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The Eddy

2020
REGIA:
Damien Chazelle, Houda Benyamina, Laïla Marrakchi, Alan Poul
CAST:
André Holland (Elliot Udo)
Joanna Kulig (Maja)
Amandla Stenberg (Julie)

Il nostro giudizio

The Eddy è una serie tv del 2020, creata da Jack Thorne.

Il jazz è il grande amore di Elliot  Udo (André Holland), che gestisce l’Eddy Jazz Club insieme al suo migliore amico Farid (Tahar Rahim) nel cuore di Parigi; lì si esibiscono (lui, pianista jazz di fama, è però in una fase di blocco) suonando di fronte a un pubblico entusiasta. Ma non tutto gira per il verso giusto per il musicista americano: ha problemi con sua figlia Julie (Amandla Stenberg, meravigliosa nel suo ruolo di sedicenne alle prese con un mondo di adulti) che in precedenza viveva con la sua ex moglie. E non tutto va come dovrebbe dal punto di vista professionale, ci sono sempre difficoltà con la band, i soldi sono pochi. Fino a quando avviene una tragedia gravissima che capovolge la sua vita. È stato un po’ fuorviante il fatto che si sia parlato, prima dell’uscita, di una serie di Damien Chazelle. Il regista, che ha raggiunto la fama mondiale attraverso due film musicali (WhiplashLa La Land) ritorna qui alle sue radici. Tuttavia, questo è parzialmente vero, avendo lui diretto solo i primi due degli otto episodi e non avendo avuto nulla a che fare con la sceneggiatura. La vera mente della produzione  Netflix The Eddy è Jack Thorne, che l’ha ideata e ha scritto gli episodi; in precedenza questo autore aveva lavorato su altre serie, film e principalmente aveva scritto opere teatrali, ma non era ancora entrato in contatto con il mondo della musica nelle sue creazioni.

The Eddy è però solo parzialmente una serie musicale. Il club che, come la band e una canzone, si chiama The Eddy, svolge un ruolo importante nella storia anche dal punto di vista dell’intreccio: è più o meno il luogo in cui tutti i fili si intersecano e dove si ritrovano i personaggi che conosceremo nel corso degli otto episodi. A ciascuno di loro sarà dedicata una puntata, che prenderà appunto come titolo il loro nome, sette episodi per sette protagonisti che avranno l’occasione di rivelarci importanti aspetti delle loro complicate vite. L’ultimo episodio, invece, prende il nome proprio dal club stesso, come se fosse un altro personaggio. Gli appassionati di musica, in particolare quelli che apprezzano il jazz, ameranno di certo questa serie caratterizzata da frequenti incontri e prove, session molto appassionate, esibizioni improvvisate o per scopi di carriera. La cosa più bella è che nessuno recita quando suona, i protagonisti sono musicisti reali che non solo danno a The Eddy l’autenticità di cui ha bisogno, ma attribuiscono anche un forte slancio al ritmo del racconto. La trama viene più volte interrotta per vari minuti quando la band suona, e il pubblico è completamente rapito da questi momenti stimolanti. Anche il livello della recitazione è alto: André Holland è il manager serio, ma spesso sopraffatto, Tahar Rahim, con la sua  natura spensierata e allegra, rappresenta il punto di contrasto; Leïla Bekhti, che interpreta la moglie di Farid, è quella che dovrà più di tutti raccogliere i cocci della tragedia centrale alla vicenda. La serie raramente dà gioia ai personaggi. Indipendentemente dal fatto che si verifichino controversie familiari ricorrenti o relazioni che faticano a decollare, solo sul palco l’interazione è davvero armoniosa, al di fuori di esso ci si prende poco, a volte perché non si riescono a trovare le parole giuste, a volte per mancanza di un reale impegno emotivo a capire gli altri.

Una moltitudine di personaggi e storie a volte si incontra, a volte no, insieme formano un’immagine diversa da quella individuale e che ha la sua ragione di essere solo grazie all’amore condiviso per la musica. Thorne non crea un mondo ideale, al contrario mostra persone affette quasi tutte da stranezze e traumi, e che a volte possono comportarsi in maniera davvero terribile. Questo concentrato di miseria umana e le molte controversie possono talvolta essere un po’ estenuanti; ma per fortuna, allo stesso tempo, The Eddy è anche uno show molto vivace che afferma l’amore per la vita in una Parigi mai mostrata nei suoi aspetti turistici e oleografici, ma come un crocevia di influenze e culture più diverse – e le lingue più diverse. L’intera serie viene parlata tra un alternarsi continuo di inglese e francese, e vengono utilizzate anche altre lingue, talvolta all’interno di uno stesso dialogo; questo elemento conferisce grande dinamismo anche a scene drammatiche, con buona pace dei nemici dei sottotitoli o di chi guarda solo serie doppiate. A volte gli elementi thriller, che pure costituiscono un certo filone della narrazione, potevano essere più approfonditi e mirati; d’altra parte avrebbero forse stonato in una serie che ha il chiaro obiettivo di celebrare il potere taumaturgico della musica. Ci sono scene di esibizioni davvero toccanti, i volti dei protagonisti si trasfigurano quando, dal buio delle loro spesso travagliate esistenze, passano alla luce delle note: in quei momenti la vita diventa di colpo facile, e qualsiasi proposito distruttivo scompare. Una serie che, in un’epoca di lockdown più o meno spinto, farà tornare la nostalgia dei concerti nei piccoli club, anche se in alcuni momenti riuscirà davvero a ricreare la loro magia come in un live.