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Bastardi a mano armata

2021
REGIA:
Gabriele Albanesi
CAST:
Marco Bocci (Sergio)
Fortunato Cerlino (Caligola)
Peppino Mazzotta (Michele/Tony)

Il nostro giudizio

Bastardi a mano armata è un film del 2021, diretto da Gabriele Albanesi.

Toccare Fernando Di Leo, per gli amanti del noir, significa un po’ sfidare gli dei del cinema. Per farlo, servono una produzione coi fiocchi (in questo caso la Minerva), e una regia con le palle quadrate – per dirla come Frank Wolff in Milano calibro 9. Ne è consapevole Toni D’Angelo, che con l’eccellente sequel Calibro 9 realizza il più bel neo-noir italiano degli ultimi dieci anni insieme a Suburra. E ne è consapevole anche Gabriele Albanesi, quello degli horror Il bosco fuori e Ubaldo Terzani Horror Show, che dopo dieci anni torna alla regia dirigendo Bastardi a mano armata (2021), una sorta di remake di Vacanze per un massacro: e diciamo “una sorta” non in senso dispregiativo, ma perché parte da un plot simile al modello per poi percorrere strade diverse – come del resto fa anche D’Angelo. Possiamo dire che per Albanesi il compito è più facile, essendo Vacanze per un massacro un Di Leo minore (ammesso che esistano dei Di Leo minori), dunque più facilmente rimodellabile. Rispetto a Calibro 9, un noir marmoreo con momenti di altissimo cinema – le esecuzioni padrinesche sulle note di Bacalov, la sparatoria al ralenti con il sound-off – Bastardi a mano armata è meno raffinato, e forse lascia un’impronta minore nel genere, ma è altrettanto efficace e avvincente: sono 90 minuti di pura adrenalina, azione e violenza, un tipo di cinema spettacolare che in Italia oggi è più unico che raro. Questa è la vicenda. Sergio (Marco Bocci), un delinquente, esce dal carcere in Algeria e si reca in Italia, per conto del boss Caligola (Fortunato Cerlino): deve entrare in una villa e recuperare dei documenti preziosi che vi sono nascosti. A tale scopo, armato di pistola sequestra la famiglia che vi abita: Michele (Peppino Mazzotta) con la moglie e la figliastra. La questione è però più complessa, poiché l’uomo è in realtà Tony, un gangster che ha dei conti in sospeso con Caligola: quando entra in scena il boss, la situazione deflagra in un bagno di sangue.

Bastardi a mano armata è scritto e sceneggiato dallo stesso Albanesi insieme a Gianluca Curti e Luca Poldelmengo (già autori di Calibro 9), e ha il merito di partire da una base simile a quella di Vacanze per un massacro (scritto da Mario Gariazzo e sceneggiato da Di Leo) per evolversi poi in qualcosa di diverso. Se l’originale era fondamentalmente un thriller con un’ampia componente erotica, il remake si addentra gradualmente nei territori del noir, dell’action e del gangster-movie. E neanche tanto gradualmente, poiché già i due prologhi virano in tal senso. Prima vediamo una coppia in auto che scopa, bruscamente interrotti da raffiche di mitra che uccidono la ragazza, con quella dovizia di particolari sanguinari che tornerà più volte; poi, Bocci in carcere mette al tappeto a mani nude due detenuti armati di coltello che cercavano di fargli la pelle. E già queste due scene varrebbero il prezzo del biglietto (o meglio, della visione on-demand, poiché visti i tempi il film è distribuito così), ma il bello deve ancora arrivare. Rispetto al modello dileiano, la componente erotica diminuisce, essendo limitata alla scopata di cui si diceva e agli sguardi morbosi che Michele/Tony rivolge alla figliastra. Dal modello il film mutua invece, oltre all’idea iniziale, un climax di tensione esplosiva nei rapporti tra i personaggi e l’evoluzione della storia in una sorta di rape & revenge, dove è sempre più difficile parteggiare per un personaggio o per l’altro.

Bastardi a mano armata – che fin dal titolo vuole omaggiare il pulp tarantiniano e le città violente dei polizieschi italiani anni Settanta – mescola in modo inscindibile la componente gangster-noir con il thriller: senza un attimo di sosta, grazie a una regia quadrata e a un montaggio serrato. Tramite flashback, ampio spazio è dedicato alle imprese criminali di Caligola e Tony (quel Mazzotta che ricordiamo in Anime nere), con crudeli esecuzioni – un uomo sgozzato e un altro ucciso con i gas di scarico di un’auto (in omaggio all’incipit de Gli amici di Nick Hezard di Di Leo). Mentre gradualmente il mistero si dipana, la violenza e l’azione si impennano. C’è una tortura con la corrente elettrica, un’altra con il rasoio, scontri a mani nude, mentre Cerlino armato di mitra ammazza due sventurati ospiti e poi ingaggia una sparatoria con Bocci, fino alla resa dei conti dove è ancora il mitra a cantare: Albanesi, che aveva già dato prova di ricercatezza con un piano-sequenza, si concede varie sparatorie al ralenti del tutto azzeccate, con un gusto alla Castellari e spargimenti di sangue prettamente pulp. Cerlino, il celebre Don Pietro Savastano della serie Gomorra, giganteggia di nuovo nei panni dello spietato boss, mentre Bocci si trasforma dall’avvocato fighetto che era in Calibro 9 in un delinquente tamarro, ma funzionano bene pure Mazzotta e le due attrici. Albanesi trova anche un modo originale di omaggiare il celebre finale di Milano calibro 9.