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L’uomo nel buio – Man in the Dark

2021
Titolo Originale:
Don't Breathe 2
REGIA:
Rodo Sayagues
CAST:
Stephen Lang (Norman Nordstrom)
Brendan Sexton III (Raylan)
Madelyn Grace (Phoenix/Tara)

Il nostro giudizio

L’uomo nel buio – Man in the Dark è un film del 2021, diretto da Rodo Sayagues.

Ancora una volta, il titolo italiano crea più di qualche confusione per chi si approccia al film. Il titolo originale del primo film era Don’t Breathe, e richiamava la necessità dei ladri che si intrufolavano in casa di Norman Nordstrom, ex marine divenuto cieco, di eseguire un religioso silenzio in quanto l’uomo, avendo perso la vista, aveva affilato tutti gli altri sensi, soprattutto l’udito. Il primo capitolo si rivelò essere un film brillante, mostrando quanto il protetto di Sam Raimi, Fede Alvarez, non era più una promessa, ma una concreta realtà. Dopo cinque anni arriva un sequel e, nonostante i costanti rimandi causa Covid, alla fine riesce a meritarsi anche la sala, in modo assai tardivo rispetto agli altri paesi che lo hanno già visto e sentenziato come sequel “disgustoso”. La curiosità dunque sale alle stelle, giacché la definizione è sicuramente interessante per quanto mal contestualizzata.

Anni dopo gli eventi del primo film, Norman conduce la sua vita assieme a una bambina che lo considera suo padre (se ricordiamo il macabro twist finale, a Norman affideremmo tutto tranne che la salvaguardia di una bambina). Le giornate scorrono normali finché degli uomini non irrompono nella casa, dando la caccia ai due e rapendo la bambina. Norman dovrà dunque ripercorrere il suo passato e salvare la piccola. Dopo un’ora di film si inquadra subito il problema principale, a supporto dell’aggettivo “disgustoso”: il ribaltamento di visione sul personaggio malvagio di Norman, che ora cerca di smuovere inedite corde di commozione nei confronti dello spettatore. Questo stravolgimento non avviene, e il cambio di registro narrativo è grande, tanto da estendersi per tutta la durata del film. Per quanto possa risultare una piccolezza, si entra difficilmente in empatia con questa nuova visione di Norman che da predatore diventa preda, soffre e piange, afflitto da un dolore che si riflette sul corpo anziano e martoriato.

Il problema è che il film spinge molto su questo concetto, vuole suscitare pietà, comprensione, ma le azioni a supporto di questa tesi non sono abbastanza. L’uomo nel buio funziona meglio nella fase di azione. Tuttavia si perde la tensione come la costruzione della narrativa tramite il comparto audio, per divenire un thriller più accessibile, purtroppo infarcito da alcuni momenti di sceneggiatura incredibilmente bislacchi a cui si alternano altri momenti davvero brillanti, almeno nel modo in cui Norman sfrutta l’ambiente che ha attorno per individuare e annientare gli sgherri. Questo secondo capitolo, che si trascina dietro lo stesso titolo del primo, è un home invasion costruito su più livelli, dove c’è la comprensione dell’uomo – poco incisiva – e la furia omicida che fa da contorno al solito solito twist narrativo che in qualche modo solleva dalla realtà tutto il progetto per renderlo sempre più leggero e frivolo. Il “disgusto” suscitato da un personaggio malvagio idealizzato, ora un protagonista attivo e sentimentale, è forse l’ultimo dei problemi.