Dall’Aldilà all’ al di là de l’Aldilà

Il soggetto originale del capolavoro di Fulci e il remake/sequel mai realizzato
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Con una dedica, in epigrafe, “ai viscidi abitatori delle tenebre, che tornano sospirando per i nostri orrori…” si apre il soggetto dell’Aldilà di Dardano Sacchetti. I lettori di Nocturno lo conoscono o dovrebbero, essendo stato pubblicato integralmente in tre tranches sui numeri 38, 39 e 40 della rivista, nella terza serie. Ma giova il ripasso. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a qualcosa che presenta la fisionomia in ombra, solo la silouhette, per così dire, del film che poi Lucio Fulci realizzò. Il nucleo da cui tutto origina è la morte dell’idraulico Joe, chiamato da John McCabe – che in questo stadio compositivo era il nuovo proprietario dell’albergo maledetto, mentre il medico era Liza Merril – per riparare una perdita d’acqua nelle cantine e ghermito a morte da un orrore senza volto nascosto dietro un muro. Anche il ritrovamento del cadavere mummificato di uno sconosciuto che rivela la presenza di una residua attività elettrica cerebrale è già presente nello script, dove a un certo punto viene descritta, tra gli arcani epifenomeni che attorniano questo macabro reperto, nell’obitorio dell’ospedale, anche una pioggia di vermi identica a quella che si vede in Paura film ma che nel soggetto del film manca – il che induce a pensare che entrambi gli script fossero più o meno contemporanei e che girando Paura questo particolare sia stato ripreso dall’altro soggetto. Si parla di crocefissi che prendono fuoco e un prete è il primo a trovarsi faccia a faccia con il corpo anonimo risvegliatosi dal sonno della morte. Nel film questo non c’è.

Il pittore maledetto Zweik non è individuato, se non come il misterioso ospite, proveniente dall’Europa centrale, che in passato occupò una stanza dell’hotel: McCabe, riaperta la sua camera, vi rinviene dei testi esoterici: il Necronomicon, Il libro di Eibon e Carocha (che non è uno pseudobiblion come gli altri, ma il titolo del numero zero di una rivista di letteratura ed esoterismo pubblicata da Sacchetti negli anni Sessanta). Nel film, l’uomo è un veggente, un guardiano della soglia, un testimone e un martire. Sacchetti lo immaginava invece nel primo soggetto come uno sfidante della Morte, “entrato in possesso dell’immortalità, avendo trovato la chiave dell’aldilà”. Va bene, saranno sofismi. Cerchiamo allora “il lepre”, cioè la chiave di volta, la pietra angolare, nel soggetto e nel film. In quest’ultimo, c’è un albergo costruito su una delle Sette porte dell’inferno, che è un passaggio fisico attraverso il quale i protagonisti alla fine entrano nel Mare delle Tenebre e vi scompaiono. Il luogo maledetto ha in sé una forza centripeta, calamitante e assimilativa. Un buco nero in cui tutto precipita. Nell’ideazione di Sacchetti, la bocca dell’inferno sembra invece una sorta di calderone ribollente che erutta indicibili orrori al di fuori, e prepara sulla Terra il regno della Morte e dell’Aldilà. È una forza centrifuga, propulsiva di entità che ricordano gli incubi di Lovecraft: “Qualcosa di tremendo e di indefinito, qualcosa di verminoso, qualcosa che, sfumato in una nebbia infernale, avanzava famelico…”.

John e Liza, non entrano ma fuggono dalla soglia dell’Altro Mondo, nel soggetto, e finiscono per trovarsi in un Luna Park (“La vita”, spiega Sacchetti). Scoprendo però che esso è in realtà “un orrendo cimitero […] pieno di corpi insanguinati, dilaniati, smembrati”. Abbiamo, quindi, un film che dal trionfo della materia, della carne, del sangue e del colore precipita in un finale lirico-trascendente dentro un mondo dai colori persi. E un soggetto che, mantenendosi sul filo dell’impalpabile e del rarefatto, giocando con sensazioni e suggestioni molto simili a quelle di Paura, culmina in un’immagine di orrore simbolica ma assolutamente immanente.

Del progetto di un seguito dell’Aldilà, intitolato internazionalmente Beyond the Beyond (Al di là dell’aldilà) si è spesso parlato, soprattutto nel mondo degli appassionati e delle fanzine. All’inizio degli anni Novanta, era ritenuta notizia accertata e degna di fondamento, a tal punto che c’era chi giurava di averne visto anche una brochure – una visione del mondo superno dall’aldilà – in una rivista di settore francese. Abbiamo ritrovato il Sacro Graal in questione: la fanzine è inglese, si tratta del numero 4 di Book of the Dead pubblicata da Harvey Fenton che contiene un manifesto promozionale dell’Aldilà risalente alla fase in cui il film era ancora da girare e, all’interno di una filmografia zombesca italiana, la notizia che The Beyond II, aka Beyond the Beyond aka House of Dunwich era stato “announced but never released”. Mistero risolto. Sebbene dalla bocca di persone molto, molto vicine a Fulci abbiamo appreso per testimonianza diretta che di questo seguito sarebbe stato girato persino un promo di una decina di minuti, da mostrare nei mercati per le prevendite estere, benché la fonte poi non sapesse dire che fine avesse fatto il materiale. Ovviamente era tutta una sciocchezza. Compresa la mini sinossi che si citava: John e Liza sarebbero tornati dall’Aldilà, ciechi, per essere i nuovi guardiani della porta infernale dopo Emily.

Sacchetti, interpellato a proposito, dice di non averne mai saputo nulla ma non esclude che una brochure fittizia e due linee di trama potessero essere state messe insieme per tastare il polso all’interesse di un progetto del genere in qualche Mifed. Salto in avanti al marzo del 2010: sul forum di Nocturno, nella sezione a lui dedicata L’Accademia di Dardano, Sacchetti scrive su due piedi, sollecitato dal moderatore, la possibile sinossi per un seguito dell’Aldilà: “Siamo in ospedale, viene individuata un’alterazione genetica della “cadaverina” per cui in alcuni soggetti le cellule staminali riattivano una sorta di vita che torna dall’aldilà… anime perse e malvage hanno trovato il passaggio… è una sorta di virus estremamente contagioso, non c’è antitodo. Una vecchia leggenda ci dice che ci salverà una donna, ma questa donna è una bambina di cinque anni, bisogna trovarla, proteggerla dagli attacchi e sperare che riesca a crescere per salvare l’umanità… ma questa bambina è il male… è una sorta di medicina omeopatica, ma la bambina è un mostro e uccide quelli che la devono proteggere e non possono difendersi… siamo oltre le leggi della morale… Finale: al momento giusto, la bambina deve essere portata nell’aldilà (dove i due mali si annichiliranno) ma da un puro che sarà corrotto dalla tentazione di stuprarla… la bambina gli staccherà la testa e annienterà la sua malvagità e quella degli altri…”.

Arriviamo così a Beyond evolution, che nei primi mesi del 2011 Dardano Sacchetti scrive incrociando l’idea di un remake dell’Aldilà con quel tipo di riadattamento/ripensamento di un originale che gli americani definiscono reboot. Il soggetto, stupendo , copertinato con la riproduzione dell’Isola dei morti di Böcklin, incomincia in questo modo: “È scritto che le porte degli Inferi sono sette e sono dislocate a Tenare nel Peloponneso, al Cairo, a Sumer, all’Averno, alle Isole Britanniche, in India, nel deserto del Gobi. Vicino a laghi oscuri, o caverne spaventose. Sono gli inghiottitoi del nulla e della dannazione. Oltre le brume nebbiose delle Alte Terre scozzesi, c’è un lago tetro, ostile, perennemente gelido. Al suo centro ospita una roccia minacciosa. È THE ISLE OF THE DEAD… Segue la citazione evangelica: “Portae Inferi non prevalebunt” Matteo XV I v.18. Non lo si può riassumere, così come non si potrebbe riassumere a chi non lo avesse visto L’aldilà. Ma giusto per prenderne il polso: la scena iniziale ci presenta la protagonista, Elisa, una brillante reporter con alle spalle problemi psichici dovuti alla morte del marito e alla perdita del figlio che portava in grembo, intenta a filmare una rappresentazione del Marat-Sade messa in scena in una grande discarica, con dei malati di mente come interpreti, “una performance che, attraverso il testo di Weiss, coniuga il teatro della crudeltà di Antonin Artaud e il degrado materiale e morale della società attuale”.

La magione maledetta, l’albergo, sta in Scozia, sulle rive di un lago al centro del quale si erge, nebbiosa, l’isola dei morti. Apparteneva al marito di Elisa, che vola lì incontro all’arcana eredità e a un destino profetizzato dalla frase che tutti le ripetono – uno dei matti della rappresentazione, una ragazza cieca al suo arrivo in paese, lo spettro di un uomo crocifisso –: “Ti aspetta nell’aldilà…”. Assistiamo nuovamente al supplizio del pittore, tornano Marta e suo figlio Arthur e anche qui uno stagnino finisce con il volto maciullato e un braccio strappato dalla furia feroce di ciò che circonda Elisa; e di ciò che è nascosto dentro di lei. C’è persino John McCabe, uno psichiatra che aiuta la donna a cercare il capo del filo della matassa dei suoi incubi. E c’è, naturalmente, l’aldilà; la protagonista vi penetra attraverso una fessura nella roccia, dopo essere approdata all’isola dei morti: “Elisa si ritrova in una sorta di ambiente cavernoso ma con una luminescenza rosea che proviene dalle pareti, che non sono rocciose, piuttosto di uno strano materiale. Sabbia bianca e cose biologiche che s’impastano l’uno nell’altro. Corpi o idee di corpi. Membra o idee di membra. Organi o idee di organi. E metallo, che si mischia con la sabbia e con la carne formando figure, esseri. Feti. Improvvisamente Elisa riconosce che le pareti che la circondano sono feti mischiati con terra, sabbia, macchine. E sono pulsanti, ansanti, vivi. Elisa si guarda intorno fino a soffermarsi su una cosa che si compone ed affiora dalla parete. è una specie di corpo, che assume i contorni di figura umana, è John, suo marito. Elisa ha un moto di sollievo che subito si trasforma in orrore quando il corpo avvampa e si scarnifica nel fuoco mentre si protende minaccioso verso di lei. Elisa urla…”. Questa non è che la vaga idea di Beyond evolution. C’è solo da attendere qualcuno che lo realizzi…