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The Boy – La maledizione di Brahms

2020
Titolo Originale:
The Boy II
REGIA:
William Brent Bell
CAST:
Katie Holmes (Liza)
Christopher Convery (Jude)
Owain Yeoman (Sean)

Il nostro giudizio

The Boy – La maledizione di Brahms è un film del 2020, diretto da William Brent Bell.

Non vi è alcun dubbio che William Brent Bell sia tutto sommato un gran bravo ragazzo. Cinquantenne, di bella presenza, una ventina d’anni di carriera sul groppone e sei filmetti all’attivo. Non certo questi gran capolavori, s’intende, ma tutto sommato interessanti prodotti di genere che, nel bene e nel male, gli hanno fatto guadagnare un certo nomignolo nel cinefilo circondario. Ma, dopo il discreto exploit da horror videoludico di Stay Alive, l’imbarazzante capitombolo del mockumentary demoniaco L’altra faccia del diavolo e quel sorprendete thriller licantropico che fu La metamorfosi del male, con The Boy il buon omaccione con la macchina da presa del Kentucky ci aveva lasciati tutti quanti piacevolmente sorpresi, confezionando quello che, solo in pallida apparenza, si presentava come l’ennesimo doll haunted movie, compagno di merende dei numerosi bambolotti malefici e assassini di gran voga in questi nostri foschi tempi. Una gran bella sorpresa, non c’è che dire, soprattutto per la sua evidente furberia nel cavalcare il solco dei vari Chucky e Annabelle di turno, per poi sterzare bruscamente il timone verso tutt’altri lidi. Perciò, quando il caro William e la sua fedele cricca annunciarono l’intenzione di mettere in cantiere un possibile seguito dell’inquietante pupattolo di porcellana accudito come un bambino in ciccia e ossa, seppur con la dovuta e cauta titubanza del caso, tutti noi ci siamo disposti nella miglior condizione d’animo possibile per accogliere The Boy – La maledizione di Brahms con tutti i migliori auspici. Malgrado però tutta questa iniezione di generosa positività, alla fin della fiera quella strisciante sensazione di allarme rosso che tutti quanti proviamo ormai istintivamente nei confronti dei sequel, prequel, spin-off, crossover e quant’altro ha finito per concretizzarsi appieno.

Se infatti il caro vecchio The Boy era apparso a tutti gli effetti come un audace, focoso e appagante amplesso cinematografico, The Boy – La maledizione di Brahms risulta nulla più che una maldestra sveltina in ascensore consumata giusto per ingannare il tempo della salita, solo apparentemente interessante ma destinata a perdersi nell’oblio una volta terminata la rapidissima corsa. Svelato ormai il sorprendente arcano che si celava dietro la vera natura del bambolotto di turno, pareva chiaro infatti che non ci fosse più molto da favellare in merito. E invece, giusto per allungare un brodo molto gustoso ma ormai decisamente consumato, eccoci trasportati nella vita parecchio sconvolta della bella Liza (una Katie Holmes anonima come un golfino di flanella) la quale, reduce dallo scampato pericolo di uno scioccante tentativo di furto notturno, decide, assieme al marito Sean (Owain Yeoman), di curare il temporaneo mutismo post-traumatico del figlioletto Jude (Christopher Convery) trasferendosi in una nuova ridente casetta. E dove mai potrebbe sorgere questa nuova ridente casa? Ma ovviamente giusto a un tiro di schioppo dalla famigerata Heelshire Mansion, teatro di tutto il gran bordello del capitolo precedente! Ed è qui infatti che iniziano i casini, quando il curioso ragazzino dissotterra nientemeno che Brahms in persona, il quale, come ormai da tradizione, tra qualche occhiata di traverso, scorribande in piena notte, lunghi discorsi col suo nuovo amichetto e un continuo giramento di testa, inizia a gettare un gran scompiglio nella sua nuova dimora, facendo passare ben più di qualche notte insonne ai suoi incauti occupanti.

Un maledetto mondo fatto di bambole, non c’è che dire. Ma senza scomodare il gran cultone di Michael Campus, basti dire che The Boy – La maledizione di Brahms è quanto di peggiore ci si possa aspettare dal seguito di un buon film, buttando bellamente nel cesso ogni geniale intuizione maturata del capitolo precedente e lasciandosi andare alle più fiacche e imbolsite banalità del caso. Se infatti nell’ormai lontano 2016 Bell era riuscito a salvarsi in corner usando la carta sovrannaturale come ingegnoso specchio per le allodole, ecco che qui commette l’imperdonabile passo falso di ripescare dalla tasca proprio questo ammuffito e prevedibilissimo tarocco, gettandolo sul tavolo con la speranza di incastrare una mano vincente ma trovandosi invece con nulla più di un misero due di fiori, trito e ritrito come ormai non se ne può davvero più. Per il resto la pellicola arranca su gambe davvero molto fragili, tentando di gettare una luce ancora più chiara sulla genesi del mefistofelico bambolotto e nel frattempo tentando disperatamente di non far perdere a Katie Holmes ancora più credibilità di quanto non si sia già lasciata dietro da sola durante l’accidentato tragitto. Ed è così che, tra porte che sbattono, tende che svolazzano, jumpscare a profusione, imbarazzanti siparietti in pessimo After Effects  e immancabili incubi notturni, si giunge al telefonatissimo e desolante finale, con l’unica chiara e fondamentale convinzione circa la totale inutilità di tutto questo sgangherato baraccone.