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Governance – Il prezzo del potere

2021
REGIA:
Michael Zampino
CAST:
Massimo Popolizio (Renzo Petrucci)
Vinicio Marchioni (Michele Laudato)
Sarah Denys (Viviane Parisi)

Il nostro giudizio

Governance – Il prezzo del potere è un film del 2021, diretto da Michael Zampino.

Più di dieci anni dopo L’erede, il regista italo-francese Michael Zampino torna alla regia di un lungometraggio con Governance – Il prezzo del potere: fresco di distribuzione su Amazon Prime Video, è un originale e riuscito incrocio fra il thriller di stampo politico/economico e il noir. Frutto di una co-produzione tra Italia e Francia, è scritto dal regista insieme a Giampaolo Rugo e Heidrun Schleef, ed è ambientato nello spietato mondo del petrolio e dei giochi di potere a esso correlati. La vicenda ha come protagonista Renzo Petrucci (Massimo Popolizio), un cinico direttore generale di un colosso dell’industria petrolifera italiana, abituato a fare il bello e il cattivo tempo quando si tratta di concedere e togliere appalti, fare intrallazzi con i Paesi esteri ed estendere ovunque i propri interessi. La sua carriera subisce però un brusco arresto quando qualcuno fa una spiata riguardo un suo caso di corruzione nella gestione di un appalto: il consiglio di amministrazione, per coprire lo scandalo, lo toglie dai giochi, mentre vede la sua ascesa nell’azienda la giovane Viviane Parisi (Sarah Denys). Convinto che sia stata proprio lei a tradirlo, per stipulare un accordo con un’industria rivale, l’uomo medita vendetta. La sua storia si incrocia con quella di Michele Laudato (Vinicio Marchioni), un ex detenuto amico di Petrucci che confida nel suo appoggio per prendere in gestione un distributore di benzina. Il caso vuole che Laudato sia in auto insieme al manager, quando questi sperona la Parisi mandandola fuori strada e uccidendola. Mentre inizia un serrato confronto fra i due, la polizia indaga sull’accaduto, ma ci sono in ballo interessi troppo grossi perché la verità venga scoperta.

Governance è un film di confine, fra generi e modelli: perché se da un lato richiama il thriller finanziario all’americana come Wall Street o Insider, dall’altro potrebbe benissimo ricordare il Carlo Vanzina più nero, quello di Tre colonne in cronaca e Miliardi. Negli anni Settanta, un film come Governance avrebbe potuto dirigerlo un Rosi o un Damiani, ma Zampino aggiorna forma e contenuto alle tematiche più scottanti dei nostri tempi – il petrolio, le multinazionali, i cosiddetti poteri forti, la “governance” del titolo. Il thriller politico in Italia, tanto fiorente nel secolo scorso, è un genere oggi troppo poco frequentato – su Nocturno abbiamo parlato in precedenza di alcuni brillanti esempi recenti, come il giallo cospirativo La voce o il cinéma vérité de Il delitto Mattarella. Zampino propone a sua volta qualcosa di nuovo, innestando sul thriller finanziario un meccanismo noir, con la vendetta del protagonista, la figura di Marchioni, il confronto psicologico e le indagini della polizia. Così tanta carne al fuoco è concentrata in un’ora e mezza scarsa, e una durata più estesa avrebbe permesso di approfondire meglio certe dinamiche, che invece rimangono un po’ sullo sfondo. Curioso è l’accostamento di due personaggi così diversi per indole ed estrazione sociale, ma la parte più riuscita e corposa è quella con protagonista Popolizio: una tagliente messa in scena dei gangli del potere dove si muovono personaggi senza scrupoli, fra appalti, corruzione, squali della finanza e agganci politici.

Rimane un po’ più nell’ombra, un po’ più abbozzato, il personaggio di Marchioni (il Freddo della serie-tv Romanzo criminale, e ormai attore di spicco del nostro cinema), ma è comunque efficace nel suo ruolo di borgataro romano che vorrebbe rigare dritto dopo il carcere ma rimane coinvolto in qualcosa di più grande di lui. Popolizio – un altro volto noto e trasversale ai generi nel cinema italiano contemporaneo – giganteggia in una grande performance da cattivo: corrotto, cinico, amorale, puttaniere, disinteressato alla famiglia, spietato fino a compiere un omicidio in nome della vendetta e dei suoi interessi, un villain che non sfigura accanto al Michael Douglas di Wall Street. Zampino mette in scena – forse con troppi tecnicismi, ma che non inficiano la comprensione – le spirali del potere economico e politico, le lotte intestine nei colossi dell’industria, un mondo fatto di corruzione e ricatti: come si diceva, una durata maggiore avrebbe permesso di rimestare più a fondo, ma il quadro è già sufficientemente chiaro nella sua torbidità inquietante, e sfocia in una conclusione aperta, dove la verità non può emergere. La regia è efficace, asciutta e senza fronzoli, ma si concede anche alcuni preziosismi come il flashforward sull’incidente mortale della Parisi che apre il film, per poi andare a ritroso raccontando ciò che è accaduto e ritornare al tempo presente. Efficace è poi la ricostruzione di una Roma a due facce: una – quella dominante, il regno di Petrucci – fatta di edifici geometrici e uffici freddi, alienanti, quasi petriani, che convive con la periferia dove vive e lavora Laudato.