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La festa

2013
Titolo Originale:
La festa
REGIA:
Simone Scafidi
CAST:
Lavinia Longhi (Andrea)
Riccardo Cicogna (Il rosso)
Matilde Maggio (Elena)

Il nostro giudizio

La festa è un film del 2014, diretto da Simone Scafidi.

Un film-enigma è un film che non contiene al suo interno la propria, totale, giustificazione. E che non la contiene volutamente. Il film-enigma ha una tradizione illustre, che nel passato remoto – per adottare un esempio conclamato – prese forma nel Salò di Pier Paolo Pasolini, mentre in tempi più prossimi si è incarnata nel Kill List di Ben Wheatley. Simone Scafidi salda il suo nuovo film, La festa – in visione gratuita dallo scorso 31 ottobre, su Dailymotion e altre piattaforme, come web-serie in dieci puntate – alla catena appunto di queste, inquietanti, storie che seminano programmaticamente interrogativi cui è impossibile dare una risposta univoca sulla base dei dati sensibili.

E forse la migliore metafora della natura ambigua de La festa è un’immagine contenuta nel film stesso, quando la protagonista Lavinia Longhi entra in scena (o si manifesta) camminando lentamente lungo il discrimine tra la luce e l’ombra notturna di un filare di alberi, recando come misterioso dono alla sua ospite tre steli di calle. I fatti “esterni” sono riassumibili abbastanza in fretta: un gruppo di adolescenti, quattro femmine e sei maschi, si riunisce per una festa notturna in una villa fuori mano, in collina. Uno di loro, Matteo (Niccolò Gentili) riprende tutto quel che accade. Anche, e soprattutto, quando si presenta alle porte della villa, invitata da una delle ragazze, Andrea (Lavinia Longhi), una trentenne con al seguito tre amici: un uomo (Riccardo Cicogna), una donna (Susanna Giaroli) e un individuo incappucciato, “armato” anch’egli di una videocamera.

Gli adulti prendono il sopravvento e cominciano a giocare con i ragazzini un gioco feroce (il film si è preso il divieto ai diciotto anni, riconfermato in appello – che è già un ottimo biglietto di presentazione): li dividono in due squadre e li fanno sfidare in alcune prove, dove in palio c’è la vita. Considerato il background di Scafidi, il punto non poteva essere, banalmente, l’ennesima variante sul tema di Ore disperate. Il regista di Appunti per la distruzione e Gli arcangeli ha in mente di sabotare i meccanismi ordinari del point of view movie, ovvero di spingerne le premesse ordinarie a conseguenze estreme. Salò non è da richiamarsi invano: come le vittime di Pasolini erano anodine, inerti e persino conniventi con i carnefici di fronte alle peggiori nefandezze cui venivano sottoposte, simboli quali erano del condizionamento mercificatorio e della spersonalizzazione capitalistica, così i ragazzi che Scafidi porta in scena sono i cascami finali di quella società che Pasolini aveva allora preconizzato, i figli dell’impero dell’immagine.

Le vittime, ne La festa, sono più interessate a recitare, male, dozzinalmente, le proprie scene madri davanti a chi li sta filmando, che non a cercare di strappare la propria vita alle grinfie dei torturatori. Un grande esercizio di crudeltà mascherato dalla vernice solo superficiale di un rape & revenge. Naturalmente, dietro ci sta dell’altro: c’è una “forma” – il film si suppone sia del girato fatto pervenire ai genitori di una delle ragazze sparite durante la festa –  che apre una delle serrature fondamentali della vicenda, benché un’unica chiave di volta nella complessità e nell’esotericità del meccanismo escogitato da Scafidi, come detto all’inizio, non esista. Prodotto da Ardaco e Gagarin e accompagnato da un accorto e originale lancio pubblicitario multimediale, La festa è tra le visioni meno ovvie che si sono imposte da diverso tempo in qua nel cinema italiano. Se ne dovrà riparlare…