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Annabelle 3

2019
Titolo Originale:
Annabelle Comes Home
REGIA:
Gary Dauberman
CAST:
Patrick Wilson (Ed Warren)
Vera Farmiga (Lorraine Warren)
Mckenna Grace (Judy Warren)

Il nostro giudizio

Annabelle 3 è un film del 2019, diretto da Gary Dauberman.

Il Conjuring Universe, di cui Annabelle 3 rappresenta l’innesto numero sette, è forse l’universo cinematografico condiviso ad aver meglio capito dove si nascondesse il successo della linea dettata dall’MCU di Kevin Feige. Più ancora di Fast & Furious, e sicuramente meglio di altri scalcinati esperimenti (il MonsterVerse, l’abortito Dark Universe), il mondo di James Wan e compagni può contare su una linea editoriale che lo rende pressoché unico: diversificazione. Con un pretesto che ricorda le vecchie serie televisive e fumettistiche a tema soprannaturale, il narratore silenzioso del filone è il “museo degli orrori” della famiglia Warren. In questo spazio, affollato di scaffali stipati di reliquie, le potenzialità narrative offerte sono infinite: tra queste si muovono più anime autoriali, in grado di puntare di volta in volta verso nuove direzioni, ed accontentare ad ogni film una nuova frangia del sempre più affezionato pubblico di appartenenza. Le colonne portanti del CU sono due saghe “complementari”: all’epica, oscura e serissima pellicola L’evocazione– seguita da un altrettanto cupo The Conjuring 2, il terzo capitolo uscirà l’anno prossimo –  fa da contraltare il camp e “leggero” Annabelle. Restano in comune attori e certe linee guida a fare da vademecum. La sostanziale rinuncia al jumpscare facile è un po’ il tratto stilistico distintivo del franchise, che si differenzia dai “cugini” Blumhouse abdicando allo schock di montaggio e sonoro, lavorando  invece sul visibile, inventando mostri e atmosfere a ogni nuova uscita.

Il terzo e migliore film della bambolina ghignante è un po’ il biglietto da visita di questa tendenza. Diversificazione: dopo due capitoli “in linea” alla narrazione principale, il film passa finalmente in mano al suo creatore, Gary Dauberman. In una notevole prima regia, l’autore carica la dimensione mitica della bambola, e infonde una personalità precisa alla serie esplicitandone le tematiche: racconto di formazione, adolescenza, trauma e amicizia. Partito dalla ghost story gotica, passato attraverso il racconto di formazione horror di It (da lui scritto), Dauberman approda alla regia con una sintesi elegantissima dei due, capace di portare le suggestioni tematiche ereditate da King nel proprio apertissimo universo filmico. Il plot di Annabelle 3 pare una sarcastica risposta alle accuse di ripetitività. C’è posto per tutti, nel mondo di The Conjuring, ed ecco che allora Annabelle se ne va in vacanza nel teen movie. I coniugi Warren (poco più che un cameo per Farmiga e Wilson) devono lasciare casa una notte. Affidano la piccola Judy (McKenna Grace, una bravissima Winona Ryder in miniatura) alla babysitter Mary Ellen (Madison Iseman), con il classico compito: cena, televisione e a letto alle 9. Ovviamente, farà capolino a  casa l’amica impulsiva e incontrollabile Daniela (Katie Sarife). E ancor più ovvio, sarà lei a liberare Annabelle dalla gabbia di vetro che la contiene. Il risveglio della bambola catalizzerà i demoni sopiti del museo dei Warren, scatenando una lunga notte di assedio in cui forze maligne di ogni forma e dimensione partiranno all’assalto delle tre protagoniste.

La bellezza del CU è anche nella sua universalità: c’è spazio per il film adulto e per quello teen; quello maschile e quello femminile; quello “esotico” e quello yankee; quello grigio, e per il kitch di make up e colori. E’ proprio verso queste seconde opzioni che va Annabelle 3, distanziandosi dall’oscura religiosità cattolica e mettendo in piedi una sorta di Scooby Doo per adulti, ritmato e divertentissimo. Con il pretesto “Annabelle porta i suoi amici”, il Tunnel degli Orrori apre le porte: ora dal buio ai lati della stanza può emergere qualunque cosa (ma veramente qualunque, dal samurai fantasma ai giochi da tavolo stregati, oltre ovviamente agli easter egg dai vecchi film), e c’è un’idea ad ogni cambio di scena, ad ogni svolta di corrodoi, dopo che la luce è andata via. Proprio l’inizialmente fastidioso elemento adolescenziale (licei, bulli, feste di compleanno con le torte in forno – cosa c’entra?), è il tratto distintivo nonché cuore di Annabelle 3. Le tre simpatiche protagoniste, lo si nota nella cura messa in fase di scrittura, sono lì con un percorso, non per fare carne da cannone slasher. Il film va verso di loro, senza rinunciare al dramma ma sperimentando finalmente nuove meccaniche cinematografiche. In costante equilibrio tra Mamma ho perso l’aereo, la struttura del survival e l’estetica delle high school comedy cretine con le feste in casa e i genitori che rischiano di tornare da un momento all’altro trovando il delirio (e qui di delirio ce n’è tanto), Annabelle 3 è la prova di forza di una saga che al settimo film ha ancora  forza di inventare cinema ad ogni stacco. Più scatenato e potente che mai, il Conjuring Universe ha ancora mille carte da giocare. Dalla cantina senza fondo dei Warren può uscire di tutto. Ci aspettiamo che lo faccia.