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Night in Paradise

2020
Titolo Originale:
Nagwonui bam
REGIA:
Park Hoon-jung
CAST:
Tae-goo Eom (Tae-gu)
Yeo-bin Jeon (Jae-yeon)
Seung-Won Cha (Director Ma)

Il nostro giudizio

Night in Paradise è un film del 2020, diretto da Park Hoon-jung.

“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi / questa morte che ci accompagna / dal mattino alla sera, insonne,  / sorda, come un vecchio rimorso / o un vizio assurdo” – Cesare Pavese

La morte sullo schermo: trattatelli e opuscoli di ogni genere che affollano ormai da decenni l’editoria, a volte per voler dare un senso alla violenza visiva, altre per elevarla a rappresentazione estranea o aliena a sé stessa. Il cinema di Park Hoon-jung, per chi legittimamente non lo conoscesse, è da sempre grondante di sangue, di primi piani e mezze figure con pistola alla mano. Lo è, va evidenziato, nel modo più occidentale che si possa oggi ravvisare nel cinema coreano odierno, pur con i tempi dilatati e liberi di altri connazionali. Dalla sceneggiatura di I saw the Devil al primo capitolo di The Witch, Hoon-jung ha dimostrato ampiamente di poter essere, come dicono gli americani, la next big thing dell’industria che ha base a Seul. E arriva, oggi, con il suo nuovo film Night in Paradise, distribuito a livello internazionale su Netflix, ad aggiungere un ulteriore tassello al suo mosaico della morte. Senza troppe riflessioni o divagazioni, la morte è vissuta e raccontata come il destino che bussa alla porta. Compagna di vita di Tae-gu, killer della mafia con sorella malata terminale, si presenta puntuale quando, intorno alla sua figura, si sviluppa una lotta tra bande che lo porterà, appunto, a perdere tragicamente i suoi affetti più cari e a consumare la più sanguinosa delle vendette all’interno di un bagno turco.

Da lì il ritiro forzoso nella tranquilla isola di Jeju, dove il fato gli metterà davanti Jae-yeon, altra donna con poco tempo a disposizione, mentre dal continente tutti, sia “amici” che nemici, si accorderanno per fare di lui l’unico capro espiatorio della vicenda. Niente, si noti bene, andrà fuori dai binari della linearità narrativa, a differenza del precedente The Witch che, invece, presentava molte più sorprese nello sviluppo. La storia, nell’economia del tutto, non ne ha proprio bisogno e qui risiede forse l’unico vero difetto insito nel film. Night in Paradise è, come detto sopra, il prodotto più vendibile ad un pubblico occidentale che si possa trovare e, nell’esserlo, non lascia intravedere quel tanto di più che lo renderebbe ulteriormente accattivante e stimolante. Un solido regolare, mediamente complesso e pulito, senza spigoli o lati che lo deformino. Perfetto, insomma, già pronto per una versione americana senza il bisogno di fare chissà quali aggiustamenti strutturali, magari evitando di farlo scadere nella solita storia di vendetta random.

Ma, appunto, è di un neo innocuo che stiamo parlando. L’idea rimane, portata avanti coerentemente senza che si abbia mai il minimo dubbio; tutto possibile grazie ad un ritmo dosato alla perfezione, calma piatta e picchi di tensione compresi. Senza poi dimenticare la grande solidità degli interpreti, capaci come al solito di dare corpo a personaggi chiaroscurali e crepuscolari che vivono in un mondo ormai sconfitto. E quindi la morte: equa, attesa, accolta come un martirio necessario anche a dare un senso alla vita o quel poco che ne rimane. Il tutto sullo sfondo di un’isola silenziosa che fa da limbo in attesa dell’inevitabile resa dei conti, che sarà la più dura e cruenta che possiate immaginare. Il paradiso dunque, quello illusoriamente nominato nel titolo internazionale, non esiste, se non, in maniera molto pessimistica, proprio nel concetto della fine. Dell’epilogo tragico in cui tutti, nessuno escluso, devono fare i conti con la nera signora.