Featured Image

Spoonful of Sugar

2022
Titolo Originale:
Spoonful of Sugar
REGIA:
Mercedes Bryce Morgan
CAST:
Morgan Saylor (Millicent)
Kat Foster (Rebecca)
Danilo Crovetti (Johnny)

Il nostro giudizio

Spoonful of Sugar è un film del 2022, diretto da Mercedes Bryce Morgan.

Son tutte belle le tate del mondo. Ma la giovane e conturbante Millicent (Morgan Saylor) sembra certamente avere una marcia in più. Non solo grazie ad un ipnotico sex appeal da Lolita sfasciafamiglie, sia chiaro, ma piuttosto a causa di dieci millilitri di un pericoloso segreto comodamente occultati in un’innocua boccetta. Una magica panacea che, opportunamente centellinata su una sensuale linguetta, permetterà alla nostra petite femme-fatale di affrontare con psicopatico impegno il proprio ruolo di balia a domicilio. Ed è in effetti una sorta di sciroccata Mary Poppins letteralmente sotto acido quella che la scalmanata Mercedes Bryce Morgan ci vuol schiaffare dritta in faccia con questo suo morboso Spoonful of Sugar; rileggendo sin dal titolo il mito della materna governante dal quadridimensionale borsone per tingerlo a tradimento con sangue, sesso e un corposo dosaggio di allucinata paranoia fortemente debitrice dello strafumato Darling di Mickey Keating. E che la nostra ragazzotta interrotta, se non propriamente fumata, fatta di qualcosa lo sia di certo non può che esser chiaro sin dalla primissima sibillina inquadratura, nella quale questa misteriosa Orphan in sabbatica carriera universitaria ci farà immediatamente subodorare – oltre che l’olezzo di parecchie docce disertate e lo spettro di vestiti anch’essi orfani di qualche salvifica lavatrice – il marciume che cova sornione al di sotto di spauriti occhioni da cerbiatto e unghiette tutt’altro che curate.

Sballottata sin dalla più tenera età da una famiglia affidataria all’altra, per poi essere immancabilmente sedotta e abbandonata dai sozzi sugar daddies capitatigli fra capo e gonna, questa tutt’altro che promettente donnetta si ritroverà a seguire un delicato percorso di psicoterapia grazie al supporto dell’insondabile Dottor Welsh (Keith Powell), tentando di alleviare i propri ossessivi demoni della mente tramite microdosi di acido lisergico che non faranno altro che gettare questa già instabile signorina in uno psicotico vortice di vividissime e pruriginose allucinazioni. Ed è dunque in questo maniacale stato di alterazione che la pericolosa Millicent incrocerà il proprio Inexorable destino con quello del piccolo Johnny (Danilo Crovetti), iperattivo bambinetto affetto da mutismo e da improvvisi scatti d’ira che nulla hanno da invidiare all’irritante Samuel di babadookiana memoria; tenuto sotto una campana di vetro – o, meglio, ad un casco da astronauta come il distosico compagniuccio di Wonder – dalla milfona madre Rebecca (Kat Foster) e dal ben più giovincello paparino Jacob (Myko Oliver). Ma ecco che, dopo essersi inevitabilmente inimicata l’iperprotettiva (e segretamente autolesionista) Desperate Housewife a causa della tutt’altro che platonica tensione erotica verso il di lei perennemente infoiato toy boy, la nostra Miss Violence tenterà il tutto e per tutto sottoponendo anche il proprio nuovo irrequieto protégée al medesimo trip-tamento, scoperchiando quell’insidiosa boccetta di Pandora dalla quale tragiche ed inaspettate conseguenze finiranno inevitabilmente per fuoriuscire una goccia alla volta.

D’altronde, come amava canticchiare la bambinaia più danzereccia di ogni tempo: “Con un poco di LSD la pillola va giù!”, vero? Beh, la memoria potrà forse giocarci qualche brutto scherzo, ma state pur certi che non sarà mai cinico e paraculo quanto il colpaccio di scena rifilatoci dal nerissimo epilogo di Spoonful of Sugar. Ed è in effetti un po’ questa la filosofia che la sfacciata Morgan tenta d’inseguire con questa sua opera seconda; forse meno fresca e genuina rispetto ad un graffiante esordio come Fixation, ma ugualmente capace di grattar via la crosticina dei buoni sentimenti per far fuoriuscire quei marci e seducenti umori che, tra emoglobina, sudore ed animaleschi pruriti, pur senza raggiungere le inarrivabili vette di un Gaspar Noé o di un Fabrice Du Welz riescono comunque a farci passare una sbarellata e alquanto bagnata oretta e mezza. Un film che gioca con l’eccesso senza mai essere realmente eccessivo. Patinato senza mai per questo cedere alla patina dell’anonimo B-movie da seconda serata. E, cosa più importante, perennemente in equilibrio su di un folle e grottesco pretesto che, senza essere né fresco né particolarmente sconvolgente, riesce tranquillamente a farsi buttar giù senza troppi mal di pancia. Proprio come un bel cucchiaino di zucchero necessario ad addolcire una medicina altrimenti un po’ troppo insipida e, a tratti, di piglio e gusto alquanto cattivello.