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The New Pope

2020
REGIA:
Paolo Sorrentino
CAST:
Jude Law (Lenny Belardo/Papa Pio XIII)
John Malkovich (John Brannox/Papa Giovanni Paolo III)
Silvio Orlando (Angelo Voiello)

Il nostro giudizio

The New Pope è una serie tv del 2020, creata e diretta da Paolo Sorrentino.

Più profano che sacro. Molto umano e poco divino. Intensamente diabolico e brevemente angelico. Al premio Oscar Paolo Sorrentino piace vincere facile. Come ne La grande bellezza (2013) anche in The New Pope, il sequel di The Young Pope, musica, sesso e peccato la fanno da padrone. Con tutto ciò che comporta. Isterie, distorsioni, fragilità all’ombra di una Chiesa che dietro l’ufficialità delle sue mura si rivela fatta di uomini, con i loro pregi e i loro difetti. Sorrentino non delude in questo film formato serie tv prodotto da SKY, HBO e Canal+. Anche per quanto riguarda le critiche. Il Patriarcato di Venezia, infatti, attacca la sigla e stigmatizza con una nota le relative scene girate nell’ex monastero della Fondazione Cini sull’isola di San Giorgio. Nel mirino la grande croce fluorescente davanti alla riproduzione delle Nozze di Cana di Paolo Veronese e il balletto lesbo-sexy di improbabili (tutte giovani e belle) novizie di clausura proprio ai suoi piedi. Una coreografia degna di lady Ciccone, alias Madonna. Veniamo alla trama. Lenny Belardo-Pio XIII (Jude Law) è in coma e il Vaticano rischia di andare alla deriva. A mantenere l’ordine e a far funzionare le cose in mancanza di un pontefice è il pragmatico Segretario di Stato, il Cardinal Angelo Voiello (Silvio Orlando), che, dopo una parentesi tanto imprevedibile quanto misteriosa, riesce nell’impresa di far salire al soglio pontificio Sir John Brennox (John Malkovich) un aristocratico inglese moderato, affascinante e sofisticato che prenderà il nome di Giovanni Paolo III. Dopo le bizzarrie del giovane Papa, quello nuovo sembra semplicemente perfetto, ma in realtà anche lui cela una particolare fragilità e dei segreti. Per Sorrentino “Dio non gestisce le nostre vite, non corregge le nostre debolezze. Dio non ferma la nostra mano che si immerge nel peccato. Tutto ciò che fa Dio è amare”. Il primo episodio inizia con Paolo XIII in coma apparentemente irreversibile, ricoverato all’Ospedale San Giovanni e Paolo a Venezia. Morto un Papa se ne fa un altro. Ma lui non è morto, non ancora per lo meno. Ha proprio ragione lo stesso Lenny Belardo quando in The Young Pope dice che “l’assenza è presenza e genera curiosità”.

Il pontefice giace come un Cristo deposto dalla croce, velato come la misteriosa statua di Nostro Signore Gesù custodita nella cappella Sansevero a Napoli. Una novizia si prende cura di lui. Lo lava, anche nelle parti più intime. Tanto quanto basta per scatenare una scena di autoerotismo che si conclude con l’orgasmo della giovane donna. Già dall’inizio si insinua che Lenny Belardo, dotato di poteri soprannaturali, possa essere sia Cristo, sia l’Anticristo. In fondo il male e il bene sono una percezione. E la percezione, come dice il misterioso faccendiere Bauer (Mark Ivanir), è tutto. Mentre il resto è una prerogativa di quella monotonia che i sempliciotti si ostinano a chiamare realtà. Ma non finisce qui. Anche il nuovo Papa non è un personaggio immacolato: per dormire sembra dover far uso di sostanze stupefacenti e quando conosce Sofia Dubois (Cécile de France), responsabile della comunicazione per la Santa Sede, immagina di ricevere da lei una fellatio attraverso una glory hole. In fondo, la religione è la narrazione più grande alla quale un uomo può aspirare, a costo di patteggiare con qualsiasi compromesso. “L’arte, la letteratura sono dei piacevoli passatempi al confronto” chiosa Giovanni Paolo XIII. Il mondo delle confessioni, che rende tutti potenziali ricattatori e ricattati, è parte integrante del racconto. Un intreccio di vite che confessandosi reclamano di essere narrate. È il caso di Esther (Ludivine Sagnier) rimasta incinta del marito grazie a Pio XIII e al suo tocco miracolistico. Perché dal suo stato comatoso, Papa Lenny Belardo ha la facoltà di uscire sotto forma di spirito-fantasma e di prendersi cura del bene e del male di molti. Ma Esther ha bisogno di soldi per provvedere a se stessa e al figlio. Accetterà, quindi, la proposta di una ricca signora romana disposta a pagarla per soddisfare gli istinti del figlio dalle sembianze mostruose?Il novello Minotauro è il frutto di un incesto inconfessabile? Sulle note dell’Ave Maria di Shubert, Esther si prepara a fare i conti con un destino diverso e a decidere tra sesso e amore. Tra il primo che non ha valore perché vive e muore nel presente, e il secondo che è pericoloso perché guarda al futuro.

“Ogni volta che non vediamo la bellezza è perché la verità è rimasta nascosta” suggerisce Sorrentino. I riferimenti a fatti di cronaca e misteri irrisolti sono costanti. Trame politiche, corruzione e faccendieri a fare da intermediari tra la Santa Sede e lo Stato italiano. In un capitolo sembra di intravedere anche la presenza di Emanuela Orlandi. O, forse, ogni riferimento è puramente casuale e frutto della fantasia dello spettatore che non può sottrarsi al gioco del dejavu. Degni di nota i due cammei: uno con Marilyn Manson (ingrassato) e l’altro con Sharon Stone ai cui piedi fanno bella mostra un paio di scarpe Louboutin tacco dodici, quelle con l’iconica suola rossa. Tutta la serie è volutamente ed esageratamente iconoclastica e visionaria, a tratti ridondante. La sceneggiatura non perde un colpo, se si esclude l’incipit del primo episodio che sembra destinato a non decollare mai. Poi il racconto prende il via e Sorrentino, come per una sinfonia, è un abile compositore e direttore d’orchestra. Emerge con chiarezza anche il tema dei diritti della donna all’interno della Chiesa prendendo spunto dalla condizione delle suore di clausura che assistono alle necessità dei Cardinali e che protestano chiedendo più diritti. Salvo essere subito riprese dal segretario di Stato Angelo Voiello, un moderno cardinale Richelieu con una passione sfrenata per il suo Napoli (“I diritti sono negoziabili perché appartengono agli uomini. I riti no, perché appartengono a Dio”). Anche le suore femministe di The New Pope, come tutti, nascondono i propri lati oscuri: chi è malata, chi è rimasta incinta, chi abusa e chi è abusata. Ma i guai in Vaticano si fanno sempre più grossi. La settima, l’ottava e la nona e ultima puntata ruotano intorno ai due Papi. Quali dei due è destinato a governare? E, soprattutto, perché? Pio XIII risorgerà dal suo stato comatoso per gestire in prima persona le trame del racconto oppure Giovanni Paolo III espierà il suo peccato inconfessato per tornare a pieno titolo sul trono pontificio?

Tutto gioca sulla dicotomia tra presenza e assenza. D’altronde non poteva essere altrimenti, visto che il nuovo segretario di Stato è il cardinale Mario Assente (Maurizio Lombardi): nomen omen . L’attore fiorentino mostra tutta la sua abilità nell’interpretare un cattivo (come in The Nest-Il Nido)  e si trasfigura nell’uomo “che voi tutti vorreste odiare”. Ma la realtà è atroce e supera la fantasia. Il califfo mostra finalmente il suo volto. Il suo odio si concreto e sfocia in una nuova stagione di attentati. Saranno, veramente, frutto del fondamentalismo islamico? Per dipanare la trama e fugare i molti dubbi, allo spettatore non resta che chiedere aiuto a Joseph Roth“È scritto che giungerà un tempo in cui l’Anticristo sarà seduto sul soglio di Pietro ricoperto di tutti i segni della dignità pontificia. Mi dica, è già arrivato questo momento?”. In The New Pope, Sorrentino si fa apprezzare per la capacità e la qualità in ogni aspetto della regia, ma anche per un’altra dote, la scrittura. Il monologo di Angelo Voiello in occasione del funerale del suo unico amico Girolamo, un ragazzo gravemente disabile, è di una bellezza disarmante: “Perché Girolamo ama la gentilezza. Girolamo è tutto quello che noi non siamo. E questo è il motivo per cui siamo riuniti oggi, per celebrarlo, perché non siamo come lui e perché vorremmo essere come lui. […] Girolamo è il mondo che soffre. Girolamo è il mondo che ama”. E se alla cerimonia fosse stato presente Jep Gambardella, siamo sicuri che avrebbe commentato con la famosa frase della Grande Bellezza: “Finisce sempre così, con la morte, prima però c’è stata la vita, nascosta sotto i bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto nella coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo, bla bla bla bla..”