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There’s Nothing Out There

1991
Titolo Originale:
There's Nothing Out There
REGIA:
Rolfe Kanefsky
CAST:
Wendy Bednarz (Doreen)
Craig Peck (Mike)
Claudia Flores (Janet)

Il nostro giudizio

There’s nothing out there è un film del 1991, diretto da Rolfe Kanefsky.

Esistono storie di esordi cinematografici geniali e fortunati, come per esempio quello di Sam Raimi con Evil Dead. Esistono poi storie di altri esordi, sempre geniali, ma che per sfortuna o tempismo sbagliato non hanno permesso ai propri autori di arrivare al grande pubblico. There’s nothing out there appartiene al secondo gruppo ed è l’esempio lampante di come, a volte, l’avanguardia sia troppo avanti per arrivare al successo al primo colpo. L’opera prima di Rolfe Kanefsky è un horror, più precisamente uno slasher fantasy con incursioni comedy, un film freschissimo che gioca con i cliché del genere e con il linguaggio cinematografico, instaurando un dialogo diretto con gli spettatori appassionati per scandagliare e scardinare insieme i topoi dell’horror anni ’80. Soprattutto, There’s nothing out there può essere considerato il primo horror postmoderno di sempre, ovvero il primo meta-horror della Storia del cinema. C’è qualcosa che non torna, perché c’è un altro film che detiene lo stesso primato, Scream del 1996. Il film di Wes Craven sconvolse gli appassionati e l’industria riscrivendo l’horror, rilanciando il genere al botteghino dopo il collasso avuto all’inizio degli anni ’90. Basta fare due conti però per capire che c’è qualcosa che non va, perché il film di Kanefsky uscì ben cinque anni prima del film di quello Wes Craven. Questo sembra un rompicapo e a risolvere l’enigma ci pensa MUBI che, a distanza di più di 30 anni dall’uscita, sceglie di inserire nel proprio listino There’s nothing out there con la missione di riabilitare agli occhi dei cinefili un piccolo cult. Cult perchè il film è pura avanguardia se si pensa al periodo in cui è stato ideato, girato e distribuito, ma soprattutto perché la sua storia si lega proprio al primo Scream, che in qualche modo avrebbe ispirato, come spiega il breve documentario Copycat sempre disponibile su MUBI.

La trama di There’s nothing out there racconta di un gruppo di ragazzi decide di festeggiare lo spring break con una fuga al lago di un weekend. Ci sono tre coppie di fidanzati che non vedono l’ora di arrivare in camera da letto e un single, Mike, grande appassionato di cinema horror. Poco prima di arrivare nella cascina che li ospiterà, i ragazzi si imbattono in un incidente: una ragazza sembra sia stata aggredita da una bestia, ma del corpo non c’è traccia. Per Mike è un avvertimento nefasto, per il resto del gruppo invece nulla di cui tenere conto. Presto però le previsioni di Mike si riveleranno esatte e il gruppo si ritroverà a dover lottare contro una viscida creatura verde che vuole uccidere i maschi e possedere le femmine. L’esordio di Rolfe Kanefsky, che ha scritto in una notte la sceneggiatura di There’s nothing out there a soli 19 anni, sembra la classica trama di uno slasher anni ’80. C’è un incipit in cui muore una ragazza, personaggio slegato dal gruppo dei protagonisti, c’è una casa sperduta in mezzo alla natura, c’è un gruppo di giovani che vuole divertirsi e fare sesso e poi, chiaramente, c’è un mostro alieno che vuole uccidere tutti. Il plot sembrerebbe qualcosa di già sentito, una copia carbone di tanti altri titoli che nella metà degli anni ’80 macinavano valanghe di soldi al botteghino. Il film invece non ha nulla di già visto per l’epoca e, oltre a unire in modo graffiante la parte horror con l’umorismo, utilizza un registro completamente nuovo: destruttura l’horror attraverso il personaggio di Mike che enuncia gli elementi che si ripetono nei film horror e sfrutta la sua profonda conoscenza del genere per salvarsi la pelle.

Lui sa che nei film horror il primo che si accorge che c’è qualcosa che non va investiga per scoprirne di più, ma è anche il primo che muore, che il sesso è presagio di morte e che non si va in cantina da soli senza lasciarci la pelle. In fondo anche il titolo è decisamente metacinematografico: “Non c’è nulla lì fuori” suona come, “esco fuori a prendere la legna e torno subito” o “è solo un gatto”, riferendosi ad un micio spuntato dal nulla che spiega uno strano rumore sentito poco prima. Sono alcune delle battute che si ripetono in tanti film horror. Rolfe Kanefsky gioca con gli stilemi del genere per dialogare direttamente con gli spettatori che – come lui del resto – hanno macinato horror su horror e possono prendere parte attivamente alla partita. Meravigliosa la scena in cui Mike guardando in camera e ipotizza che lui e i suoi amici potrebbero essere all’interno di un film dell’orrore (in fondo lui ha visto qualsiasi horror disponibile), addirittura mostrando un microfono. Un corto circuito divertente e ambizioso che non rompe la quarta parete per svegliare gli spettatori, piuttosto usa quella parete per far rimbalzare una pallina con cui i cinefili horror possono giocare, rispondere e sentirsi coinvolti. Se si pensa che il film è stato girato in cinque giorni con soli 120.000 dollari che Kanefsky è riuscito ad ammucchiare bussando alla porta dei vicini e grazie ai genitori che si sono ipotecati la casa, il risultato è notevole. Certo la sceneggiatura può risultare nella parte centrale un po’ ripetitiva e gli effetti speciali posticci, ma la freschezza e la genialità di questa storia sono decisamente prorompenti per essere oscurate a questi elementi. In ogni caso There’s nothing out there è un titolo imprescindibile per chiunque sia appassionato di horror e per dovere storico va recuperato. Probabilmente su Rolfe Kanefsky e sul suo film, quei produttori che avevano intercettato il titolo avrebbero potuto puntare di più, anticipando così temi postmoderni che sarebbero esplosi di lì a poco come il nerdismo e citazionismo cifra di Quentin Tarantino (il film inizia proprio all’interno di una videoteca dove si alternano titoli horror e commedie slapstick) e il metahorror di Scream. Ma si sa: la cultura passa sempre dalle potenzialità di incasso e in quel preciso momento storico non c’era ancora spazio per un film horror che faceva più ridere che rabbrividire.