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Ava

2020
REGIA:
Tate Taylor
CAST:
Jessica Chastain (Ava)
Common (Michael)
Colin Farrell (Simon)

Il nostro giudizio

Ava è un film del 2020, diretto da Tate Taylor.

Ava ha decisamente un cast interessante. Oltre ai big John Malkovich e Colin Farrell, ci sono Diana Silvers (la Camille di Glass), la rediviva Geena Davis e Jess Weixler, indimenticabile figa dentata di TeethForse un po’ troppe risorse per un film stile Nikita su una killer di professione scampata a una vita da reietta e trasformata da un’agenzia di smaltimento umano in una perfetta macchina da guerra.  Jessica Chestain (la cattivissima di Crimson Peak) è la Ava del titolo. Il film ne scandaglia sia il lato privato che quello professionale. Il mestiere di assassina è solo l’elemento più vistoso di un ritratto esistenziale decisamente privato. Quello di Ava, appunto, chi è e cosa pensa, mentre incontra ancora una volta il suo ex, ormai accompagnato con la sorella o quando infila siringhe letali tra le dita delle sue vittime. Lo spettatore passa costantemente da una missione in cui la protagonista fa fuori decine di persone, lancia bombe e liquida il personaggio scomodo di turno, a degli scorci esistenziali che piacerebbero a Paul Schrader. Sapete, il ritorno del figliol prodigo nel paese natale pieno di cocci e rancori, con una madre malata ma sempre molto passivo-aggressiva, una sorella che giudica e le vecchie riunioni degli alcolisti anonimi in fondo alla strada.

L’attore Matthew Newton per la prima volta firma un copione senza poi dirigerlo lui stesso. Nella sceneggiatura ha voluto creare questa sorta di Frankenstein schizoide che prova a venire a capo dell’ammasso di cicatrici e di arti alienanti che formano la propria vita. Il terribile rapporto paterno, la ferita narcisistica profonda che ha condotto Ava verso una falsa strada di redenzione, dove ha potuto comunque canalizzare il suo desiderio di distruzione, non più verso se stessa e i famigliari, ma degli estranei colpevoli di chissà cosa. Il lavoro di killer, almeno nell’accezione da film di genere corrente, è una via di mezzo tra Kill Bill e Pretty Woman, quindi in Ava è rappresentato come un carrello di siparietti danzerecci striati di sangue. Ava è vincente e infallibile con i coltelli e le pistole ma completamente incapace nel mondo civile. Tate Taylor è reduce dalla prova di Ma (2019), dove interpreta e dirige se stessa nel ruolo di una pazza scatenata alla Annie Wilkes, però di colore e con molti più adolescenti in giro per la casa. Lei gestisce il film con un certo equilibrio e discreto mestiere, forte anche di un’equipe solida e ricca d’esperienza. Per fare un paio di esempi, ci sono Zach Staenberg, che è il montatore di Matrix, e Stephen Goldblatt, il direttore della fotografia di Miriam si sveglia a mezzanotte e Arma letale

Come per la sfilza di interpreti, anche la troupe sembra eccessiva per un film che tutto sommato chiede troppo e conclude pochino. Non è semplice per il pubblico accettare che la stessa persona abbia una vita alla Steven Seagal e poi ne abbia una alla Diane Keaton, ma la scommessa è proprio questa, far convivere due generi che respirano uno a ridosso dell’infarto (action spy story) e un altro che invece ha un battito leggermente al di sopra del comatoso (minimal drama story). Si finisce per prediligere l’una o l’altra faccia della realtà di Ava, l’uno o l’altro genere, ma non entrambi. Chi ama l’azione attende con impazienza che le chiacchiere mollino il colpo alle scorribande marziali della killer e chi invece preferisce i film commoventi spera che i doppi calci rotanti e le esplosioni si diradino presto e si torni ai silenzi e le pause dolorose di un passato mal digerito, mentre un abbraccio stitico è l’arido distillato di una redenzione plasticamente calviniana inseguita sul pick-up di Chuck Norris.  Noiosissima colonna sonora dubstep dell’ex protetto di Bernstein, Bear McCreary.