Il gatto a nove code: curiosità

Tutto quello che avreste voluto sapere su Il gatto a nove code
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Il gatto a nove code è il film che, notoriamente, tra i ventidue girati, piace meno al regista e ai suoi fan. Di fronte alle catastrofi dell’ultimo venetennio, in particolare Il fantasma dell’Opera e Trauma, il secondo cimento thriller di Argento rischia comunque di apparire un’opera interessante: da un lato per il carattere di messa a punto della cinematografia argentiana che esso rappresenta («Girandolo, esaminavo bene i miei mezzi, cercavo di capire i miei limiti e le mie possibilità») e dall’altro perché alcuni retroscena nell’ideazione del film rivelano come Argento fosse già allora attratto da quelle tematiche paranormali che si faranno sempre più largo nelle successive pellicole.

La storia si ambienta a Torino, e a proposito della scelta della location il regista ha dichiarato: «Quando presentavo ai produttori il progetto dell’Uccello dalle piume di cristallo tutti mi ripetevano che un film del genere, un giallo, non avrei mai potuto realizzarlo in Italia, perché la vicenda non sarebbe stata credibile. I maestri del giallo sono tutti stranieri. Io ho sempre tenuto duro su questo, perché sono convinto che i miei primi thriller non sarebbero piaciuti o sarebbero piaciuti molto meno se non fossero stati ambientati in Italia. Per Il gatto a nove code ho speso settimane a esplorare Torino alla ricerca delle due scale che mi servivano. Conosco come nessuno le scale di questa città. le ho salite tutte. Mi prendevano per un ladro, la polizia mi seguiva…».

Di Torino è anche un mago, un strano individuo dotato di poteri di chiaroveggenza, del quale Argento parla diffusamente alla giornalista Anita Pensotti andata a intervistarlo sul set di Il gatto a nove code: «Mi aveva detto che la mia prima pellicola, L’uccello dalle piume di cristallo, avrebbe avuto un’accoglienza più calorosa in America che in Italia. E difatti è stato così. Mi aveva precisato con esattezza anche alcuni particolari, fra cui la data di inizio del film, diversa da quella che avevo stabilito, e i nomi di alcuni collaboratori. I suoi poteri di veggente mi hanno affascinato e aiutato, tanto che il personaggio del cieco in Il gatto a nove code si chiama Arnó, come lui. Ho voluto dargli il suo nome, perché, allo stesso modo del mago torinese, l’Arnó del film possiede antenne sensibilissime, che gli consentono di vedere più in là e più a fondo di James Franciscus, il suo compagno…».