Featured Image

Non sono un assassino

2019
Titolo Originale:
Non sono un assassino
REGIA:
Andrea Zaccariello
CAST:
Riccardo Scamarcio (Francesco)
Alessio Boni (Giovanni)
Edoardo Pesce (Giorgio)

Il nostro giudizio

Non sono un assassino è un film del 2019 diretto da Andrea Zaccariello.

Il regista sassolese proietta sul grande schermo l’omonimo best seller di Francesco Caringella. Che se ne facciano subito una ragione le groupie dedite al culto di Riccardo Scamarcio versione Tre metri sopra il cielo. Dio, il loro, è morto. E al suo posto è risorto Lucifero, se mai ce ne fosse stato bisogno. Per rammentare che il Diavolo esiste, è tra noi e in noi. Meno bello e sempre più dannato, l’attore e produttore tranese in questa pellicola porta in scena, infatti, la sua parte migliore. Il lato ombra. Quello che abbiamo già gustato nel 2018 nelle vesti di un affermato quanto spregiudicato imprenditore ne Il testimone invisibile di Stefano Mordini e nella parte di uno yuppie fuorilegge nella Milano da bere ne Lo spietato di Renato De Maria del 2019. La trama è la storia di tre uomini – un vice questore, un giudice e un avvocato – che, amici fin dall’adolescenza, prendono strade diverse per poi ritrovarsi nuovamente insieme di fronte ad un cruciverba giudiziario. Francesco Prencipe (Riccardo Scamarcio) è il vice questore accusato dell’omicidio dell’amico giudice Giovanni Mastropaolo (Alessio Boni), un uomo senza macchia e senza paura che combatte a muso duro contro la criminalità. Per dimostrare la sua innocenza, Francesco sceglie come avvocato difensore Giorgio Annichiarico (Edoardo Pesce), anche lui amico di vecchia data in difficoltà per un amore non corrisposto e per la dipendenza dall’alcol. Il film inizia all’alba. Il vice questore Francesco Prencipe, è uscito di casa per raggiungere il suo migliore amico, per l’appunto il giudice Mastropaolo. Non lo vede da due anni. Quella stessa mattina il giudice viene trovato morto. Con un colpo di arma da fuoco che gli ha trapassato il cranio.

Assassinato, forse, perché aveva scoperto troppo su un’organizzazione criminale operante in territorio pugliese. O forse no. Francesco è l’ultimo ad averlo visto e le immagini del passato si accavallano a quelle del presente nel disperato tentativo di arrivare al vero assassino. E alla verità di una vita intera. Nel frattempo, l’imputato deve dimostrare la propria innocenza alla P.M. Paola Maffa (Claudia Gerini) determinata a farlo condannare all’ergastolo. Ma che un giorno, incontrandolo nel bagno della procura, sembra pregustare una scopata senza cerniera, stile Erika Jong in Paura di volare. La Gerini, nei panni di una cazzuta siciliana, parla con voce bassa e roca che vorrebbe ricordare quella di Don Vito Corleone interpretato da Marlon Brando ne Il Padrino. Mentre Alessio Boni spende quattro ore di trucco al giorno per farsi brutto e prestare il volto stempiato e smagrito al giudice tutto d’un pezzo. “Il regista, mi ha detto: devo trasformarti completamente, il tuo personaggio è all’ombra di Riccardo Scamarcio. Non ci devono essere due estetismi che si ritrovano a combattere” chiosa Boni in un’intervista. In Non sono un assassino, il mai sopito triangolo fraterno sembra riprendere forma e forza in età adulta. Negli anni, a non separarli è stato un segreto, mai svelato e sempre celato in un cassetto. Ed è una chiave, quella dello stesso misterioso cassetto, a fare da testimone al legame fraterno. Dall’inizio fino alla fine del film. Passata ripetutamente di mano in mano dai tre amici, la chiave si fa simbolo di riconoscimento e di controllo.

Anche di quel patto di lealtà che Giovanni Mastropaolo – la vittima – stringe con gli amici e che, per molte ragioni, è così difficile da rispettare. “Il male fa parte di te, impari a conviverci, non lo schiacci, perché schiacceresti te stesso. Kafka insegna” dichiara Alessio Boni a Roma, all’anteprima stampa della pellicola. Ma perché partire da un romanzo per raccontare al cinema una storia noir? Nel caso di Zaccariello si tratta di mettere mano ad una solida ossatura precostituita che il regista scardina sbizzarrendosi in flashback e flash forward dalle linee temporali contorte, ma per nulla appesantite dal montaggio di Massimo Quaglia. E racconta i tre protagonisti adolescenti, giovani uomini e uomini di mezza età. Sta in questo la libertà dell’autore: prendere una narrazione ben definita e giocarci, inserendo elementi visivi e scelte di montaggio che ne modificano l’impianto senza alterarne il senso e le dinamiche essenziali. Come un bambino che rompe i giocattoli che ama per vedere come sono fatti, per sentire cosa si prova. Il regista è figlio d’arte. Il padre è il produttore cinematografico Giuseppe Zaccariello, attivo negli anni sessanta e settanta, da ricordare per A ciascuno il suo diretto da Elio Petri. Non sono un assassino si svolge lungo la sottile linea di demarcazione che vorrebbe dividere la verità dalla bugia. Un castello di carte costruito con abilità che rischia di far condannare un innocente o, a seconda delle possibilità, di eludere la giustizia. E che, in qualsiasi caso, fotte tutto e tutti, amicizia, giustizia e amori in primis.