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The Great Wall

2016
Titolo Originale:
The Great Wall
REGIA:
Zhāng Yìmóu
CAST:
Matt Damon (William Garin)
Tian Jing (Lin Mei)
Pedro Pascal (Pero Tovar)

Il nostro giudizio

The Great Wall è un film del 2016 diretto da Zhāng Yìmóu

Andiamo in ordine cronologico. Siamo nel medioevo. Un meteorite capitombola sul pianeta Terra, da qualche parte in Cina, e procura una profonda voragine capace di mettere in contatto il mondo degli umani con quello dei mostri striscianti. Ogni sessant’anni i mostri striscianti, che per inciso sono simili a grossi cani verdi, fuoriescono a fare razzie. La dinastia regnante, quella dei Song, non sa più che pesci pigliare e chiede aiuto a due avventurieri barbuti provenienti dal lontano Occidente (Matt Damon e Pedro Pascal), che girovagano in lungo e in largo alla ricerca della misteriosa polvere nera.  Per Zhang Yimou, regista cinese qui alla sua prima coproduzione americana, girare film è come farsi una partita a dadi: è la casualità del lancio a determinare la direzione della storia, il perché e il percome degli avvenimenti.

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Il che non è necessariamente una colpa, perché il suo ultimo lavoro ci offre un campionario di luculliano surrealismo, come la scena in cui Matt Damon e il suo compare di scorribande chiedono alla corte dei cinesi: «Do you speak English?» E quelli gli rispondono: «Yes, we do». E poi ti accorgi che nell’angolo c’è quel gran faccendiere di Willem Dafoe, insegnante erudito di inglese e latino. Tra un po’ di blah blah e qualche manovra di alta strategia militare appuntata come a Risiko, The Great Wall si insaporisce presto con le spezie d’Oriente: ecco che ritornano i balletti coreografati della Città proibita (2007), le armature luccicanti, le femmine guerriere che uccidono a passo di danza, scene di cappa e spada da filmaccio piratesco che si aprono però all’alieno, al mostruoso, al preternaturale.

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Yimou usa il colore per nascondere la mancanza di idee, intaglia come un falegname per ovviare alla carenza di forma, riempie, satura e farcisce fino allo stramazzo. Se al posto dei rognosi cagnacci di colore verde avesse messo le fatine, i dinosauri o gli scheletri ballerini, nessuno se ne sarebbe accorto. Per lui è tutto un gioco, ben congegnato e senz’altro divertente, ma il suo non è cinema, semmai una specie di brutta copia per televisori di ultima generazione.