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Il labirinto del silenzio

2015
Titolo Originale:
Im Labyrinth des Schweigens
REGIA:
Giulio Ricciarelli
CAST:
André Szymanski
Alexander Fehling
Friederike Becht

Il nostro giudizio

Il labirinto del silenzio è un film del 2014, diretto da Giulio Ricciarelli.

Germania 1958. La svolta carrieristica di un giovane pubblico ministero, alle prese con una delle cause più importanti della storia governativa tedesca. Johann Radmann (Alexander Fehling), forte del suo spirito “giustizialista”, rimane fortemente interessato dalle accuse mosse da Thomas Gnielka (André Szymanski), sferzante giornalista determinato a far conoscere alla comunità pubblica, il massacro nazista compiuto nel campo di concentramento di Auschwitz. Soltanto con l’approvazione del Pubblico Ministero Generale, Fritz Bauer (Gert Voss), il giovane Johann potrà attuare giuridicamente questa “crociata” contro quella parte subdola del sistema tedesco, rea di voler celare i numerosi massacri compiuti dal partito nazionalsocialista durante la seconda guerra mondiale. “Alcune persone in Germania ritengono ancora che un film serio non dovrebbe intrattenere gli spettatori, eppure è precisamente questo che vogliamo fare con il labirinto del silenzio”. Una presa di posizione chiara, quella del produttore Uli Putz, ma contestualizzarla appare più che doveroso. Il labirinto del silenzio è un mero film storico, caratterizzato da eccessi di stile che appaiono fini a se stessi.

Per quanto sia evidente, la scelta stilistica di voler proporre un prodotto importante, Giulio Ricciarelli non riesce ad andare oltre ad un film eterogeneamente insostenibile, sospeso fra accettabile lavoro televisivo e modesta pellicola cinematografica. Nonostante l’ottima scenografia, la quasi “convinzione” di essere al cospetto di un non prodotto cinematografico è onnipresente dall’inizio alla fine. La mancanza d’incisività nella narrazione pesa altamente nel film, e a “coadiuvare” questa insufficienza registica, c’è la presenza di una conduzione metrica esageratamente didattica, capace di ledere la credibilità del prodotto, nel proporlo in un ambiente da sempre esigente come quello cinematografico. Il labirinto del silenzio costituisce dunque un mnemonico esercizio di stile. Giulio Ricciarelli sente il bisogno di rimembrare vicende umane importanti in un periodo storico socialmente superficiale. A salvare un film poco rilevante, è l’interpretazione da “pallido giustiziere in toga” di Alexander Fehling ( all’attivo una comparsata in Bastardi Senza Gloria di Quentin Tarantino), molto coinvolto nel suo personaggio.

L’imputazione che fondamentalmente c’è da fare a Il labirinto del silenzio, è il suo tono ammonitorio in termini di morale “giustizialista”. Incentrare solo su questo un prodotto, è mossa alquanto pretenziosa, soprattutto se esiste la convinzione di proporre un film che nonostante tutto, tratta una tematica abbastanza risaputa, argomentata e disquisita in lavori cinematografici passati. La scelta (sfida forse) di voler far sviluppare la trama con un bilanciamento fra fatti decisivi e componenti emozionali “all’azione”, non funziona, inibendo l’ efficacia del film. Dispiace per l’occasione persa da Ricciarelli, ma ribadire che quanto attuato, sia poco conforme con le meccaniche cinematografiche, appare più che doveroso. Rimandato.