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No Time To Die

2021
REGIA:
Cary Fukunaga
CAST:
Daniel Craig (James Bond)
Rami Malek (Lyutsifer Safin)
Léa Seydoux (Madeleine Swann)

Il nostro giudizio

No Time to Die è un film del 2021, diretto da  Cary Fukunaga.

Quando partono i titoli di testa, insieme ai popcorn e alle bibite gasate preparate anche una scatola di fazzoletti: in 007: No Time to Die scorreranno lacrime e sangue, malgrado il titolo. Sincerità al 90%, diceva TARS in Interstellar. Eccoci giunti al capitolo di addio a Daniel Craig, che negli anni ha svolto il suo ruolo con classe ed eleganza, doti richieste per interpretare l’agente segreto più longevo della storia. Bond, in effetti, tra capriole e reboot della saga sembra immortale, un essere trascendentale pronto a salvare il mondo a colpi di pistola e aplomb inglese, ed è qui che No Time to Die fa il salto di qualità: James Bond diventa finalmente umano. L’ultimo film della saga ci racconta infatti una storia malinconica, crepuscolare, con un Bond dal cuore spezzato e ormai troppo stanco per affrontare nuove missioni, più vicino al Wolverine di Logan che allo 007 di Skyfall e Spectre.  L’azione e il sesso lasciano spazio a una storia fatta di dialoghi e sguardi, in cui il pubblico e i personaggi hanno tempo di elaborare ciò che è stato. Non fraintendiamoci, l’azione è sempre spettacolare e debordante, ma se negli altri film si avvertiva come necessaria e protagonista, imprescindibile dalla figura di 007, qui ha più il sapore di uno spiacevole contrattempo: Bond combatte perché deve, non certo perché vuole. No Time to Die si propone di chiudere l’intera saga (perlomeno l’ultimo reboot, iniziato nel 2006 con Casino Royale) e la storia di James Bond, mettendo insieme tutti i tasselli di un mosaico intricato, imponente e un po’ confuso, e portando a collidere il passato con il presente.

Non c’è tempo per lasciare le cose inconcluse. La storia, infatti, dopo un flashback – meravigliosamente girato – che non contempla la spia inglese, si apre a Matera, dove Bond e Madeleine (la sua amante, conosciuta in Spectre) si stanno godendo il loro ritiro: tuttavia una bomba messa nella tomba di Vesper Lynd, primo amore di Bond, getta il seme del sospetto nella coppia. James Bond non può fidarsi di nessuno: mette Madeleine su un treno, e i due si dicono addio. Tutti gli stilemi dei film di spionaggio sono racchiusi in questo inizio: la diffidenza, gli amori proibiti, i luoghi meravigliosi sparsi per il mondo (sì, in questa frase è presente del campanilismo), l’azione, l’adrenalina e i cattivi da fumetto, svelandoci la presa di posizione di questo capitolo: per compensare l’atmosfera più romantica e contemplativa di questo film, Cary Joy Fukunaga (già regista di True Detective e Maniac) e i suoi sceneggiatori optano per un ritorno alle origini, nello stile più classico e iconico possibile. Bond, che si è ritirato a vita privata dopo l’incidente a Matera, rientra in gioco quando il nuovo super cattivo di turno si impossessa di Heracles, arma hi-tech che sfrutta nano bot in grado di infettare le persone, uccidendo gli obiettivi designati. Si torna ai complotti internazionali, agli scienzati pazzi, alle armi di distruzione di massa e ai super cattivi classici, che sfoggiano volti deturpati e nascondigli su isole segrete – a questo proposito, Rami Malek ci offre un’ottima interpretazione, rovinata purtroppo dal suo aspetto, lontano dall’essere minaccioso.

Ci, sono, ovviamente, le Bond girls, ma con loro abbiamo un altro passo avanti della saga. Anche se c’è un ritorno stilistico alle origini, il mondo nel frattempo è andato avanti. Le donne in questo film non sono più semplice oggetto del desiderio e trofeo di accompagnamento per il protagonista, ma assumono finalmente un ruolo e una personalità. Lashana Lynch entra infatti nel ruolo di nuova 007 (lasciandoci intendere una possibile evoluzione della saga in vesti femminili) senza avere rapporti con Bond diversi da quelli lavorativi, e Ana de Armas (dalla bellezza e bravura sconvolgenti), che ruba la scena nei suoi pochi minuti sullo schermo come Paloma, non solo è dotata di una personalità, ma fa anche una cosa impensabile per il franchise: rifiuta le avances di Bond, divertita anche solo per il fatto che lui abbia pensato a una simile possibilità durante una missione. La sceneggiatura purtroppo affossa in parte le ambizioni del film, offrendoci alcune situazioni molto confuse e un cattivo non credibile, che nel momento in cui ci deve illustrare le sue motivazioni e i suoi piani malvagi usa il classico “io sono come te”, facendo cadere le braccia al pubblico. Ciononostante, James Bond è cresciuto e si è evoluto in questi anni, giungendo fino alla consapevolezza di aver fatto il suo tempo, come uomo e come personaggio: conclude i suoi incarichi e lascia la scena. E lo fa non da spia, ma da uomo. E gli uomini non sono invincibili: sbagliano, provano emozioni, vivono e, infine, muoiono. Forse in tal modo non sarà la spia perfetta, ma di sicuro gli vogliamo molto più bene così.