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Titane

2021
REGIA:
Julia Ducournau
CAST:
Vincent Lindon (Vincent)
Agathe Rousselle (Alexia)
Garance Marillier (Justine)

Il nostro giudizio

Titane è un film del 2021 scritto e diretto da Julia Ducournau.

Il titolo del secondo lungometraggio di Julia Ducournau, Titane, fa riferimento sia al metallo bianco che sta nella testa della piccola Alexia, dopo un incidente automobilistico, sia ai Titani, le divinità primordiali della mitologia greca, giganti che hanno preceduto gli dei dell’Olimpo. Alexia (la rivelazione Agathe Rousselle) e Vincent (Vincent Lindon in una composizione inedita) ci vengono presentati dalla regista come esseri transumani, addirittura sovrumani, con corpi e identità modificati da varie esperienze borderline che sfuggono alla ragione. Il termine “cinema di genere” può essere inteso in due modi diversi in Titane: come Genere e come Gender. Non ha senso considerare il film di Julia Ducournau come un nuovo avatar del cinema fantastico francofono, tanto Titane si affranca da tutte le regole. Ci sono certamente elementi presi in prestito dal “body horror”, ma questa deviazione attraverso il “gore” consente alla regista di mettere in discussione l’identità fisica e sessuale dei suoi personaggi, che si evolve nel corso del film. La metamorfosi, tema centrale del cinema sin dalle sue origini, viene reinterpretata in Titane in chiave molto contemporanea, attraverso il prisma della fluidità sessuale, e del superamento dei limiti corporei.

Il film è plasmato da ossessioni personali ma è anche attraversato dalle preoccupazioni della nostra epoca. La Ducournau getta uno sguardo amorevole sulla mostruosità, con tutto ciò che essa comporta di fascino e repulsione, ma anche di speranza e invenzione. La sua ambizione è quella di abdicare ai limiti della credibilità e quindi dell’immaginazione per avventurarsi in un territorio inesplorato, in termini di racconto e rappresentazione. Titane è una fiammeggiante manifestazione di film-mutante, la cui forma è in perenne evoluzione, proprio come quella dei suoi due protagonisti. In un film che mostra il corpo in tutti i suoi stati, le numerose sequenze di danza esprimono una forma di gioia e piacere, a differenza del dolore causato da droghe, cambiamenti fisici e violenza. Il cuore di Titane non riguarda il rapporto donna-macchina, o umano-auto, che è piuttosto un punto di partenza, ma l’incontro tra una donna-bambina psicopatica e un padre surrogato, a sua volta perseguitato dal fantasma di un figlio scomparso. È lo shock di due follie, di due solitudini e la nascita dell’amore, ciò che il film racconta. Al di là della sua oscurità, Titane è la storia di un tortuoso viaggio verso la riconciliazione e la libertà. La cui conclusione suggerisce la possibilità di un’utopia sentimentale e familiare, segnata dall’abolizione delle leggi sociali e morali e dei confini corporei e sessuali.