Manhattan Baby

Un film che anticipava Insidous di trent'anni
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Lucio Fulci non ha mai nascosto di considerare Manhattan Baby un film malriuscito, un incidente di percorso che coincise con la chiusura della fase collaborativa con Fabrizio De Angelis. E anche ai fulciologi non piace: è molto meno cruento del resto del gruppo (infatti prese solo il v.m. 14) e chi scrive ricorda che di primo acchito la sostituzione di Catriona MacColl, lasciava una sensazione di vuoto, benché poi Martha Taylor (cioè Laura Lenzi) comporti qualcosa di nuovo, indecifrabile e inquietante, che aumentava la sensazione di alienità del film rispetto ai precedenti. La fisionomia della storia andata sullo schermo è molto diversa dalla concezione originale dello script, che Dardano Sacchetti immaginò come un seguito “alla larga” dell’Aldilà. Il cappello introduttivo egiziano non esiste né nel soggetto né nella sceneggiatura. Fu una aggiunta di Fabrizio De Angelis, che gli venne rinfacciata da Fulci a film finito, mentre all’inizio il regista l’aveva accettata di buon grado. Una bambina possiede il dono dell’ubiquità e durante il sonno viaggia in astrale nei mondi sottili, arrivando a toccare e a superare le barriere dell’aldilà. Era questo il “lepre”, in principio. I fenomeni di dislocazione tendono però a diventare sempre più concreti, e la bimba negli strani luoghi che visita comincia ad andarci anche con il corpo fisico. Viceversa, da queste sue scorribande notturne riporta nel mondo dei vivi degli oggetti e traghetta al di qua delle presenze; diventa, insomma, un ponte, uno strumento di passaggio, tra ciò che si annida di malvagio negli universi eterici e la nostra realtà.

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«Fabrizio De Angelis – spiega Sacchetti – non sapeva cosa fosse un corpo astrale e temeva quindi che anche il pubblico non capisse, per cui introdusse il tema della maledizione atavica legata al medaglione egiziano e alla tomba violata del dio Abnubenor. Perché quella è una cosa tradizionale, classica, che tutti riescono a comprendere». I genitori della protagonista lottano per strappare la figlioletta alle forze che ormai la possiedono e che rischiano di trattenerla per sempre nel loro mondo. E alla fine i due, padre e madre, entrano anch’essi nell’aldilà per compiere una disperata missione di salvataggio. Sì, esatto: è la stessa identica storia di Insidious di James Wan, solo che era stata scritta quasi trent’anni prima. Nulla si crea e nulla si distrugge. Dalla lettura del soggetto si esce abbacinati e sembra davvero che Manhattan baby voglia entrare in competizione con grandi horror, a cominciare da Rosemary’s Baby dal quale – come conferma Sacchetti – non casualmente viene mutuato il titolo. Ma non c’erano i fondi per poter realizzare il film in questa forma, per cui si normalizzò e ridimensionò il tutto alla fisionomia attuale.

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L’ultimo film di Fulci uscito dalla fucina della Fulvia, girato tra Il Cairo, New York e Roma dal marzo del 1982, è il più fallimentare anche solo dal punto di vista degli incassi. Guadagna, quando esce ad agosto dello stesso, meno di mezzo miliardo, il minimo storico della quaterna. De Angelis ne ha un ricordo non pessimo, lo equipara all’Aldilà, sostenendo che come L’aldilà era un film raffinato e difficile da proporre al pubblico. A Sacchetti è rimasto in gola, Manhattan Baby, che sulla carta avrebbe avuto delle enormi potenzialità («sarebbe stato un kolossal») ma che dovette combattere con un ridimensionamento delle ambizioni in fase produttiva oltre che con il fatto che Lucio aveva la mente rivolta altrove: «Fulci per Manhattan baby prende 40 milioni che è la cifra più alta che De Angelis gli avesse mai dato. Ma contemporaneamente Giovanni Di Clemente mette sotto contratto Lucio per novanta milioni, per Conquest e lo porta a Cannes per una settimana. Quando torna, Lucio cammina tre metri da terra…». Ma non sono solo i riscontri al botteghino a decretare con Manhattan baby la fine di un magico sodalizio. De Angelis introduce un tema alla base di ciò che lui e Fulci avevano disperatamente rincorso per due o tre stagioni: «Il punto era questo: noi abbiamo inseguito gli incassi di Argento per tanto tempo, ma dopo quattro film non ci siamo riusciti. Non lo fregavamo mai. Fulci non era secondo a nessuno, io ho puntato su Lucio, però mi interessava anche il botteghino Italia. Eravamo sempre lì, un miliardo, un miliardo e due, novecentocinquanta… Argento, invece, quando usciva: quattro, cinque miliardi!

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Noi facevamo la lotta con Argento, cercavamo di fregarlo, anche Fulci… eppure l’incasso che fa parlare, dai due miliardi e mezzo in su, non l’abbiamo mai ottenuto. Gli incassi dei nostri film li faceva anche la commediola con la Fenech. L’abbiamo inseguito, non ci siamo riusciti, dopodiché…». Dopodiché ciascuno va per la propria strada. Fulci si concentra, appunto, su Conquest cercando di sfuggire alla ragnatela del cinema horror che lo stava troppo invischiando, ma andrà incontro a un bagno di sangue. E poi Conquest, in fondo, è un horror camuffato, una soluzione compromissoria e quindi inutile. De Angelis, che durante Manhattan baby ha già una seconda troupe su suolo newyorkese per girare 1990 i guerrieri del Bronx con Enzo Castellari, prende gusto al prodotto d’azione, che funziona peraltro benissimo in quel momento. Tant’è che mette subito in moto il sequel sempre con Castellari, Fuga dal Bronx, e decide quindi di passare dietro la macchina da presa dirigendo lui stesso Thunder. “Quattro film con Fulci ti distruggono” commenta oggi De Angelis, il quale afferma, però, di avere sempre mantenuto anche in seguito un buon rapporto con Lucio. Si chiudono così quelle due o tre magnifiche stagioni, in cui la storia del cinema horror aveva cominciato a essere riscritta in Italia.