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The Equalizer 3

2023
Titolo Originale:
The Equalizer
REGIA:
Antoine Fuqua
CAST:
Denzel Washington: Robert McCall
Dakota Fanning: Emma Collins
Eugenio Mastrandrea: Giorgio "Gio" Bonucci

Il nostro giudizio

I detti, così come i pezzetti dell’Allegro Chirurgo, vanno presi, come si sul dire, con le pinze. E se è pur vero che, a rigor di logica, nella vita così come nel cinema non ci può mai essere un due senza un tre, dopo un primo solidissimo capitolo – divenuto a suo modo un piccolo cult dell’action 3.0 – e un onesto seppur pasticciato sequel con decisamente più lodi che infamie, da una tutt’altro che definitiva chiosa come The Equalizer 3 era lecito attendersi, se non un di più, quantomeno un dignitoso minimo sindacale. Quel minimo di botte, sangue, violenza alé alé che l’ombroso ex agente segreto della DIA, incarnato sin dal 2014 da un calvo e abbottonato Denzel Washington, non ha sinora mai lesinato di offrirci su di un piatto d’argento macchiato di sangue. Ma si sa: il tempo passa e tutto, prima o poi, se ne va. Compresa la voglia di un muscoloso mestierante come Antoine Fuqua di andare oltre i facili stereotipi e cliché da cartolina per offrici un’avventura che, almeno stando al roboante sottotitolo, avrebbe dovuto essere Senza tregua ma che, nella sua spasmodica voglia di essere un John Wick 2, finisce irreparabilmente per attestarsi più sui bassissimi livelli di un The Tourist senza alcuna arte né altrettanta parte. Seguendo infatti l’ormai dilagante moda delle sganasciate yankee in trasferta nel nostro Bel Paese – sdoganata dalla florida stirpe degli 007 e di recente pecionamente consolidata dalla sgasante tamarraggine di Fast X –, stavolta anche il nostro letale Robert McCall, sopravvissuto per il rotto della cuffia all’ennesimo tentativo di accoppamento da parte degli ennesimi loschissimi figuri, sembra non aver potuto resistere all’esotico richiamo dell’inno di Mameli, costretto, proprio malgrado, a vivere delle alquanto insolite Vacanze Campane forzate in quel del ridente paesello di Altamonte.

Ed è appunto in questo spensierato e sonnacchioso avamposto di un’anacronistica italietta da agenzia viaggi tutta sole, mare, Camorra, Timballo, carabinieri corrotti ed immancabile mandolino che l’ormai imbolsito ed acciaccato ex assassino governativo sembra deciso ad appendere pistola e silenziatore al chiodo una volta per sempre, pronto a godersi il meritato riposo del guerriero tra cenette in osteria, caffettini pomeridiani in centro piazza serviti dalla bella e dolce Aminah (Gaia Scodellaro), festose sagre patronali e la bonaria ospitalità del dottor Enzo Arisio (Remo Girone), suo salvatore e nuovo fedelissimo cumpà. Ma come ogni coriaceo e pre pensionato anti eroe western o noir amante di Gian Pieretti ben sa, “qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai”; soprattutto quando il nuovo paradiso che ti sei scelto per leccarti le ferite sembra essere caduto da tempo nelle grinfie di una malavitosa cricca capitanata dallo spietato scugnizzo Marco Quaranta (Andrea Dodero), le cui loschissime importazioni di prodotti vinicoli provenienti dalla Siria parrebbero celare un ancora più losco traffico internazionale di stupefacenti impiegati per finanziare nientemeno che il terrorismo jihadista. E poiché la giustizia, così come il primo amore, non si scorda mai per davvero, il nostro ringalluzzito Giustiziere della Notte, del Giorno e pure del Pomeriggio deciderà di scendere nuovamente in campo armato, oltre che di proiettili e jujitsu, anche e soprattutto del solito sornionissimo aplomb da motherfucker patentato, coinvolgendo persino la giovane agente CIA Emma Collins (una spaesatissima Dakota Fanning) in questa sonnolenta e patinata resa dei conti da Costiera Amalfitana che, non fosse per qualche annacquatissima iniezione di testosteronica violenza a stelle e strisce, nulla avrebbe di diverso da una qualunque puntata di Gomorra.

E se è pur vero che, in materia di criminalità e brutti ceffi, tanto Sollima quanto Fuqua di esperienza ne hanno certamente più che da vendere, laddove il primo dimostra quantomeno di conoscere a dovere ciò di cui parla e che, dunque, si trova a filmare, il secondo non può fare a meno di pagare tutto lo scotto di una gita fuori porta in una terra e in una cultura a lui del tutto straniera, assorbita per lo più attraverso mezzo secolo abbondante di storpiata mitizzazione cine-televisiva di cui anche questo The Equalizer 3 non può che essere inevitabilmente figlio e al contempo vittima. Del ritmo, del tono e soprattutto dell’epicità tanto cara alla saga ideata dalla penna di Richard Wenk rimane qui davvero ben poco se non nulla, riducendo il tutto a un manipolo di sgherri ingioiellati in tuta e sneakers intenti a ordire malfamati piani scofanandosi un bel piattone di spaghetti, imbambolatissimi tutori dell’Arma usciti dritti dritti dagli scarti di montaggio di Squadra Antimafia, vessati paesanotti da musicarello fermi ancora al boom economico e, ultimo ma non ultimo, un bradipeggiante e poco convinto Denzel in evidente vacanza premio (stra)pagata, intento a gigioneggiare con la solita cazzimma da Romeo Er Mejo der Colosseo per una buona oretta abbondante prima di ricordarsi di botto di essere un killer e per giunta protagonista; rimettendosi in sesto in fretta e furia e trascinando, a suon di poco convinti schiaffoni ed egualmente poco ispirati ammazzamenti strategici, l’ultima mezz’oretta sino ad uno dei più loffi ed anticlimatici epiloghi che il cinema d’azione degli ultimi quindici anni abbia mai avuto l’onore e il disonore di ospitare. Vedi Napoli e poi muori, si dice in giro. Ma se il tutto deve ridursi ad una Napoli violenta made USA sullo sfondo di un stereotipatissimo spottone del Ministero del Turismo, con tanto di partenopea catartica kumbaya finale, beh, forse il suicidio preventivo sarebbe un’opzione da prendere quantomeno in considerazione; con o senza assistenza.