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The Turning

2020
REGIA:
Floria Sigismondi
CAST:
Mackenzie Davis (Kate)
Finn Wolfhard (Miles)
Brooklyn Prince (Flora)

Il nostro giudizio

The Turning è un film del 2020, diretto da Floria Sigismondi.

Di Floria Sigismondi si ricorda ancora l’ottimo The Runaways, biopic musicale sulla storia dell’omonimo gruppo e dell’amicizia tra Joan Jett e Cherie Currie. Incredibile ma vero, fino a quest’anno, il suo unico lungometraggio. Dopo un decennio in cui ha continuato a girare videoclip di importanti star della musica e ha diretto episodi di serie mainstream come The Handmaid’s Tale, Daredevil e American Gods, siamo arrivati alla fine alla sua seconda pellicola: un horror. Anzi, un riadattamento de Il Giro di Vite di Henry James. Un film che già dalla fase produttiva ha avuto i suoi discreti problemi (all’inizio lo doveva produrre Spielberg) e i cui unici superstiti ab origine sono i gemelli Hayes (sceneggiatori dei due The Conjuring). Problemi che, purtroppo, sembrano essersi impietosamente riversati sulla buona riuscita di questa trasposizione, specialmente in un errore di scrittura grande e grosso come la dimora gotica in cui è ambientata. The Turning, aldilà dell’ambientazione anni ‘90, nelle premesse è fedele al romanzo su cui è basato: la giovane Kate accetta di lavorare come istitutrice presso una enorme villa dove vivono Miles e Flora, due orfani, insieme alla loro governante, la signora Grose.

Col passare dei minuti vediamo però emergere diverse sotto-trame originali, alcune interessanti e altre che, nei meccanismi, riportano alla mente altri titoli di genere. Certamente il film ci mette un po’ a carburare e si perde ogni tanto in dialoghi troppo prolungati, tuttavia si nota da subito la bravura e l’amalgama degli interpreti, da una Mackenzie Davies intensa ad un Finn Wolfhard che continua a dimostrare di essere tra i giovani interpreti più versatili di quest’ultima covata, senza dimenticare l’ottima Barbara Marten nel ruolo di Mrs. Grose. La regia della Sigismondi sembra, in prima istanza, andare a braccetto con la sceneggiatura degli Hayes, tuttavia la tensione latita in diversi passaggi scenici. La narrazione offrirebbe anche degli spunti interessanti, in grado di conferire alla trama delle atmosfere più malate e morbose, in particolare per quanto riguarda il rapporto che si potrebbe instaurare tra la giovane e bella tata e l’adolescente con problemi comportamentali. Niente, tutto appare disatteso a favore di una storia gotica classica, facilona e ben piantata su un terreno familiare allo spettatore che si sa accontentare.

Per quanto riguarda quello che ben conosce la storia di fantasmi scritta da James, la sorpresa c’è ed è la cosa che più rimarrà impressa di questo film, nel bene e nel male. Sì perché, rispetto ad altre recensioni che leggerete sul web, qua troverete un’opinione probabilmente impopolare. Il finale di The Turning, su cui, da gennaio (mese in cui è uscito nelle sale americane), si sta ancora parlando in negativo, è, a mani basse, la cosa migliore del film a livello puramente cinematografico. È incoerente, privo di costruzione e completamente staccato dal resto: questa è la sua condanna. Circa cinque minuti in cui, aldilà di tutto, se ne va l’insipidezza e si vede ciò che l’horror deve fare e (non) mostrare. Difficile dunque usare altri termini per questo film oltre a “malriuscito”, anche se permane il rimpianto e la malsana idea che l’impostazione giusta fosse proprio quella del finale: riscrivere davvero un classico della letteratura, privando lo spettatore di punti di riferimento certi e risparmiandogli una visione in fin dei conti noiosa .