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The World to Come

2020
REGIA:
Mona Fastvold
CAST:
Vanessa Kirby (Tally)
Katherine Waterston (Abigail)
Christopher Abbott (Finney)

Il nostro giudizio

The World to Come è un film del 2020, diretto da Mona Fastvold.

Un film al femminile, una storia lesbica più di riscatto che di sesso, The World to Come, presentato in concorso a Venezia 77 dalla norvegese (ma di stanza a Brooklyn) Mona Fastvold, già regista di The Sleepwalker visto al Sundance 2014. Una donna che dirige una storia di donne (tratta da un racconto di Jim Shepard). Déjà vu, potrebbe obiettare qualcuno. E invece ciò che offre la Fastvold è un film originale, e ben fotografato da André Chemetoff, anche se non privo di limiti: una storia saffica che si sviluppa in un contesto antico e disagiato, nell’America del 1856, laddove le profonde  campagne dello stato di NY sono gelide d’inverno e meravigliosamente fiorenti in primavera. Ed è in un arco di tempo di sette mesi, da gennaio ad agosto, come sottolineano i cartigli anticati, che si snoda la vicenda. Sin dalla prima scena, con lunghe e ridondanti riprese dal basso di potenti arbusti, grondanti di foglie mosse dal vento, si annuncia una struttura vagamente malickiana. Abigail (Katherine Waterston, la anglo-americana di Animali fantastici e dove trovarli) è una contadina insoddisfatta che conduce una vita fondata sulle mucche da mungere, sui clisteri a base di melassa, acqua calda e lardo da infliggere al marito raffreddato (Casey Affleck che coproduce) e poco digeribili occupazioni casalinghe. A vivacizzare la monotona routine, giunge la splendida rossa Tallie (Vanessa Kirby, a Venezia anche con Pieces of Woman), anch’ella sposata, ma con un  tipaccio prepotente e solo apparentemente cordiale (Christopher Abbott).

Le due donne, già dal primo incontro, intuiscono, a sguardi e sorrisi, che fra loro nascerà qualcosa di più che una semplice amicizia o un rapporto di buon vicinato. E lo capisce anche lo spettatore. Girato in Romania, The World to Come – ed è questa la sua maggiore pecca – è quasi costantemente raccontato dalla voce fuori campo di Abigail che tiene un diario, espediente che, alla lunga, appesantisce la fruizione. Inoltre, se è pur vero che i look delle due belle donne non sono molto credibili per due contadine delle campagne nord orientali degli Stati Uniti del diciannovesimo secolo, è altrettanto vero che questa improbabilità estetica non influisce poi molto sulla struttura e il senso più profondo del film. Esagera, Davide Turrini su Il Fatto Quotidiano quando scrive che le scene saffiche si limitano a «un gelido anelito interiore di speranza futura tutto a beneficio del mondo che verrà». Ma un po’ di ragione ce l’ha quando afferma che «dopo aver scavato per raccogliere patate, spalare letame, e pulire il becco alle galline», le donne si ritrovano «con i vestiti lindi privi di schizzi di fango». Come Liz Taylor nella Cleopatra di Joseph LMankiewicz, quando si intravvedeva il reggiseno sulla schiena dell’attrice sotto la tunica egizia? No. Le scene saffiche (poche e solo accennate) le ho trovate molto sensuali, soprattutto quelle del primo approccio: la Kirby, apparentemente la più spregiudicata, avvicina la bocca alla Waterston, poi si ritrae e la Waterson contrattacca e si scatena in un bacio appassionato, represso da mesi, incontenibile. «Sai di  biscotto», sussurra Abigail a Tallie. Gioia e stupore i sentimenti esplosi.

Certo siamo lontani anni luce dalle scene lesbiche de La vita di Adele di Abdellatif Kechiche, ma ci troviamo piuttosto dalle parti de La battaglia dei sessi di Dayton &  Faris con i lingua in bocca fra la Stone (Emma) e la Riseborough. Il che, però, non è meno sensuale. Felice nel suo nuovo vestitino blu comprato al mercato, Abigail comincia lentamente a ritrovare se stessa; esulta quando Tallie le regala per il compleanno un agognato atlante degli States mentre il marito si limitava a una scatola di sardine citandole la Bibbia (Efesini 5:33); con lui smette di scopare, come pure Tallie, che non vuole figli, fa con il marito. Abigail riesce persino a elaborare il lutto per la morte della figlioletta, uccisa a 4 anni dalla difterite. Poi, però, arriva la tempesta, simbolica e distruttiva. Una tormenta di neve che neppure quella di Sogni di Kurosawa. Tallie, coinvolta dalla bufera, ne esce incolume, ma ben presto il marito se la porta via, lontano. Il buon coniuge di Abigail la accompagna alla ricerca dell’amica-amante, ma…. E qui mi fermo per non svelare il finale di The World to Come. Le due, che immaginiamo siano nude, a letto, sono solo un flash-back appena accennato.