragliati all’interno di un angusto studio insonorizzato con il solo ausilio di un microfono e della seducente francofona lingua dell’amore quali misere armi con cui combattere un’autentica Guerra dei Mondi a suon di slang, pronomi ed ormai infetti articoli determinativi. Ed è proprio al celebre scherzettone on the air targato Orson Welles che lo sceneggiatore – e autore del romanzo  d’origine Pontypool Change Everything Tony Burgess sembra aver sbirciato nell’imbastire questa folle storiella nella quale, è proprio il caso di dirlo, almeno durante la notte di San Valentino le chiacchiere, così come i proverbiali Morti Viventi, stanno veramente a zero.

Holidays: Valentine’s Day (Kevin Kölsch e Dennis Widmyer, 2016)

8

Ogni festa, si sa, nasconde un lato oscuro. E chi l’avrebbe mai detto che, così come nell’amletica Danimarca, anche nelle viscere della tenera festicciola degli innamorati potesse celarsi del gran marcio? O, per meglio dire, del gran disagio? Esattamente quello che la timida Maxime parrebbe coltivare dietro l’innocente quanto proibita passione verso il proprio cardiopatico insegnante, al quale sembrerebbe disposta a donare, oltre che la propria ancora inviolata verginità, persino il proprio giovane e palpitante cuore. Beh, anche quello dell’odiata bulletta del circondario basterebbe e avanzerebbe, ma, come si sul dire, a psicopatica donata non si guarda né in bocca né in qual si voglia altro orifizio, giusto? Men che meno nell’esordio di un’irriverente e cattivissima antologia disposta a gettare nel tritacarne ogni buon sentimento ancora albergante fra le maglie delle ricorrenze più iconiche del nostro bel calendario.

Into the Dark: Down (Daniel Stamm, 2019)

9

Non è raro che l’amore possa sbocciare tra le scrivanie e gli open space. Sopratutto quando i nostri diretti interessati, pur sgobbando nel medesimo stabile ma a diversi piani di distanza, finiranno, ma guarda un po’, per ritrovarsi vittime della letale freccia scoccata dal caso. Galeotto fu infatti l’ascensore che li intrappolò, tutti soli soletti, come nella più classica delle commedie romantiche in odor di yuppie style. Peccato che la provvidenziale vigilia di San Valentino cada stavolta giusto di venerdì 13 e che i due potenziali amanti della pulsantiera, dopo un’iniziale intesa a suon di flirt e tensione sessuale da tagliarsi col grissino, complice lo spettro di una lunga convivenza forzata e un misterioso segreto che sembra celarsi dietro il bel faccino del nostro Hugh Grant della Lidl non potranno che vivere anzitempo sulla propria pellaccia le nefaste conseguenze del celeberrimo “finché morte non vi separi”. Quinta claustrofobia puntantona della prima stagione dell’ennesima fortunata serie antologica targata Hulu e, ça va sans dire, co-prodotta dal fido Jason Blum, sempre pronto a puntare dritto ai nostri tele-cinefili cuoricini come un provetto Cupido armato di dollaroni e risaputa lungimiranza.

Cupid (Scott Chambers, 2020)

10

Non c’è mai limite al peggio, specialmente durante la sdolcinata Festa degli Innamorati. E se, quantomeno sulla carta, l’idea di un demoniaco Dio dell’Amore richiamato dal regno delle tenebre dalle maldestre arti stregonesche di una povera liceale vittima di bullismo poteva tutto sommato apparire interessante, quando la furia omicida del nostro satanico Belzebù armato di arco e frecce viene messa in scena con il budget di una gita scolastica e la maestria di uno studentello di cinema fuori corso, beh, capite anche voi quanto poco di poetico si può scovare in una tale fetente operazione. Ma se siete disposti a sorbirvi assieme alla vostra dolce metà ottanta minuti di uno zozzissimo e rachitico figuro in toga, mascherone di gomma da dolcetto o scherzetto e allucce da cherubino, intento a seminare morte e distruzione peggio di un balestriere alla sagra del cinghiale, beh, allora state pur certi che un bel San Valentino di grasse risate e brividi da discount non ve lo toglierà proprio nessuno.