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The Walking Dead 10

2021
REGIA:
Greg Nicotero, Rosemary Rodriguez, Dan Liu, Michael E. Strazemis, John Polson, Larry Teng, David Boyd, Jeffrey F. January, Michael Slovis
CAST:
Norman Reedus (Daryl Dixon)
Melissa McBride (Carol Peletier)
Danai Gurira (Michonne)

Il nostro giudizio

The Walking Dead 10 è una serie tv del 2021, ideata da Frank Darabont.

Presentata come un bonus, un’appendice concessa generosamente ai fan, la serie televisiva sugli zombi più celebre dell’ultimo decennio si è regalata eccezionalmente una terza tranche di episodi che, a dispetto delle intenzioni iniziali di chiudere l’agonizzante show della AMC, fanno da ponte all’undicesima e, salvo ulteriori sorprese, conclusiva stagione. Un antipasto che dovrebbe colmare l’attesa per la conclusione della storia e allo stesso tempo una decisione commovente, che dimostra come The Walking Dead continui a lottare con noi e per noi, contro l’emorragia di spettatori (fino a qualche anno fa si contavano tra i tredici e i quindici milioni di spettatori a episodio, per la decima stagione si è scesi a tre) e soprattutto contro le difficoltà produttive nate a causa dell’attuale pandemia. Difficoltà che si rivela palesemente nelle scelte di messinscena, perché tutti gli episodi di questo terzo atto della decima stagione sono filler che non portano avanti la storia di un solo passo, bensì si soffermano, come se ce ne fosse ancora bisogno, sul passato dei personaggi, sui conflitti interiori e sulle dinamiche a due. E così dopo l’attacco ad Alexandria e la dipartita di Alpha per mano di Negan (Jeffrey Dean Morgan) e la fine dei sussurratori, ciò che si sceglie di esplorare in questi sei episodi riguarda le macerie interiori che questo conflitto sanguinoso ha lasciato sui protagonisti e si accenna vagamente a quello che potrebbero essere le linee guida della narrazione a venire, a cominciare da Maggie (Lauren Cohan) che avverte la sua vecchia comunità di nuove minacce provenienti dall’esterno e che si ritrova la sorpresa di un Negan lasciato a piede libero e quasi accettato nonostante le sue malefatte.

Ben due episodi, Trovami e Troverai un modo, sono dedicati interamente a Carol (Melissa McBride) e Daryl (Norman Reedus), un duo che in passato ha funzionato molto bene e che adesso stenta a trovare motivi di interesse. Qui, in particolare, ci troviamo probabilmente nei punti più infimi dell’intera serie. Il primo episodio esplora con ampio uso di flashback il tempo trascorso da Daryl in esilio dopo la scomparsa di Rick, l’incontro con una donna e il suo cane, mentre il secondo tenta di approfondire i dissidi tra i due mettendoli letteralmente di fronte a un bivio e seguendoli mentre uno cerca cibo da solo nei boschi e l’altra tenta di fare una zuppa in un clima da commedia slapstick. Ci si chiede quali possano essere le trovate narrative che dovrebbero rilanciare l’interesse per questa coppia per l’annunciato spin-off a loro dedicato. Va un po’ meglio nell’episodio Ancora uno grazie alla presenza carismatica di Robert Patrick nei panni di uomo armato che costringe Gabriel (Seth Gilliam) e Aaron (Ross Marquand) a una roulette russa, per dimostrare loro quanto l’essere umano possa essere malvagio, mentre uno dei plot più attesi, ovvero l’imboscata ai danni di Ezekiel (Khary Payton), Yumiko (Eleanor Matsuura), Eugene (Josh McDermitt) e Principessa (Paola Lazaro) nel precedente finale di stagione, si risolve in un episodio, Splinter, quasi interamente ambientato all’interno del vagone di un treno che, piuttosto che spiegare chi siano i soldati con le divise bianche, preferisce assecondare le visioni oniriche e schizofreniche del personaggio di Principessa.

Ritrovandosi quindi al vero finale di stagione con un pugno di mosche e tanto tempo perso, ci si chiede quale possa essere il colpo di coda, la trovata geniale che lo show non ha mai negato negli episodi finali, lo scossone che pure nelle stagioni più sonnolente aveva garantito l’interesse e l’attesa per la stagione che verrà e su questo gli autori sanno che possono contare unicamente sull’unico personaggio davvero interessante che da almeno quattro stagioni a questa parte sia stato partorito, ossia Negan. Anche lui, buttato fuori da Alexandria dopo averla salvata dalla minaccia di Alpha per non urtare la sensibilità di Maggie, intraprende un percorso interiore con il proprio passato recuperando la sua mazza e facendoci conoscere le vicende, in larga parte prese di peso dal fumetto sulle origini che Robert Kirkman gli ha dedicato, che lo hanno portato a diventare il villain che abbiamo imparato ad amare. Questo è Negan, più che un fulmen in cauda, si rivela il rantolo di una serie morente, che avrebbe bisogno di ben più di uno scossone per potersene andare con dignità e che non sembra aver trovato una soluzione soddisfacente alla reiterazione delle soluzioni narrative e all’eccessiva perdita di importanza della figura dello zombi, che ormai compare qui e lì in funzione esornativa. E questi sei episodi da contentino per i fan che hanno patito i ritardi di programmazione diventano l’epitome della scrittura prolissa e sciupona.