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Toys of Terror

2020
Titolo Originale:
Toys of Terror
REGIA:
Nicholas Verso
CAST:
Verity Marks (Alicia)
Georgia Waters (Rose)
Kyana Teresa Hannah ()

Il nostro giudizio

Toys of Terror è un film del 2020, diretto da Nicholas Verso.

La nostalgia è un’infida e insidiosissima arma a doppio taglio. Da una parte il dolce ricordo di ciò che è stato e che non potrà più essere. Dall’altra il penoso tentativo di far rivivere un glorioso passato in un presente ormai lanciato a tutta birra verso un incerto futuro. Ed è indubbiamente un’operazione pateticamente nostalgica quella imbastita da Nicholas Verso, voglioso più che mai di confezionare un innocuo e stucchevole orrorino celebrativo del mitico filone dei pupattoli indemoniati tanto in voga nei glitterati anni ‘80, figlio di Charles Band e della sua mitica Full Moon. Si perché, piuttosto che alla sboccata progenie di Chucky, Toys of Terror preferisce fin dal titolo fare il verso alla letale marmaglia di Puppet Master e dei ben più scalcinati Demoniac Toys, tentando fino all’ultimo di portare avanti un filone che, oggigiorno, dopo gli ultimi sussulti della malefica Annabelle e dell’inquietante Brahms di The Boy, appare ormai sinceramente fuori tempo massimo, così come il recente Jack in the Box drammaticamente c’insegna. Orfanotrofio di St. Germaine. Esterno. Notte di Natale. Un losco figuro arranca sulla neve, deposita un misterioso baule dinnanzi all’entrata e si dilegua nel nulla. Poco dopo il sinistro dono viene portato all’interno dell’edificio da un’incauta suoretta. Ma quando la porta si chiude, ecco che un urlo di orrore squarcia le tenebre. Titolone in dissolvenza: Toys of Terror. Zan zaaan! Taglio a nero.

Diversi decenni dopo, giusto in tempo per l’innevata vigilia natalizia, la giovane Alicia (Verity Marks) e la sua famigliola decisamente allargata decidono di trasferirsi nientemeno che nel summenzionato e ormai dismesso brefotrofio, con l’intenzione di ristrutturarlo e rivenderlo in tempi brevi. Inutile dire che i nostri scopriranno ben presto l’esistenza dell’oscuro bagaglio e del suo apparentemente innocuo contenuto, composto da pupazzetti e giocattoli pronti ad animarsi di malefica vita propria e gettare un gran bello scompiglio sotto l’albero addobbato, in un crescendo di orrore che non risparmierà niente e nessuno, né grandi né tantomeno piccini. Va detto che, per più di tre quarti della propria durata, Toys of Terror si presenta più che altro come una pedante puntatona di Piccoli Brividi dove il livello di crudeltà e di presunto orrore si mantengono drammaticamente al di sotto della pubertà. Bisogna infatti attendere lo scoccare dell’ora prima che un paletto di legno sfondi la finalmente una cassa toracica, facendo scorrere le prime timide gocce di sangue su di un pavimento rimasto finora inspiegabilmente asciutto. Ed è li che, finalmente galvanizzati, pensiamo: ciao ciao R.L. Stine, benvenuti David Schmoeller e Stuart Gordon!

Ma purtroppo l’esaltazione dura pochissimo, poiché il tutto torna ben presto nei ranghi di un’innocua storiella de paura cotta e mangiata all’ombra del Panettone da un branco di ragazzini foruncolosi e nostalgici dell’Atari 2600, dove il culmine viene castamente raggiunto da un paio di chiodi infilzati nelle babbucce da un pestifero elfetto di legno e dalle marachelle di una ringhiante scimmietta che pare un Monkeybone sotto acido.  Nonostante infatti sia il piatto principale, Il parco mostriciattoli si riduce a ben poca cosa, con angioletti di Natale decisamente poco cristiani, molestissime apine di pezza dal soffocamento facile e un trattorino giocattolo tanto carino quanto inevitabilmente assassino, il tutto curiosamente animato con una suggestiva stop motion che ricorda più lo stile slapstick di Henry Selick che non quello gotico di Burton. Se sfrecciassimo ancora su biciclette customizzate, discutendo animatamente del Demogorgone di Dungeons & Dragons mentre il faccione del presidente Regan domina lo schermo a tubo catodico da venti pollici del nostro Telefunken PalColor, beh, allora certamente Toys of Terror potrebbe apparire ancora suggestivo. Ma in un’era in cui anche i bambini di sei anni pretendono di trovare sotto l’abete il nuovo iPhone, capite bene come l’intera operazione puzzi parecchio di stantio, così come il delirante e raffazzonato epilogo che vorrebbe citare le struggenti note del Fragile di Balguerò e del Saint Ange di Laugier senza avere un briciolo della dignità né dell’uno né tantomeno dell’altro.