Featured Image

Saint Maud

2019
REGIA:
Rose Glass
CAST:
Morfydd Clark (Maud)
Jennifer Ehle (Amanda Kohl)
Lily Knight (Joy)

Il nostro giudizio

Saint Maud è un film del 2019, diretto da Rose Glass.

Maud (Morfydd Clark) è una giovane infermiera dalla forte fede in Dio, ora incaricata della cura fisioterapica di Amanda (Jennifer Ehle), una ballerina in pensione devastata dal cancro. Agli occhi di Maud, Amanda appare come una miscredente nichilista, e la ragazza si convince presto di poter salvare la propria paziente dalla dannazione. La cura del corpo muta in una cura dell’anima, mentre le idee salvifiche dell’infermiera prendono la forma di un’ossessione profonda. Ma Maud è anche scossa da impulsi aggressivi, scariche di violenza dedicate al prossimo suo che la ragazza risolve con un masochismo spietato: poggia la mano su un fornello accesso, fa lunghe passeggiate con le scarpe segnate dai chiodi, e dimostra un’attrazione preoccupante per il fuoco. L’autopunizione assume le connotazioni di un martirio, rivelando le implicazioni fisiche di un delirio psichico. La dicotomia mente-corpo è frequente nel film della Glass: in questo senso, lo stesso incontro tra Maud e Amanda pone in relazione due individui speculari. Maud vive un nuovo stato della mente, quello della fede (da lei confuso per uno stato dell’anima), che sembra assolverla dalla tentazione e avvicinarla al divino. Amanda, a sua volta, vive una nuova condizione, ma di tipo corporeo.

Proprio lei che è stata una danzatrice di successo si ritrova adesso vittima di quel corpo che le ha permesso a lungo di liberarsi ed esprimersi. Se quindi Maud sente un innalzamento dell’anima, Amanda subisce un decadimento del corpo. Da un lato vi è la speranza, dall’altro la disperazione. La regista Rose Glass, qui al suo debutto al lungometraggio, racconta questo dualismo desolante con colori acidi e soluzioni moderne. I movimenti della macchina da presa sono controllati, il ritmo è lento e l’orrore sussurrato. Una nuova consapevolezza raggiunta da Maud è rappresentata dal capovolgimento dell’inquadratura, mentre i momenti più feroci segnano la narrazione come schegge dolorose. Sottile e tagliente, Saint Maud è anche l’espressione di una nuova tendenza cinematografica: in un’era prettamente atea, il film di Rose Glass, così come Thelma di Joachim Trier, ricerca l’orrore nei demoni dei credenti, anziché in quelli della religione. Il demone adesso raccontato non può essere sconfitto con la fede, perché il demone è la fede stessa, che, esaltata a unica via possibile per sé e per gli altri, si apre a conseguenze estreme.

Maud è una nuova mamma di Carrie che, come lei, basa il proprio fondamentalismo su una macchia morale difficile da cancellare. Lo stesso scarafaggio che sembra seguirla e al tempo stesso guidarla è il suo passato nero, che si fa ora strisciante e ossessivo. Maud tenta così la via della salvezza, ma una sera si lascia sedurre dalle tentazioni: la ragazza capisce che il peccato è ancora vivo in lei, che continua a muovere i suoi istinti, e prova così a soffocarlo nella ricerca esasperata del piacere. Entrambe le strade, però, della salvezza e della dannazione, sono vicoli ciechi, perché il pensiero di Maud è tormentato, la sua mente intossicata e la sua vista ingannevole. I suoi stessi occhi, uno azzurro e l’altro marrone, sono marchiati dai tanti dualismi che la muovono e la costringono: sadismo e masochismo, morale e immorale, fede e peccato, bene e male. Tante pulsioni che potranno risolversi solo nella morte…