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Suspiria

1977
Titolo Originale:
Suspiria
REGIA:
Dario Argento
CAST:
Jessica Harper (Susy Benner)
Stefania Casini (Sarah)
Flavio Bucci (Daniel)

Il nostro giudizio

Suspiria è un film del 1977, diretto da Dario Argento

Se Suspiria, Inferno e Tenebre sono veramente correlati (ma ci si potrebbe aggiungere anche Phenomena), dipende anche dalla possibilità di filtrarli attraverso la lente d’ingrandimento della fantascienza. Se Inferno è la realizzazione terrena e terragna, a macchia d’olio e continentale, dell’orrore che si sviluppa sulla paura dell’ignoto, e Tenebre, l’opera più apertamente sci-fi di Dario Argento, è l’apocalisse quasi mathesoniana, post-apocalittica e post-atomica, di un sentire e di un genere stesso (l’autore non ha mai nascosto di aver voluto rendere con l’Eur un panorama sospeso e, appunto, da fantascienza), Suspiria è un incandescente film di fantascienza, che racconta di una viaggiatrice sbarcata su un pianeta sperduto e misterioso, dove incontra mostri e morte, riuscendo infine a scappare mentre tutto prende fuoco. Non serve a nulla leggerlo come resoconto destrorso nei confronti della differenze razziali e culturali, perché l’idea bianconera di fantascienza a stelle e strisce è assai lontana (in tutti i sensi). Suspiria è il film argentiano più baviano di sempre. È il Terrore nello spazio di Argento. Cromatismi, stupore e shock sono un po’ gli stessi della pellicola del 1965. Gli astronauti di Bava giungono su Aura, e lì restano invischiati da un turbinare di eventi: cadaveri, colori, fumi e possessioni li assoggettano e li divorano. Susy dall’America arriva in un’accademia di danza a Friburgo, e lì viene obnubilata da un vortice estatico: cadaveri, colori, fumi e possessioni la assoggettano e la divorano.

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Argento stesso, poi, usa violenza sulla scena e sul film, inondandolo di note tonanti che se appaiono lontane dalla profondità abissale e spaventosamente silenziosa della notte perenne dello spazio, a loro modo riescono però a indicare un’originale versione dell’abisso, la siderale infinitezza del vuoto come una cassa acustica a volume massimo, in sé stupefacente e “magnifica” al pari di un galleggiare senz’aria e “senza audio” nel buio tra le stelle e i pianeti. Susy trova in quella terra sconosciuta forme di vita che la vogliono prendere, esattamente come i protagonisti di Terrore nello spazio. Se si tratta, allora, di territori inesplorati (la scuola in cui vivono le streghe), la libertà della rappresentazione è totale. Mario Bava lo capì, e fece della sua science fiction un magma ricco di suggestioni senza inizio e senza fine, senza limiti e senza schemi. L’Argento di Suspiria fa lo stesso, aumentando il giro della manopola dell’audio e del video, gonfiando fino allo spasimo, praticando continue endovene. Ne esce fuori un film che è il 2001 della sua intera filmografia: il punto di non ritorno di un’estetica, di un’immaginazione, di una libertà – appunto – che ancora per un paio di lavori avrà modo di riesplicitarsi. Inferno e Tenebre saranno, infatti, il progressivo asciugamento di un’idea fantascientifica che con Suspiria parte in quarta: quella del genere (l’horror o il thriller) come campo non soltanto di sperimentazione, ma di tentativo di conoscenza e/o apprendimento (gli astronauti, Susy), per scontrarsi infine con entità che sono la soluzione inevitabile di un calcolo che si vorrebbe matematico, e che invece produce il caos, il fallimento. Più che indagare sui rimandi, recuperi, citazioni, omaggi nell’horror successivo (e sappiamo tutti che ce ne sono a iosa, fino al più volte citato Deep in the Woods), sarebbe più curioso dunque scoprire cosa c’è (se c’è) di Suspiria nella fantascienza del ventennio successivo. Si accettano indicazioni.

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La science fiction “col trucco” di Argento ha influito su un genere che di per sé non ha dato numerosissimi frutti negli anni Ottanta, Novanta e oltre? E se sì, quanto e come? Un esempio soltanto, Fantasmi da Marte di Carpenter. La squadra militare di recupero che giunge su Marte per prelevare il criminale “Desolation”, incontrando resistenza mortale da parte di forme inquiete e inquietanti che si impossessano dei corpi degli umani per annullarli completamente e diventare razza unica e suprema, non fa un po’ il medesimo percorso dentro l’orrore e l’inconoscibile che Susy compie in un universo anch’esso tendente al plagio e alla supremazia assoluta? E l’aggressione ai sensi che Carpenter mette in atto con la musica hard e con la pastosità dei neri e degli arancioni di Gary B. Kibbe non ricorda quella dei Goblin e di Luciano Tovoli in Suspiria? Lo spettatore è immerso fino al collo in un universo di cui non riesce e non può afferrare il “casino”: e l’invasione del corpo e della scena arriva a compimento.