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31

2016
Titolo Originale:
31
REGIA:
Rob Zombie
CAST:
Elizabeth Daily (Sex-Head)
Sheri Moon Zombie (Charly)
Malcolm McDowell (Father Murder)

Il nostro giudizio

31 è un film del 2015, diretto da Rob Zombie.

Il cinema dell’orrore ha spesso vissuto una forte contraddizione. Più che in altri generi, si è molto discusso se fosse meglio dar libero spazio all’estro del regista (la director’s cut) o affidare il confezionamento a chi ha davvero il polso del mercato (la productor’s cut). Certo, finché si tratta di sangue e frattaglie, più ce ne è meglio è – o almeno così dovrebbe essere –, ma altre volte la completa libertà espressiva dei cosìddetti autori ha generato prodotti assolutamente non vendibili. Rob Zombie è uno che è sempre stato abituato a lottare per la propria creatività, fin da quel La casa dei 1000 corpi, massacrato dalle forbici pre-censura della Lionsgate. Gli è andata meglio in seguito – anche se qualche tensione ci fu pure coi Weinstein per gli Halloween – e con Le streghe di Salem si è potuto prendere (quasi) tutta l’autonomia che ha voluto. Risultato, un bagno di sangue un po’ ovunque e non quel bagno di sangue che gli amanti del genere avrebbero voluto vedere sullo schermo. Da allora Rob Zombie è diventato come Lars Von Trier a Cannes: “regista non grato” e così l’idea geniale: tirare sui i soldi necessari col crowdfunding e girare un film senza dovere rendere conto a nessuno. Neanche agli investitori. L’ha fatto con 31, che nella sua testa doveva essere il primo di una serie di film da ambientare durante le festività comandate – 31, sta per 31 ottobre, la notte di Halloween –. La storia è molto semplice e per questo abbastanza funzionale, ma pregna di quel sadismo perverso e surreale che ci si aspetta. In breve: anni 70, un gruppo di hippie capitanati dalla giovane e bella Charly (Sherry Moon e chi se no?), vengono intercettati da un manipolo di uomini mascherati che apre il fuoco. Alcuni muoiono subito, ma cinque di loro vengono rapiti e trascinati all’interno di una fabbrica abbandonata il “The Murder World”, dove Father Devil (Malcolm McDowell), truccato da nobile dell’800, e due carampane come lui (la Judy Geeson di L’assassino di Rillington Place n. 10 e Fear in the Night e Jane Carr), si divertono a farli combattere contro un esercito di psicopatici mascherati da clown. È un gioco al massacro, dove le regola è che non ci sono regole e l’unica speranza è quella di sopravvivere a quella lunga, sanguinaria, notte di Halloween. Chi riuscirà, infatti, a vedere le luci dell’alba verrà risparmiato dalla furia omicida dei clown. Clown che hanno nomi alquanto coloriti: il nano nazista, Sick-Head, i gemelli armati di motoseghe, Psycho-Head e Schizo-Head, e la coppia di fidanzatini, Death-Head e Sex-Head.

Inutile stare a fare il computo di chi muoia e chi sopravviva – abbastanza scontato, del resto –, ma sappiate che alla fine entrerà in scena il più spietato dei killer, Doom-Head (un inquietante e superlativo Richard Brake), che darà vita a un duello all’ultimo sangue da fare invidia a Sergio Leone. Wow! Più o meno, perché prima del finale c’è tanta strada da fare… La storia, scritta dallo stesso Rob Zombie, è abbastanza semplice e concisa da lasciare ampio spazio alla regia. Tutt’altra cosa rispetto alla pretenziosità di Le streghe di Salem. 31 è costruito come un survival movie che, più che al surrealismo del precedente film, guarda alla filosofia del body-count del cinema slasher. Il Murder World è concepito come un gigantesco labirinto degli orrori, un budello del dolore, che potrebbe far pensare a certe derive (nobili) del torture porn; ma qui siamo ben lontanati sia da Saw che da Hostel, anche se l’idea dei riccastri che si divertono a vedere la sofferenza altrui non possono non far pensare a Eli Roth. Certo, poi, nel tratteggiare i caratteri dei personaggi, non mancano i barocchismi di Zombie: damigelle di corte, schiave nude, nani con la svastica, culturisti in tutù, vecchie vestite da bambine, etc… Non manca il gusto del vintage, che esplode deflagrante fin dai titoli di testa, con quelle immagini in Super 8 che fanno tanto Non aprite quella porta. Non manca la cultura “baba cool” – per la verità ‘sti hippie sono un po’ troppo volgari, per niente simpatici, e non creano certo empatia – e nemmeno gli amici-attori di sempre: Sherry Moon, Meg Foster, Richard Brake, Ginger Lynn, Elizabeth Daily e Jeff Daniel Phillips.

Insomma tutto quello che serve. Tutto tranne il film. Nel senso che, se è vero che la storia non ha importanza e che il cast non conta, quello che rimane è la regia e finora tutto si è potuto dire di Rob Zombie tranne che non fosse un regista di classe (il finale di La casa del diavolo, resta da standing ovation); eppure qui la regia non c’è. Anzi, c’è e da fastidio. Praticamente camera a mano e zoom continui, in un balletto di immagini sempre in movimento che dà il voltastomaco. Non è found-footage, intendiamoci, ma durante le tante scene di combattimento tra i giovinastri e i clown psicotici, non si capisce davvero una mazza. Neanche chi ferisca e chi venga ferito. Insomma, manca il gusto per la messa in scena della morte e, se anche così il film sembra più violento di quello che è – proprio perché tra movimenti di macchina ed esplosioni di sangue sembra di scorgere più bassa macelleria di quella presentata –, alla fine si ha come l’impressione di essere stati scopati senza accorgersene. Forse è una scelta stilistica, ma molto più probabilmente una questione di soldi. E qui si ritorna all’inizio, al problema della director’s cut e della productor’s cut o meglio di quello che può succedere quando manca una vera e propria produzione alle spalle. Non che 31 sia tutto da buttare. Restano sempre delle atmosfere malsane e un gusto per il barocco almeno originale; ma purtroppo non basta. Certo c’è quel finale che mette la pelle d’oca. Fosse stato girato così tutto il film…