Anna Cavallo: intervista senza complessi

Dalla gavetta a Ti mangerò il cuore

Anna Cavallo si racconta in questa intervista senza complessi: dalla folgorazione sulla via di Damasco del cinema, vedendo Harry Potter a nove anni, agli studi di recitazione, alla dura gavetta, fino a Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa, che le dischiude un ruolo chiave, in cui ha accettato la sfida di recitare in versione nature. Un’attrice determinata, alla quale piace parlr chiaro… 

Anna, leggo nel tuo curriculum che hai interpretato due cortometraggi con la regia di Saverio Deodato, il figlio di Ruggero Deodato…

Sì, perché Saverio Deodato è stato mio insegnante, quando ho frequentato l’Accademia, e quindi lui, quando ha lavorato su alcuni corti e su due spettacoli che sono stati messi in scena dopo il percorso accademico, mi ha chiamata.

Come ti si è acceso il fuoco sacro per la recitazione?

Lo racconto sempre, perché è un ricordo molto nitido che ho. Molto sentito. Avevo nove anni ed era appena uscito al cinema Harry Potter, la prima saga. Mio padre mi portò a vedere il film… ho frequentato il cinema grazie a mio padre, sia vedendo film, sia cartoni animati, perché lui mi ci portava sempre. E ricordo benissimo che, proprio al termine del film,  gli chiesi: «Ma come si fa ad arrivare lì, cioè sullo schermo? Come fanno?». Lui non aveva capito bene cosa intendessi: «Ma in che senso?». Sai, pensava che mi riferissi a qualcosa tipo “fare la streghetta, la maghetta”. Rideva. E io: «No, no, io voglio fare quello che fanno quei bambini!»; «Ah, quindi l’attrice?». Sì. Mi spiegò che quei bambini erano degli attori, che interpretavano dei personaggi di finzione, al cinema, in televisione. Ah… «E tu vuoi fare quello?». Mio padre rideva, ma io ero proprio estasiata. E da quel giorno in poi, questa idea non mi ha più lasciata. Mio padre pensava che fosse una cosa da bambini, che mi sarebbe passata…

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E invece non è passata…

No. Negli anni, ho sempre cercato di coltivarla, questa ambizione. E, per dire la verità, sono stata un po’ostacolata dalla mia famiglia. Ho frequentato dei corsi nel mio paese, io sono pugliese. E quando ero piccola, potevo solo frequentare dei corsi così, molto basilari, che si tenevano a scuola. Frequentando il liceo classico con un indirizzo artistico, c’era la possibilità di seguire anche un corso di teatro. E lì mi cimentai un po’. Le strutture, in Puglia, allora non si erano ancora sviluppate come oggi. Comunque, arrivò il momento in cui feci una scelta e la comunicai in famiglia… Volevo fare l’attrice come mestiere, volevo studiare.

Non la presero bene, immagino..

No, sono stata molto ostacolata. Poi si è messa di mezzo anche la vita, per cui non sono riuscita subito a sganciarmi da lì, a venire a Roma. Ma alla fine ci sono riuscita, frequentando un’accademia privata, l’ASM di Sergio Martinelli, a Monteverde. C’erano dei numeri prestabiliti e io vinsi il provino. Dissi: “Ok, iniziamo così…”.

La prima volta sul set quando è stata?

Io ho veramente fatto tanta, tanta gavetta, a partire dalle comparse. Dopo il primo anno di Accademia, sono passata alle figurazioni speciali. La mia prima esperienza sul set è stata in Braccialetti rossi 2.

Quello di Campiotti…

Sì, Giacomo Campiotti. Fu una bella esperienza, che durò una settimana. In realtà, non dovevo essere confermata, anche perché, effettivamente, il primo giorno ero una comparsa, un numero. Poi, ho avuto modo di interagire un po’ con gli altri attori e anche con il regista, per cui mi confermarono e passai a fare la figurazione speciale, per una settimana. In scene dove c’erano esclusivamente i personaggi, al massimo due o tre persone, quindi magari riuscivi a dire giusto qualche battuta. Comunque, Campiotti, per quel poco, mi ha anche diretto: è un regista molto attento, che non lascia nulla al caso…

Spiegami bene, visto che l’hai vissutA sulla tua pelle, la differenza tra comparsa e figurazione speciale…

Diciamo che le cose, negli anni, sono un po’ cambiate. Quando io ho iniziato, parliamo di dieci anni fa, non esisteva praticamente differenza tra una comparsa e una figurazione speciale. Nel tempo, questa cosa è cambiata, infatti adesso la figurazione speciale viene proposta agli attori e viene, però, pagata da attore ed è riconosciuta a tutti gli effetti. Mentre la comparsa rimane semplicemente un numero, la può fare chiunque.

Serve per fare mucchio, per fare gruppo…

Sì, ha poca o nulla rilevanza. Non che la figurazione speciale sia chissà che, ma ha il suo piccolo spazio, che può essere una battuta, anche una battuta di due parole, che però, comunque, viene detta da un professionista. Oggi è così, però dieci anni fa non era così, e quindi prendevano un po’ chiunque.

Invece, il primo ruolo, mettiamola così, che ti ha dato soddisfazione…

Effettivamente, il ruolo che mi sta dando soddisfazione, se devo essere sincera, è proprio questo, in Ti mangio il cuore, che adesso è a Venezia e arriverà nelle sale il 22 settembre.  Quando feci il provino, mi fu detto che,  anche se non avevo tantissimissime pose, perché il ruolo principale, la guest star, è Elodie, però era una bella prova. Io ho sostenuto due provini, proprio con il regista, Pippo Mezzapesa, e quindi… sì, devo essere sincera, il ruolo che mi sta dando soddisfazione è questo.

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Il ruolo che tu hai nel film è quello di…?

Di Ramona, faccio una prostituta, una proprio di strada. Esercita la professione in una roulotte. E lei è un personaggio molto forte e ironico. La cosa bella è questa: Ramona vive molto alla giornata, non patisce il peso di ciò che fa o, quantomeno, non lo fa notare, non lo fa vedere. Ramona si approccia al protagonista, Francesco Patané, in modo molto ironico. Tra loro nascerà un accordo, un patto: non la chiamo “amicizia”, perché poi nella storia il  rapporto non viene sviluppato in questo senso. Però, l’imprinting è quello. Quando si incontrano la prima volta, lei si accorge subito che questo ragazzo è totalmente diverso rispetto agli uomini con i quali di solito si accompagna. Rimane quindi un po’ stordita dall’incontro, un po’ confusa. È la prima volta che le capita una cosa del genere. Soprattutto, si accorge della “purezza” di questo ragazzo, e quindi ne viene colpita. Infatti, non ci sarà un amplesso, il suo lavoro non si concluderà come al solito, ma si verrà a creare questo filo… Io l’ho immaginato in questo modo, anche quando ho girato, con Francesco Patanè. E gliel’ho detto: «Secondo me, c’è un filo tra questi due personaggi». Ramona lo aiuta a concludere un attacco mafioso, lui le chiede questo supporto per compiere un omicidio. Lei fungerà da chiave, da sentinella. Lui non è abiutuato a questa vita, non vorrebbe far parte di questo gioco, ma ci si ritrova e vede in Ramona un gancio. Io l’ho interpretato così il loro rapporto.

Tu hai delle scene di nudo, giusto?

Sì, ho una scena di nudo, proprio con Francesco. In realtà, all’inizio non era prevista negli accordi, però Pippo Mezzapesa è un regista che va anche molto a istinto e la mattina in cui dovevamo girare, mi ha comunicato che aveva avuto un’idea, stravolgendo totalmente la scena. Ovviamente, mi hanno chiesto la disponibilità e ho accettato subito, senza pensarci due volte. Perché, effettivamente, come l’ha pensata e come l’ha girata, cambiandola, era perfetta.

Le domande che si fanno sempre, anche abbastanza idiote… ma facciamola: il rapporto con il nudo…

Ma in realtà questa domanda me la sono posta anch’io (ride). Perché, sai, dopo magari rifletti… In questo caso, per me, è stato tutto molto istintivo, veloce e ne ho parlato anche con Francesco, perché ci siamo trovati a fare questa scena di nudo insieme, per la prima volta, perché anche lui non aveva mai sperimentato il nudo, e quindi ci siamo fatti “forza” reciprocamente. Però, la cosa essenziale, nel momento in cui sei sul set, e inizi le prove… e abbiamo provato per tre ore buone questa scena, perché, comunque, era piuttosto complessa… l’essenziale, dicevo, è la concentrazione. Se ti devo rispondere circa il nudo, è stato quello che mi ha aiutato. Nel senso che mi sono concentrata così tanto, ma davvero tanto, nel portare a casa la scena e nel farla nel migliore dei modi, rispetto a quello che stava cercando Pippo, che poi il fatto di essere nudi passava in secondo piano, lo avevamo proprio dimenticato. Infatti, più si provava, meno sentivamo imbarazzo. Si stava lavorando in modo professionale e non percepivi nemmeno più la sensazione di non avere gli abiti addosso. Devo dire che è stata una scoperta: sentirsi nuda, non è una sensazione negativa.

Altro tema sensibile: le difficoltà, di fare oggi l’attrice in Italia, obiettivamente credo esistano…

Tante. Molto, molto difficile. Sono anni, da quando ho concluso l’Accademia a oggi, che è un percorso a ostacoli. Ma anche poter accedere a determinati provini, pur avendo magari una grande agenzia, è difficile. È brutto dirlo, però se non ti trovi nel posto giusto, al momento giusto, con le persone giuste, vai molto più a rilento. La concorrenza è tanta, a maggior ragione se provieni dalla provincia o dal Sud, è ancora peggio. Sei svantaggiato rispetto a chi magari è nato o ha vissuto a Roma o nelle grandi città e che magari già da piccolo è stato indirizzato… insomma, il percorso è sicuramente più lungo e complesso. Anche le agenzie stesse… Io ho la fortuna, diciamo così, di essere in una grande agenzia… però, il problema delle grandi agenzia è che hanno grandi nomi e, ovviamente, danno spazio a questi grandi nomi, ma agli emergenti molto meno. Non so, mi pare funzionino un po’ al contrario, non sono ancora riuscita a capire il meccanismo. Dovrebbe essere l’inverso, nel senso che si dovrebbe spingere di più un’emergente, proprio per farla conoscere, anche semplicemente facendole fare più provini possibili. Il grande nome, ha già il nome. Non ha bisogno di essere spinto. Poi oggi, io sono un po’ all’antica, con questa questione dei social va tutto abbastanza, scusa il termine, a puttane. Danno spazio a gente che non ha nemmeno studiato, però magari ha un tot di followers e magari fa il provino, concorre con te e pigliano lei solo perché ha più visibilità sui social. Anche questo oggi incide tanto, ma tanto, tanto, tanto. Ci sono molte componenti che, diciamo, remano contro l’affermazione di una attrice emergente che non ha, almeno per quanto mi riguarda, agganci, e quindi si illude di andare ancora per meritocrazia. Credo però in questi valori, anche se è difficile crederci. Con l’impegno, magari ci metti più tempo, però, secondo me, arrivi.

Hai mai pensato all’estero?

In realtà, da qualche anno a questa parte mi è balenata l’idea della Spagna. Mi affascina…

Là oltretutto, hanno una produzione sterminata…

Infatti sto studiando la lingua. E avevo pensato di affacciarmi lì. Ma lo farò sicuramente, perché l’ho messo tra gli obiettivi prioritari.

In bocca al lupo…

Crepi…!