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Cosmos

2015
Titolo Originale:
Cosmos
REGIA:
Andrzej Żuławski
CAST:
Jean-François Balmer (Leon)
Sabine Azéma (Madame Woytis)
Jonathan Genet (Witold)

Il nostro giudizio

Cosmos è un film del 2015, diretto da Andrzej Zulawski.

Dopo quindici anni di assenza, Andrzej Zulawski torna sulle scene con Cosmos, un progetto del produttore portoghese indipendente Paulo Branco, la trasposizione di un romanzo di Witold Gombrowicz, in cui due ragazzi sfuggono dai loro insuccessi di studio e lavoro e si rifugiano in una piccola pensione famigliare dove avvengono fatti inquietanti e dove si perderà ogni barlume di verosimiglianza narrativa. La scrittura joyciana di questo romanzo viene tradotta sul grande schermo in un film dalla trama spesso incomprensibile. Cosmos si pone come contenitore di tutto lo scibile, letterario e cinematografico, con una litania, un reticolo di citazioni, che vanno da Pier Paolo Pasolini a Tintin, da Dante a Star Wars. Un film ambientato in una pensione che si rivela un antro delle streghe, con inquietanti ritrovamenti di animaletti impiccati, possibili rituali di magia, e con Sabine Azéma che è una presunta Helena Markos di argentiana memoria.

Un film che ricrea il surrealismo di Buñuel: le formiche invadono i piatti di portata del pranzo, e si trovano lumache sui panini. E, nella casetta con giardino, The Blair Witch Project e Suspiria incontrano L’angelo sterminatore. Un teatro dell’assurdo popolato di personaggi grotteschi, epilettici e deformi, con dialoghi fatti di battute calembour e giochi di parole continui. E dove non manca quella sensualità conturbante che rappresenta la cifra stilistica del regista, che qui è incarnata dall’attrice portoghese Victoria Guerra, degna erede delle muse storiche di Zulawski, Isabelle Adjani, Sophie Marceau, Valérie Kaprisky. Proprio come quest’ultima in La femme publique, la Guerra interpreta il ruolo di una giovane promettente attricetta. Mentre un giovane scrittore in erba è il protagonista Witold, che porta lo stesso nome dell’autore che, ricordiamo, è un apolide di origine polacca proprio come il regista. Witold è quindi alter ego di entrambi e lo vediamo spesso intento nella scrittura, nell’atto creativo.

Come in La femme publique, dove si recitava Dostoevskij, e in L’amour braque, dove veniva allestito Čechov, anche in Cosmos la realtà, la finzione e la messa in scena, diventano indistinguibili e la seconda irrompe nella prima. L’incipit del film, l’arrivo dei due ragazzi, è segnato dalla declamazione di Witold, nel bosco, del brano dantesco “Nel mezzo di cammin di nostra vita…”. Un inizio programmatico per Zulawski consapevole di aver partorito il suo capolavoro? O/e l’enunciazione di una discesa agli inferi dei protagonisti come del pubblico. Gli abissi della perdita di linearità, di verosimiglianza narrativa, senza nemmeno un Virgilio che ci faccia da guida. Zulawski riesce in un’impresa finora ritenuta possibile solo a David Cronenberg, per Il pasto nudo e Crash: quella di riuscire a tradurre sullo schermo un’opera letteraria intraducibile.