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Blonde

2022
REGIA:
Andrew Dominik
CAST:
Ana de Armas (Marilyn Monroe / Norma Jeane Mortenson)
Adrien Brody (Arthur Miller)
Bobby Cannavale (Joe DiMaggio)

Il nostro giudizio

Blonde è un film del 2022, diretto da Andrew Dominik.

Norma Jean è davanti allo specchio e prega che qualcuno arrivi, anzi evoca una presenza, Marilyn, che giunga a infestarla e a sostenerla. E lei, puntuale, arriva, con un riso spudorato e insolente, che sembra voler prendere in giro per prima la stessa Norma Jean, consapevole del fatto che, senza quella entità, non si troverebbe in quel camerino. Basterebbe già soltanto questa scena a farci capire che Blonde, nuovo film di Andrew Dominik, basato sull’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, presentato in concorso a Venezia 2022, non è un semplice biopic sulla diva del cinema per eccellenza, bensì un incubo allucinato e fantasmatico, vicino alle atmosfere di un Mulholland Drive, in cui pure c’era lo sdoppiamento della aspirante attrice (bionda) Betty Elms (Naomi Watts) in Diane Selwyn. Fin dall’infanzia, funestata da una madre che non la voleva e la maltrattava, la vita di Norma Jean assume i tratti di un incubo a occhi aperti, con la genitrice preda a sua volta di paranoia e schizofrenia. Non è un caso infatti se le prime battute della pellicola sono affidate proprio a Gladys Pearl Monroe: “In California non sai mai qual è la realtà e cosa invece è dentro di te.

È qui che risiede molto del senso di Blonde, riflessione di Dominik su Marilyn in quanto immagine o, per dirla con le parole di Roberto Calasso su Vertigo, in quanto Figmentum, o immagine mentale. Sebbene Calasso si riferisse a Kim Novak nel capolavoro di Hitchcock, crediamo che il termine calzi perfettamente anche su Marilyn. Evocata dalla stessa Norma Jean come Doppelgänger, indispensabile per plasmare e affrontare la celebrità, Marilyn è uno spettro che attraversa Hollywood, ponendo la Mecca dello spettacolo di fronte alla sua coscienza sporca. La fragilità e l’innocenza emanati da Marilyn/Ana De Armas sono disarmanti e, come un agnello sacrificale, viene portata al martirio, ovvero nella camera da letto di John Kennedy, che come un pezzo di carne la tratta. Di fronte alla purezza d’animo l’Oscurità non può fare altro che attaccare e divorare, e Marilyn verrà infatti digerita e consumata da quel sistema, poco importa chi sia stato a provocarne la morte: era destinata purtroppo a quel fato anche se Dominik, senza scendere in dettagli, ci suggerisce che il decesso non sia stato certo una fatalità. Blonde non sembra sfuggire, per tutti i suoi 166 minuti, ad una temperatura emotiva che è sempre quella della disperazione e del delirio. Se da un lato questo lo rende meno digeribile, dall’altro è coerente ad uno sguardo preciso sulla diva e sul mondo che la assediava. Blonde è lungo incubo lynchano in cui si passa, senza soluzione di continuità, attraverso le deliranti stanze della mente (il suo Inland Empire) di Norma Jean, schizofrenicamente divisa in una inquietante doppia entità, persa in un gioco pericoloso dove, alla bisogna, evoca Marilyn. E da qui non c’è ritorno.

Ci sono cadute di gusto riguardanti il modo in cui vengono messi in scena gli aborti che caratterizzarono tristemente la vita di Norma Jean. La scelta di farla dialogare col proprio feto, infuriato per non essere nato, non è certamente tra le più felici. Al netto di queste scivolate, però, Blonde spariglia le carte del biopic classico, seguendo una traiettoria erratica e imprevedibile, onirica e spiazzante, con soluzioni visive che scardinano la narrazione per rendere l’idea di un flusso di coscienza dolente e schizoide. Ana De Armas non solo incarna la diva immortale, ma ne indossa l’anima, portandosi dietro i suoi demoni interiori, con tutte le conseguenze emotive del caso. Alla fine, nell’ultimo sussulto delirante, tra barbiturici, bianco e nero e camera a mano deragliante, le note della colonna sonora di Nick Cave e Warren Ellis, nel loro incedere sempre più onirico e struggente, sembrano echeggiare il tema di Laura Palmer, suggerendo un’affinità tra il fato autodistruttivo di Norma Jean/Marilyn, e quello altrettanto tragico dell’eroina lynchana di Twin Peaks, anche lei simbolo di purezza e innocenza perdute.