I film da guardare ad Halloween

I brividi non comuni di tutte le epoche rispolverati da Nocturno
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Salve amici, vi siamo mancati? Probabilmente no. Anche perché tra sala, streaming e qualche caro vecchio passaggio televisivo, uno o due stuzzicanti titolini da adocchiare durante la vigilia d’Ognissanti sarete certo in grado di procacciarveli in discreta autonomia. Ma se siete alla ricerca di brividi non comuni, di quelli che solo i più voraci cinefili hanno la voglia e la pazienza di rispolverare, beh, eccoci qui pronti ad adempiere ancora una volta alla nostra nocturniana annuale missione; offrendovi su di un bel piatto d’argento incrostato di sangue una selezione di chicche de paura che, dai nebulosi anni Venti sino ai più laidi e corrotti tempacci moderni, potranno allietare il vostro sollazzo all’ombra dell’immancabile Notte delle Streghe. Ecco i film da guardare ad Halloween, selezionati da Nocturno:

The Penalty (Wallace Worsley, 1920)

1

Gli errori, un po’ come le multe di sosta vietata, prima o poi vanno pagati. E non vi è alcun dubbio che un criminale di fine intelletto e spietata cattiveria come il temibile Bizzard esiga che i propri conti vengano saldati per tempo e con tutti gli interessi. Sopratutto quando a doverla pagare è nientemeno che l’infido medico reo di avergli erroneamente segato le gambe in tenera età, condannandolo a divenire lo storpio sovrano del sottobosco malavitoso di San Francisco con una sete di sangue pari solo alla sua proverbiale capacità di apparire e scomparire un po’ dovunque, con la destrezza di uno spettro in un bel goticheggiante maniero. Ed è appunto nell’ombra e fra le nebbie di un losco e lasco paesaggio notturno che il nostro geniaccio del male inizierà a pianificare la propria vendetta, con tutta la meticolosità e la maestria di un giovane aspirante torturato impegnato in un tête-à-tête con la sua indifesa e zampettante preda.

Supernatural (Victor Aplerin, 1933)

supernatural

Il passato, così come il fisco e l’herpes labiale, non ti lascia mai in pace una volta per tutte. Anzi: quando meno te lo aspetti, eccolo tornare a farti visita senza inviti o telefonate di cortesia, pronto a scombinarti le carte in tavola e a chiederti pure il rimborso spese, nella pura e semplice filosofia del “cornuto e mazziato”. E se non certo cornuta, parecchio mazziata parebbe esserlo eccome la bella Roma; giovane ereditiera con la propria firma non ancora asciutta del tutto sul testamento redatto a suo favore dal defunto fratellino che, a seguito della misteriosa visita a domicilio fattale da una sedicente medium, sotto gli occhi esterrefatti e impotenti dell’aitante fidanzatino parrebbe essere caduta vittima della possessione dello spirito inquieto di una certa Ruth Rogen, mandata al patibolo per aver accoppato ben tre suoi amanti ma che, inutile dirlo, di scheletri nell’armadio e in parecchi altri anfratti parrebbe nasconderne più che a sufficienza. Che poi il tutto sia sovra o più semplicemente naturale, beh, questo starà solo al tempo e ai pochi strategici jumpscare dircelo.

 Prima che mi impicchino (Nick Grinde, 1940)

3

La giovinezza fa gola a tutti. Ma per il mellifluo Dottor Granth – ovvero quel bel tenebroso di Boris Karloff – si tratta di una questione di vita o di morte. Si perché, condannato all’impiccagione per aver praticato a tradimento l’eutanasia su un anziano paziente con entrambi i piedi nella fossa, il nostro decaduto seguace di Ippocrate sembra aver scoperto un oscuro siero in grado d’invertire il processo d’invecchiamento, ottenuto nientemeno che dal prezioso sangue di un assassino già morto e sepolto. E sarà proprio quest’ultimo fondamentale ingrediente a dar luogo ad un unico inaspettato effetto collaterale, che porterà l’intraprendente scienziato a trasformarsi progressivamente e irreversibilmente in una sorta di Mr. Hide sadico e violento, mandando in vacca ogni buon proposito e mettendo dunque in circolazione l’ennesimo mostracchione assetato di sangue appartenente alla lunga stirpe di metamorfici figliocci eredi del temibile Paziente Zero ideato dall’infetta fantasia di Robert Louis Stevenson.

 I Bury the Living (Albert Band, 1958)

4

Se per gli antichi faraoni egizi il potere risiedeva tutto nella punta di un dito, per l’ignaro Robert Kraft, nuovo direttore del cimitero di Immortal Hill, è sufficiente una sola puntina sbagliata, posizionata sul loculo sbagliato all’interno della labirintica mappa dell’oscuro sepolcreto, per spalancare le tombali (e già prenotate) porte dell’Aldilà ai futuri disgraziati occupanti. Oppure, peggio ancora, per richiamare a raccolta coloro che già da tempo ormai si stanno godendo il meritato riposo eterno, avendo depositato per tempo anima e caparra. È dunque questa la misteriosa e sovrannaturale facoltà che il disperato neo guardiano della necropoli cittadina sembra aver ereditato al momento del suo insediamento, trovandosi dinnanzi ad uno stranissimo caso Ai confini della realtà da cui uscire sarà arduo quanto  scoperchiare una bara di mogano rivestita di zinco. Un gran bel casino, insomma; di quelli che, come si sul dire, finiscono per lasciarti più morto che vivo.

 I redivivi (Herbert J. Leder, 1967)

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I cari vecchi seguaci dello Zio Adolf di porcate ne han fatte parecchie, vero? Ma mai quante il sadico Professor Norberg, a tal punto devoto al culto della svastica da mettere letteralmente in freezer il fior fior dei gerarchi sopravvissuti alla rovinosa caduta del Terzo Reich per poterli rianimare in un secondo tempo; salvo poi accorgersi che i redivivi criminali di guerra, opportunamente scongelati, si sono col tempo trasformati in decerebrati zombie senza più arte né parte. D’altronde, da un titolo originale come The Forzen Dead cosa mai ci si potrebbe aspettare? Il sopraggiungere poi della giovane nipotina del nostro Mad Doktor e della sua bella amichetta di merende non farà che rincarare ulteriormente la follia generale, facendo letteralmente perdere la testa ad alcuni e permettendo ad altri di ammirare tranci di mani e piedi di pura razza ariana, riportati alla vita ben oltre la propria naturale data di scadenza e pronti a generare un novello e incazzuttissimo FrankenFührer.

 Sangue e terrore dietro l’angolo (David Burton Morris, 1979)

6

Cinema che vai, pazzoide che ti ritrovi. Sopratutto se, come buon Mitford Webster e la sua allegra famigliola, dopo aver mollato la tua mediocre attività di venditore di scarpe per ritirarti in una cittadella a gestire una vecchia sala cinematografica abbandonata ti ritrovi, quale dolce omaggio della casa, un decrepito e sciroccato ex proiezionista con la fissa per Jean Harlow e gli oggetti contundenti. E se poi il suddetto maleodorante signore sembra pure non gradire affatto la nuova programmazione in cartellone, ecco che il famoso detto “The Show Must Go On” finirà inevitabilmente per tramutarsi in un violento ed emoglobinico The Last Picture Show che con Bogdanovich e la sua malinconia in bianco e nero non ha proprio nulla da spartire. Anche perché la prima e unica regia del caro David Burton Morris – (s)conosciuto anche come Derek Savage – vale tutta il laido e ruspante mood di un originale titolone come The Meateater.

Dissolvenza in nero (Vernon Zimmerman, 1980)

7

Il cinema è indubbiamente una droga: più ne hai più ne vorresti, ancora e ancora. E come ogni droga, anche il cinema può finire per uccidere. Ne sa qualcosa il timido e complessato Eric, giovane incallito cinefilo costretto a portare a casa la pagnotta trasportando a destra e manca bobine di pellicola in una scalcinata ditta di distribuzione cinematografica. Vessato da un capo decisamente dispotico, umiliato dai buzzurri colleghi di lavoro e asfissiato da una zia invadente quanto incestuosamente provocante, il nostro cinemaniaco finirà, ovviamente, per buttarla completamente di fuori, eliminando progressivamente ogni umana fonte di disturbo al proprio filmico (e precarissimo) equilibrio mentale mettendo in scena le sequenze più iconiche dei suoi film preferiti. Passando dal Dracula di Bela Lugosi al James Cagney de La furia umana con proverbiale nonchalance, il sanguigno adoratore della Settima Arte finirà perdere ulteriormente e definitivamente la testa per una giovane ragazzotta in tutto e per tutto simile alla divina Marilyn Monroe, tentando di portarsi a casa il proprio agognato e sanguinolento THE END.

The Last Broadcast (Stefan Avalos, Lance Weiler, 1998)

7

Prima di The Blair Witch Project e qualche annetto dopo Il cameraman e l’assassino, il terrore corre sul filo di un (falso) documentario con cui si tenta di far luce sulla misteriosa scomparsa dei due scapestrati ideatori del programma investigativo Fact or Fiction, scomparsi fra le oscure fresche frasche dei Pine Barrens, assieme alla loro giovane fonico e a uno sciroccato sensitivo, durante un’incauto sopralluogo in diretta streaming ante litteram alla ricerca del leggendario Diavolo del Jersey. Il ritrovamento dell’unico nastro contenente le distorte registrazioni delle ultime ore dei nostri indagatori della domenica sarà dunque solo l’inizio di un autentico viaggio nell’incubo a risoluzione NTSC, scoperchiando un catodico tubo di Pandora dal quale terrificanti rivelazioni e sorprendenti colpacci di scena non mancheranno di far passare una tutt’altro che tranquilla e spensierata oretta e venti di analogici brividi più che assicurati.

Home Movie (Christopher Denham, 2008)

8

Dal mockumentary al found footage andata e ritorno. Questa la filosofia alla base di questo tesissimo videotape familiare ad alto tasso d’inquietudine e bassissimo dispendio di sangue e frattaglie che, sotto la benedizione di quel ruspante sadico genio di Andrew van Den Houten, riprende il sempreverde filone dei bambinetti belli e dannati, mettendo in scena l’allucinante cronaca filmata dei coniugi David e Clair Poe. Da Natale a San Valentino, infatti, il nostro simpatico pastore protestante e la sua gioviale psichiatrica dolce metà si troveranno a doversi difendere dai sadici scherzetti dei terrificanti e insidiosi frutti dei loro stessi lombi: un Michael e una Michelle Myers in erba le cui criptiche manifestazioni non permetteranno tuttavia di capire fino in fondo se siano assatanati, psicopatici o semplici motherfucker patentati. Anche se, data la giovane età, sarebbe meglio dire in figlio rosa.

The Cleansing Hour (Damien LeVeck, 2019)

9

Se è vero che, come si sul dire, il più grande inganno del diavolo sta tutto nel farci dubitare della sua stessa esistenza, il satanasso contro cui il belloccio e libertino Padre Max si troverà a dover combattere in livestream pare intenzionato a godersi ben più che i consueti striminziti quindici warholiani minutini di celebrità. Cogliendonalla sprovvista il tutt’altro che casto pretino e il suo fido compare Drew nel pieno del loro farlocchissimo show online di esorcismi, il nostro scalmanato Belzebù sceglierà di prendere realmente possesso, almeno stavolta, del bel corpicino della fascinosa Lane, chiamata in fretta e furia a vestire i panni di novella Linda Blair a seguito della e tutt’altro che casuale sola tirata all’ultimo secondo dall’attrice lautamente pagata per prodigarsi in bestemmie, contorsioni e verdastri rigurgiti d’ordinanza a favore di webcam. Un variegato – e indiavolato – spettacolo che finirà per valicare i limiti dell’ormai rodato fake per diventare autentica web-tv vérité, trasmessa in chiaro e in prime time tanto in Paradiso quanto, ovviamente, all’Inferno.

Moloch (Nico van den Brink, 2022)

11

C’è del marcio nella terra dei tulipani. Soprattutto quando i cadaveri mummificati di giovani pulzelle con la gola ritualmente squarciata vengono ritrovati un tanto al chilo fra i gelidi terreni della nebbiosa brughiera olandese. Quella stessa goticheggiante e sinistra campagna nella quale la fresca vedovella Betriek e i suoi due amati figlioletti cercano di tirare a campare dopo la prematura morte del compianto Pater familias, tra le acide e insistenti vociacce riguardanti un’antica maledizione e un’altrettanto atavica malevola entità che, secondo una tipica leggenda da folk horror della buonanotte, seminerebbe la sua rancorosa vendetta proprio nel notturno circondario. Si sa che non è mai bene dar retta alle dicerie; ma quando mito si tramuta in Morte con tanto di prova del nove, del dieci e dell’intera infornata di multipli e sottomultipli, beh, allora il beneficio del dubbio dovrebbe quantomeno essere concesso. Sopratutto quando a chiederlo è un’oscura divinità assetata di sangue e di qualche altro prezioso fluido corporeo.