Beatrice Schiaffino: sogno o realtà?

La misteriosa Michela del thriller Phobia
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Noi c’eravamo lasciati la scorsa volta, Beatrice, con la notizia che stavi organizzando il secondo degli Arcani Maggiori, dopo La Papessa, nell’ambito del progetto multimediale Free Women Suite. L’imperatrice, mi pare fosse…

Esatto, L’imperatrice. Continuo a rappresentare anche La Papessa, perché è uno spettacolo che mi continuano a chiedere e ne sono molto orgogliosa e felice. Sono performances che non hanno una scadenza, possono continuare a vivere senza tempo. E avrò proprio due date, il 14 e il 15 ottobre, a Velletri, ai Magazzini Teatrali e a Castelgandolfo, con La Papessa. Mentre con L’Imperatrice, abbiamo debuttato con un’anteprima in estiva, in Liguria, e saremo poi qui a Roma, per un debutto più classico, al Teatrosophia, il 2, 3, 4 maggio del prossimo anno, perché prima sono in turnée, adesso ti racconto… e anche Lorenzo Terenzi, il mio collega dell’Imperatrice, è in turnée.

E su chi verte, L’imperatrice?

È svolta nella forma di una intervista impossibile alla Contessa Oldoini, la Contessa di Castiglione, quindi un personaggio completamente differente dalla Papessa, ma ugualmente affascinante. Abbiamo pensato di contestualizzare il tutto in uno studio televisivo dei giorni nostri. Cosa accadrebbe se arrivasse questo personaggio e si raccontasse? La immaginiamo come se oggi fosse una sorta di influencer, una Chiara Ferragni… e faccio il suo nome perché è anche una grande imprenditrice. E questa era una caratteristica della Contessa, forse meno conosciuta, perché di solito ne viene raccontata la parte più frivola… Lei era la “Vulva d’oro” del Risorgimento, quindi usava la sua femminilità, la sua arte seduttiva, in modo molto disinvolto, però, al tempo stesso, era una donna estremamente capace. È stata la prima donna a giocare in borsa, ha inventato la foto posata, con i suoi ritratti parigini, che sono poi rimasti nella storia. Insomma, quelle cose non esistevano prima di lei: esisteva la foto di famiglia, una volta all’anno, roba del genere. E invece lei si può dire abbia inventato questo mondo in cui oggi siamo immersi. Quindi, mi ha colpito questa figura femminile di fine Ottocento, che lavora tanto per l’unità d’Italia, tramando, essendo l’amante di molti e poi, quando finalmente dovrebbe raccogliere i frutti dei suoi sforzi, invece non raccoglie niente. Si ritrova sola e si ritrova a doversi confrontare anche con il tempo che passa, con la bellezza che sfiorisce, con una solitudine che non si aspettava.

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Beatrice Schiaffino, come appare sulla locandina della Papessa

Come fate a isolare un personaggio, scegliendolo poi per le vostre rappresentazioni?

Io e Andrea Balzola siamo due pazzi (ride). C’è molto lavoro di ricerca, sia da parte di Andrea sia da parte mia. Andrea è il coautore di questi spettacoli che stiamo portando in scena, ai quali io sono molto contenta anche di dare sempre un taglio diverso. Nell’Imperatrice, Lorenzo Terenzi, che è il mio collega attore, cui sono molto affezionata… tra l’altro marito di Michela Murgia e che sta vivendo questo momento così particolare della sua vita… eravamo proprio in scena insieme, due giorni prima della scomparsa della moglie… Lorenzo porta nello spettacolo tutto un altro tipo di atmosfera, sia perché suona la chitarra elettrica (abbiamo scelto proprio di creare un ambiente diverso), sia perché interpreta questo intervistatore molto contemporaneo e un po’ spigoloso, che pone delle domande, anche pretenziose. Abbiamo inserito  questo aspetto, legato al femminile, perché quando rilasci delle interviste, ti fanno spesso delle domande con questo sfondo sottilissimo, ma sessista. Ok, ok! E quindi un po’ la riportiamo questa cosa, perché con la Contessa sarebbe stato scontato cadere in certi cliché. Comunque, un’esperienza molto bella e non vedo l’ora di portarlo in scena anche qui a Roma e di incontrare il pubblico romano, che è un altro pubblico molto esigente. Però diciamo che nel territorio ligure, dove sono altrettanto esigenti, è andata molto bene.

Accennavi a un’altra prossima turnée: di cosa si tratta?

Sì, a dicembre debutteremo, prima a Orvieto e poi partirà la turnée e saremo anche qui a Roma, al teatro Quirino, per tutte le vacanze di Natale, con L’anatra all’arancia. Grande classicone, di cui sono molto orgogliosa e in cui ci divertiremo un sacco. Io sono Patty Pat, Patrizia, e in scena ci saranno Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli, con la regia di Greg, Claudio Gregori. Inizio questa nuova avventura che sarà per tutta questa stagione e anche la prossima, quindi a livello teatrale ci saranno tanti appuntamenti.

Arriviamo, allora, a Phobia

È un film che ha avuto una genesi e un debutto molto rapidi, che abbiamo girato a gennaio/febbraio di quest’anno. È un giallo e il mio personaggio è un personaggio direi chiave dell’intrigo. È il motore, da un certo punto in avanti, delle vicende narrate e per me è stato molto interessante da interpretare, perché è un ruolo molto sfaccettato e sfumato. Da una parte, Michela sembra una ragazza molto tranquilla, forte, audace, simpatica anche, e dall’altra, però, nasconde un lato misterioso, oscuro. Questo lo dico senza spoilerare nulla, a proposito di questo lato segreto. Michela, secondo me, è proprio il personaggio che rappresenta lo spirito del film, nel senso che incarna questa dualità, tra realtà e illusione, realtà e immaginazione e tutto il film si basa su questa sospensione, di cui Michela si fa corpo, in qualche modo… corpo o non corpo (ride). Perché poi il film rimane sospeso, su questo. Piacevolmente sospeso.

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Beatrice con Jenny De Nucci in Phobia

A te piace il thriller come genere o sei più verso l’horror?

No, l’horror non mi fa impazzire. Quando ero piccola, ho visto qualcosa in più e, pensa, una delle mie primissime parti è stata quella di un super-zombi in Anger of the Dead, una zombi terribile e mi ero anche divertita tanto, tra sangue finto, robe schifose addosso, con un trucco scenico che durava quattro ore, tra protesi e il resto. Cioè, mi aveva divertito l’aspetto della costruzione di questo mostro. Però, in realtà, non è un genere che amo, a differenza del thriller. Il thriller mi richiede un pezzo di partecipazione in più e mi sento più coinvolta, perché mi fa porre delle domande, sui personaggi, sui dettagli. Insomma, mi piace seguire tutti gli indizi disseminati in un thriller. Ed è anche per questo che in Phobia, nel personaggio di Michela, ho trovato materia che mi stimolava. E rivedendo magari in seconda battuta, il film, uno potrebbe accorgersi di tanti piccoli particolari che sono stati seminati volontariamente. E quindi è questa la cosa interessante nel genere, quando poi metti insieme i puntini.

Come è stato lavorare con Antonio Abbate? Lui era alla sua prima regia in un lungo…

Io credo che la sua regia rispecchi molto la sua personalità. Con me, è stato estremamente disponibile, gentile e pacato, Antonio. Aveva le sue idee, me le ha proposte ed era anche pronto ad ascoltare le suggestioni che portavo. Quindi, ho avuto l’impressione di una visione molto chiara da parte sua, che sapesse cosa voleva. Una cosa che pare scontata, ma spesso non lo è affatto. Quindi, è bello trovare un regista che è aperto ma al tempo stesso è al timone, dove deve essere, e quindi sa che cosa sta accadendo. Ne parlavo proprio qualche giorno fa con qualcuno, dicevo: l’attore si sveglia la mattina, di solito ad orari improponibili, viene preso, trasportato su un set, dove passa in mezzo a tante mani, il trucco, il parrucco, il costume, il microfono. Finalmente arrivi sul set e a quel punto, forse, incontri il regista. Quando lo incontri, in mezzo a tutto questo marasma… bellissimo, intendiamoci, perché a me piace da morire, anche tutto questo aspetto del backstage… è stimolante incontrare una persona come Antonio, così pacata, perché è come trovare l’albero maestro: “Ok, ben arrivata qua. Adesso ci concentriamo e ci focalizziamo su quello che serve fare insieme”. Quindi, è stata una notevole esperienza, perché Antonio è molto giovane ma molto capace. Già al provino, al call-back mi aveva già dato questa impressione di pacatezza, di grande educazione, anche nelle direzioni che dà. C’è stato un bell’equilibrio, con lui, sicuramente.

Tu hai interazioni con gli altri attori, ma soprattutto con Jenny De Nucci, che è la protagonista. Lei mi pare brava, capace di reggere bene questo peso di un personaggio non semplice…

La trovo una ragazza brillante, nonostante la giovane età. Anche lei è stata molto aperta e disponibile. Ha già avuto tante esperienze sul set, per cui capisci che è una persona preparata, ma, al tempo stesso, molto aperta a ricevere direzioni, consigli. E lavorare insieme è stato divertente perché eravamo molto unite, dal momento che i nostri personaggi richiedevano un certo grado di intimità. Nonostante, nella storia, Chiara e Michela non si conoscano da molto, però, in qualche modo, Michela è lo specchio di Chiara e c’è un rapporto che si crea, nell’immediato, molto intimo. Di conseguenza, era importante che ci fosse questo tipo di complicità tra noi. Io sono un po’ più grande di lei e incarno, in qualche modo, le paure e i desideri del personaggio di Chiara.

Dove avete girato Phobia?

Sul lago di Vico, a meno dodici gradi! Una delle scene più belle è su questo lago, con questo paesaggio meraviglioso. Ma la realtà, fuori dal set, era che erano tutti intabarrati e io e Jenny eravamo tipo le eroine del gelo (ride). Una scena, tra l’altro, che mi piace molto, in cui anche la luce crea un clima di intimità.  Invece il casale, stava verso Monterotondo, da quelle parti.

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Beatrice è l’enigmatica Michela in Phobia

Parlavi della luce: la fotografia è di Dario Germani, che ti aveva diretto in Do ut des

Sì, ha fatto un lavoro molto accurato. Del resto, Dario è molto apprezzato per il lavoro così interessante che riesce sempre a fare con la luce. Ma qui in Phobia credo abbia dato davvero qualcosa in più. Pur dovendo tendere allo scuro, le atmosfere, trattandosi di un thriller, al tempo stesso la sua fotografia è riuscita a renderle molto vive, molto calde. Direi che la luce è centellinata con sapienza.

Do ut des, visto che lo abbiamo citato, mi pare sia uscito anche all’estero…

Sì, so che è stato venduto in diversi Paesi. E adesso, di recente, era in sala in Cina, a Taiwan. So che lì è stato molto apprezzato e ha avuto anche varie manifestazioni… sembravano entusiasti, anche se ne dettaglio non potevo leggere le recensioni. Quelle scritte in inglese, comunque, erano molto positive…