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The Wrath of Becky

2023
REGIA:
Matt Angel, Suzanne Coote
CAST:
Lulu Wilson (Becky)
Seann William Scott (Darryl Jr.)
Denise Burse (Elena)

Il nostro giudizio

 The Wrath of Becky è un film del 2023, diretto da Jonathan Millott e Cary Murnion.

La vendetta è un piatto che, notoriamente, va servito bello freddo. Ma se c’è una cosa che il caro vecchio John Wick ci ha insegnato in questi turbolenti e sanguinari annetti è che, così come una bella porzione di bastoncini di pesce, la vendetta a volte andrebbe scongelata per tempo, così da assaporarla appieno ancora e ancora, fin che morte non ci separi. E se proprio dalla cupa mietitrice la giovane e letale Becky (Lulu Wilson) era faticosamente riuscita a svicolare – dopo aver fatto emoglobinico scempio degli sporchi, brutti e cattivi invasori neonazisti venuti a reclamare una misteriosa chiave dall’ex compagno di svastica e di lei rinsavito paparino –, stavolta la nostra tostissima Jane Rambo dal biondo crine si troverà a dover sperimentare sulla propria candida e coriacea pellaccia il celebre adagio secondo cui i guai sono un po’ come i cani da riporto: più ti ci allontani più finisce che ti scoveranno per darti una viscida leccata sul naso. Guai che si presenteranno stavolta non più come adoratori del baffuto zio Adolf ma bensì nelle stinte vesti di fascistoidi, misogini e ultranazionalisti seguaci di QAnon, rei non tanto di voler bissare le pericolose performance insurrezionistiche dei compagni di Capitol Hill, quanto piuttosto di aver tramortito la nostra cazzuta (anti)eroina, freddato la di lei unica amica nonché anziana padrona di casa (Denise Burse) e, cosa più importante, di averle fottuto sotto il bel nasino l’amato mastino da compagnia.

Tutto si può perdonare, ma, così come l’ombroso Keanu Reeves ci ha ben dimostrato, il furto o la dipartita di un amico a quattro zampe esige, sempre e comunque, tremenda e incollerita vendetta. Ed è così che, dismesso catarticamente l’innocente orecchiuto berretto di lana e inforcato un fresco e maturo outfit vagamente in odor di Ghostbusters, la nostra già incattivita Becky si trasformerà nell’ancora più spietato e ingegnoso angelo sterminatore di The Wrath of Becky, non aspettando certo, come fu nel precedente capitolo, che Maometto venga alla di lei montagna ma piuttosto portando stavolta la montagna e tutte le sue dolorose sorpresine dritte dritte nell’isolato boschivo covo di questi buzzurri Noble Men e del loro esaltato leader Darryl (Sean William Scott), simili a tal punto ai trumpiani Pround Boys da condividerne tanto i suprematisti appetiti quanto il risicato quoziente intellettivo. Ed è proprio su quest’ultimo fondamentale handicap che la nostra scaltra dispensatrice di morte e dolore farà pieno affidamento, intessendo un nuovo succoso dispiegamento di insidiosi ammennicoli di offesa che nemmeno la versione più sadica del piccolo Kevin di Mamma, ho perso l’aereo avrebbe mai potuto concepire. A dimostrazione di come simboli e casacche possano certamente cambiare, ma la sete di vendetta, anche a distanza di qualche annetto, rimane pungente e insaziabile per i secoli dei secoli.

È un body count decisamente più contenuto, tanto in termini di quantità quanto di crudeltà, quello apparecchiatoci da Matt Angel e Suzanne Coote all’interno di questo appetitoso The Wrath of Becky, attenuando parecchio la meccanica del celeberrimo armamentario di morte coreografato nel precedente capitolo dalla magica coppia formata da Jonathan Millott e Cary Murnion per andare, stavolta, dritti dritti allo splatteroso nocciolo della questione. Meno MacGyver e più Kill Bill, insomma, concedendo poche ma buone sequenze di ferimento e conseguente morte fra i più atroci e creativi dolori che frecce in titanio, trappole uncinate, coltelli e più che fidati machete possono offrire. D’altronde c’è poco da fare avendo tra le grinfie una sceneggiatura come quella cucinataci proprio dal duo Millott-Murnion che, seppur adagiandosi in gran parte sul vassoio del già visto e non potendo scacciare del tutto il pungente retrogusto di piatto riscaldato tipico di qual si voglia seconda portata, ha in sé il pregio di viaggiare col pilota automatico, facendo dannatamente bene il proprio lavoro spingendo a manetta sul caro vecchio pedale del pulp più anarchico e irriverente. Se poi ci aggiungiamo un tostissimo musetto da schiaffi come quello della bella Lulu Wilson – così sfacciata nella sua inziale mise da tutt’altro che innocente cameriera da richiamare subito alla mente l’altrettanto insidiosa infermierina sexy Carey Mulligan di Una donna promettente – beh, allora si può ben dire che il pranzo, lo spettacolo e la conseguente carneficina non possono che essere serviti. Magari non proprio freschi di giornata, ma certamente gustosi per una seratina ben al sangue, condita di una Wrath che non è certo quella dello stathamiano Man ma bensì della ferina, irriverente e altrettanto spietata Becky.