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Hellbound

2021
Titolo Originale:
Jiok
REGIA:
Sang-ho Yeon
CAST:
Yoo Ah-in (Jung Jin-su)
Kim Hyun-joo (Min Hye-jin)
Jeong Min Park (Bae Young-jae)

Il nostro giudizio

Hellbound  è una serie tv del 2021, diretta da Yeon Sang-Ho.

Volti spettrali si manifestano a diverse persone annunciando loro che, in una data precisa, pagheranno per i loro peccati con la vita. Nel giorno annunciato, all’esatta ora profetizzata, compaiono tre esseri soprannaturali, tre colossi di colore scuro che emanano fumo e picchiano a sangue la vittima prima di incenerirla. Il fenomeno genera un’isteria di massa da cui nascono due associazioni: la Nuova Verità, una setta religiosa guidata da un capo carismatico che sostiene che le tre creature agiscono per volere divino al fine di mondare l’umanità dai suoi peccati, e la Punta di Freccia, un gruppo estremista e violento che diffonde odio sul web e organizza spedizioni punitive. Dopo il successo di Squid Game, un’altra serie TV coreana targata Netflix si ritrova sugli scudi riscuotendo un notevole successo e, proprio per questo, i paragoni vengono spontanei. Le serie sono profondamente differenti per trama, atmosfere ed estetica. Certo, Hellbound tenta di bissare la potenza visiva di Squid Game con i suoi mostri hulkoidi che, tuttavia, non riescono a bucare lo schermo come le guardie senza volto e le divise verde acqua dei prigionieri. Il gioco non riesce ma poco male, alla serie di Yeon Sang-Ho non mancano le carte da giocare.

Laddove Squid Game trova uno dei suoi punti di forza nella sensazione di straniamento e di soffocamento data dall’arena a metà tra il caveau e il parco giochi per bambini in cui sono imprigionati i concorrenti del gioco, l’ambientazione di Hellbound è frammentata e ad ampio respiro, i punti di vista si moltiplicano così come le voci, che includono la rappresentazione dei media tradizionali e soprattutto del web con le dinamiche che gli sono proprie, ma il senso di minaccia non manca perché poco possono fare le vittime una volta che la loro condanna è stata pronunciata: i mostri arriveranno e ti inceneriranno, nowhere to hide. Laddove la critica di Squid Game è un attacco frontale alla società liberista come tritacarne che si nutre di una speranza piccola che somiglia alla proverbiale carota che penzola dal bastone, Hellbound è più un discorso intorno all’etica, all’homo homini lupus che si approfitta del panico e dell’isteria di massa per accumulare potere, discorso non privo di connotati politici a propria volta ma meno diretto.

Ed è proprio homo homini lupus la conclusione a cui ambedue le serie giungono e che trasmettono in quella maniera tanto trasversale, evidentemente apprezzabile anche dai chi non è ferrato di cultura coreana, che ne ha decretato il successo. La lotta dell’uomo contro l’uomo per il dominio e la sopraffazione è connaturata agli esseri umani, essa è il centro di gravità del libero arbitrio che influenza le decisioni delle persone prese in una dimensione collettiva, persone che anche quando hanno la possibilità di starne fuori, di non partecipare alla lotta in prima linea, alla fine non riescono a mollare il fronte perché forse tentare di schiacciare è l’unica alternativa all’essere schiacciati. Tornare nel gioco di Squid Game e sperare di vincere è l’unica alternativa a una vita di merda in cui comunque alla fine si muore male, massacrare di botte i peccatori come la Punta di Freccia in Hellbound è forse l’unica alternativa ad aspettare la sentenza e l’esecuzione da soli in un angolo a tremare. Questa è la potenza di queste due serie TV coreane: la capacità di sollevare dilemmi etici trasversali quali il libero arbitrio e i valori fondanti del vivere associato, domande che in un modo o nell’altro ci toccano tutti. Per quanto poco confortanti siano le risposte.