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Caronte

2020
REGIA:
Sandra Gallego, Joaquín Llamas, Jesús Font, Alberto Ruiz Rojo
CAST:
Roberto Álamo (Samuel Caronte)
Miriam Giovanelli (Marta Pelayo)
Belén López (Julia)

Il nostro giudizio

Caronte è una serie tv del 2020, ideata da Verónica Fernández.

Tredici episodi, gli ultimi tre dei quali valgono il resto. Caronte, Amazon Prime Video, è un action-legal-movie spagnolo, con uno schema alla Law & Order, ma in salsa iberica, dall’altalenante struttura narrativa. Samuel Caronte è un ex poliziotto, fisicamente, ma solo fisicamente, forse per via della pelata che me lo riporta alla mente, una sorta di Montalbano-Zingaretti molto più burbero e introverso e assai poco edonista come il personaggio di Camilleri. Caronte è stato condannato per un omicidio che non ha commesso ed è vittima di una congiura ordita dal capo della polizia della capitale, ovvero lo spietato Paneaugua, interpretato da Carlos Hipólito, già visto in Vis a Vis, il bel carcerario di Netflix. Caronte, che del protagonista è il cognome e che riprende quello dello psicopompo che traghettava le anime nell’Ade (forse visto l’alto numero di morti che costellano la sua carriera…), è interpretato dal cinquantenne Roberto Álamo già visto in Italia ne La piel que habito (La pelle che abito), 2011, di Pedro Almodóvar, bravo attore notissimo in Spagna, anche in teatro e nelle fiction tv. Prodotta da Telecinco, la serie fa parte, appieno, del “nuovo corso” delle fiction televisive iberiche che, da qualche anno, stanno segnando il passo sui televisori di molti Paesi da Desaparecidos a Madres al citato Vis a Vis. Un corso inaugurato dal grande successo internazionale di Casa de Papel (Casa de carta) del 2017.

Ex duro della policia madrileña, cocainomane dal cuore – in fondo – tenero, ex alcolista dai modi spiccioli e poco ortodossi, un po’ come il Maurizio Merli dei nostri poliziotteschi anni 70, ma assai più cupo, Caronte si è fatto ben dieci anni di ingiusta galera per un omicidio che non ha commesso. Ne ha approfittato per conseguire in cella una laurea in giurisprudenza e, uscito di prigione, pur abbandonato da moglie, figlio e amici (tranne un poliziotto che gli resta fedele) decide di rientrare a Madrid dal suo buen (si fa per dire) retiro su una città costiera e di intraprendere la carriera di avvocato difensore degli innocenti. Lo fa, inizialmente, su richiesta della madre di un ragazzo (come prassi, in migliaia di film analoghi… lui inizialmente rifiuta, ma poi si fa coinvolgere…) accusato di omicidio. Si tratta di un ultras del National, accusato, pure lui, ingiustamente di aver spaccato la testa, durante uno scontro fra tifoserie, a un ragazzo fan dell’ Olimpico (nomi inventati, forse per non avere grane con le vere società calcistiche). Da qui si sviluppa una escalation di casi che Caronte affronta insieme con una giovane avvocatessa della Madrid-bene che lo stima e crede in lui: dalla camerierina stuprata da un giovanotto riccastro, alla puttana che uccide un cliente disgustoso alla donna sfigurata di botte dal marito violento. Tutto ciò si snoda per una decina di episodi per la verità piuttosto slegati fra loro, complessi da seguire e inducenti al fast-forward e persino un pò troppo ricchi di cliché stravisti in questo genere di serie, soprattutto americane.

L’andazzo retoricizzante e travagliato si placa nei tre ultimi episodi, laddove Caronte si occupa di se stesso e si attiva per farla pagare al suo torturatore esistenziale Paneagua. Dopo aver lentamente tentato di recuperare il suo rapporto con il figlio adolescente, con la ex moglie e con la sorella. Fra mille brutte sfigatissime vicende: la morte della madre; l’incidente d’auto (provocato dai cattivi) che coinvolge la nuova compagna incinta con conseguente perdita del bimbo che porta in grembo; il tentativo di Paneagua che, corrotto e corruttore, grazie ai suoi contatti con la mafia russa (che non poteva mancare), tenta di farlo risbattere per altri dieci o più anni in galera con una preordinata e puntuale ragnatela di accuse che i magistrati “dalle mani legate” non hanno modo di smontare. Grazie all’aiuto della giovane socia-avvocatessa e dell’amico poliziotto fedele, però, ce la farà. Al contrario della prima decina di episodi, gli  ultimi tre riescono a mostrarsi avvincenti, lineari e coordinati dal punto di vista della sceneggiatura. Paneagua farà persino rapire il figlio di Caronte dalla mafia russa; la socia-avvocatessa rinuncerà alle pressioni di famiglia per rientrare all’ovile (ovvero lo studio legale di mamma e papà che difende ricchi evasori fiscali); i parenti gli saranno vicini. E, a vittoria conseguita, persino la compagna tornerà al suo fianco. Al di là dell’happy end, comunque, gli episodi finali di Caronte riscattano i precedenti e si fanno seguire con interesse.