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Maniac

2018
Titolo Originale:
Maniac
REGIA:
Cary Joji Fukunaga
CAST:
Emma Stone (Annie Landsberg)
Jonah Hill (Owen Milgrim)
Justin Theroux (James K. Mantleray)

Il nostro giudizio

Maniac è una serie tv del 2018, ideata da Cary Joji Fukunaga.

Owen (Jonah Hill) e Annie (Emma Stone), i due protagonisti, ci vengono presentati rispettivamente nella prima e nella seconda puntata. Angustiata e feroce lei (chiaramente traumatizzata da eventi passati), depresso e bipolare lui.  Stone e Hill sono esemplari nelle loro godevoli performance: riportano in scena gli attori di teatro che ormai appartengono ad un’altra vita, a cui bastava cambiarsi di abito per immedesimarsi in ruoli radicalmente diversi. Entrambi versatili e potentissimi in ogni singola espressione. La serie, diretta da Cary Joji Fukunaga (prima stagione di True Detective) ha la cornice degli imponenti grattacieli di New York, costume e società anni ottanta e strumenti tecnologici obsoleti. Il tema ruota attorno al progresso scientifico e alla disponibilità/indisponibilità della vita umana (per dirla alla Arendt). La fallibilità della scienza insieme con la sua subdola tracotanza salgono sul palcoscenico creando una realtà immaginifica dove – ancora una volta – le correnti positivistiche si spingono fino ai confini dell’eticamente tollerabile; le stesse che in Maniac ci consentono di essere pilotati all’interno delle menti dei protagonisti (sottoposti ad un esperimento che consente loro di rivivere traumi passati al fine di poterli superare dal punto di vista emotivo).

“Possiamo essere aggiustati” è la citazione che potrebbe enucleare il tema: la “scienza meccanica” surclassa quella teoretica, la promessa è che un giorno potremmo non aver più bisogno di Freud. Ciò che  va riconosciuto è la capacità di astensione da ogni giudizio morale. E’ uno spaccato su “come potrebbe essere”, nessuno si sente obbligato a schierarsi a favore o a sfavore della povera pecora Dolly. Di fatto neanche lo spettatore viene silurato nel mondo della doxa, non si pone il dubbio, non è costretto a prendere una posizione; di solito sono le emozioni a “ordinarci”, ma Maniac non ne suscita alcuna. I critici si sono mossi docilmente accanto alla serie: l’hanno encomiata e si sono lasciati piacevolmente coinvolgere, tanto da definirla una sorta di inno alla vita e alla possibilità di riscatto dell’uomo che deve e può affrancarsi dalle ombre del passato che gravitano attorno al presente. Intervengono, di tanto in tanto, momenti in cui i personaggi sembrano trasfigurare negli spauracchi di se stessi e la serie stessa sembra essere parodia di qualcos’altro.

Maniac peccherebbe di presunzione se si autodefinisse appartenente al filone dello sci-fi, se fosse autoironica – come a volte sembra voler manifestare – si definirebbe espressione del meta sci-fi, quello che Scary Movie è per gli horror. Il risultato è un prodotto non è solo lento, ma immobile, che sfida incessantemente la pazienza del pubblico incuriosendolo senza mai sfamarlo. Lo spettatore, semplicemente, si lascia abbacinare da giochi mentali e dalla promessa che prima o poi qualcosa accadrà. Le puntate sembrano muoversi per inerzia, imbevute di colori, luci, suoni rumori e colonne sonore che fungono da sapienti ancelle del flemmatico ritmo che contrassegna ogni singolo episodio.Un film, un romanzo, così come le serie tv, possono riuscire o fallire, ciò che lascia interdetti sono i sospetti feedback platealmente positivi. Apprezzare in toto Maniac senza vederne i limiti è ciò che spinge ad ascoltare solo musica indie, ad andare al cinema solo per guardare pellicole indipendenti o ai concerti dei gruppi spalla. L’unica verità rivelata è quella celata dietro il radical chic che è in ognuno di noi, macchietta di molti sedicenti critici cinematografici.