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Lesbo

1969
Titolo Originale:
Lesbo
REGIA:
Edoardo Mulargia
CAST:
Carla Romanelli
Steven Tedd
Peter Howells

Il nostro giudizio

Lesbo è un film del 1969, diretto da Edoardo Mulargia.

Si  conoscono già con dovizia di particolari i lacci che avvolgono le coproduzioni elleniche del lotto Filmar/Art Films, svelati da Andrea Napoli nella rubrica di Nocturno, Cinezone. Ora, finalmente, il rinvenimento di Lesbo permette di inquadrare il film come si deve nel panorama del cinema italiano sommerso. Come sottolinea Napoli, l’autore della pellicola, più che Edoardo Mulargia, accreditato solo per ragioni burocratiche, risulta appunto il greco Errikos Andreou, anche se la paternità della versione italiana andrebbe equamente divisa con Bruno Mattei, che ne curò l’edizione scrivendo probabilmente un film tutto suo. Come in Armida, lo sceneggiatore e aiuto-regista è sempre Giacomo Gramegna (autore anche di un altro prodotto Filmar, Vedove inconsolabili in cerca di… distrazioni, di Bruno Gaburro, per cui scrisse anche Ecce Homo), ma dal film di Mattei, Lesbo riprende anche Antonio Modica come direttore della fotografia. Molto suggestivi e promettenti i titoli di testa in stile ellenico-pop, che scorrono sulle note di “Qualsiasi cosa” (De Masi, Alessandroni, De Mutis), cantata da Giulia Ray.

Poi la luminosità dell’isola di Lesbo, prima e unica ambientazione del film, prende il sopravvento, col suo profluvio di scenari balneari esotici. Gizela Dalli, mitica attrice greca, fa la parte della giornalista di moda che tenta di sedurre Carla Romanelli, in vacanza sull’isola per problemi col marito romanziere afflitto da impotenza. Nei dintorni c’è anche il playboy Giorgio Dallas (Peter Howells), deciso a farsi la ragazza, mentre la tedesca Kathe Haack è vittima sia delle avances del ragazzo che delle attenzioni della giornalista. Del tutto incomprensibile, almeno nella copia da noi visionata, il divieto ai minori di 18 anni: per un prodotto che doveva sbandierare la libertà sessuale femminile, il livello di epidermide esposta è davvero ridotto ai minimi termini, persino sotto la media delle barriere dell’epoca. Colpa, probabilmente, di un accanimento censorio, che fa pensare a una serie di tagli, uno dei quali molto evidente, con tanto di troncamento improvviso della colonna musicale, proprio in uno dei momenti più “hot”, quando la Dalli chiede alla giovane Haack, inquadrata di spalle, a schiena nuda, di mostrarle il suo personale.

Non male, una volta tanto, i dialoghi di Alfredo Medori, come quello in cui la Dalli tenta di avvicinare la Romanelli: «Il corpo femminile e il mare sono i capolavori della natura, e nascendo su quest’isola si eredita la sensibilità di quella straordinaria donna che risponde al nome di Saffo…». Ingenuità a parte – l’omosessualità femminile è trattata come una perversione, con tanto di spiegazione scientifica di un dottore che convince lo scrittore Steven Tedd a pagare il playboy dell’isola per portarsi a letto la moglie e salvarla così dalle tentazioni di un’altra donna… la frase al riguardo è perentoria: «Mia moglie è psicologicamente pronta ad essere travolta da una pervertita» – Lesbo funziona comunque assai bene come (melo)dramma esotico; quanto all’erotico, meglio rivolgersi altrove.