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Anna

2021
REGIA:
Niccolò Ammaniti
CAST:
Giulia Dragotto (Anna)
Alessandro Pecorella (Astor)
Clara Tramontano (Angelica)

Il nostro giudizio

Anna è una serie tv del 2021, ideata da Niccolò Ammaniti.

Dopo la riuscitissima prova de Il Miracolo, Ammaniti ci trasporta in una Sicilia distopica distrutta e trasfigurata da un’epidemia mortale che risparmia però i bambini. Troviamo infatti una società popolata soltanto da minori che in qualche modo cercano di sopravvivere, tra incoscienza e sofferenza, a una situazione incredibilmente disperata. Protagonista del racconto è Anna, una ragazzina a cui sua madre ha lasciato in consegna il fratellino Astor. La coppia vive ben riparata nella loro casa di campagna ma quando decideranno di uscire dal loro recinto sicuro dovranno confrontarsi con una varia umanità che, nonostante la giovane età, si rivela tutt’altro che ingenua. I giovani e giovanissimi si sono organizzati in bande rivali, pochi conoscono il valore dell’altruismo e Anna ed Astor dovranno fare i conti con tutto l’egoismo e la violenza perpetrati da bambini cattivi ai quali la pandemia ha tirar fuori il peggio. In un contesto così squallido e disumano non manca però il colore forte e sgargiante che proviene dall’ammasso di cose, cibi e vestiti che popolano le strade e le case ormai diroccate. Anche la natura che fa da sfondo agli avvenimenti è sempre molto colorata e potente: cieli azzurri, nuvole bianche, il verde dei boschi e il blu delle acque sono sempre lì a ricordare l’eternità della terra e il suo potere inalterato rispetto agli umani.

I giovani protagonisti acquisiscono ben presto una familiarità con la malattia ma soprattutto con la morte, a tal punto da essere loro stessi “aiutanti” nel somministrare una sorta di eutanasia ad adulti che restano per troppo tempo intrappolati nelle orribili morse della rossa, questo è il nome della malattia. Sono scene che vediamo soprattutto negli abili flash back che Ammaniti propone con sapiente equilibrio e che ci danno informazioni sulla situazione nei mesi prima che i bambini venissero lasciati soli; e così vediamo Pietro, grande amico di Anna nella vita post pandemica, che diventa esperto finitore di malati grazie all’incontro con un ambiguo personaggio. Giorno per giorno il rapporto tra Anna e la madre dall’arrivo della malattia fino alla morte è un crescendo di dolore e amore. Questo aspetto del racconto ci fa riflettere sull’importanza della parola, sia essa scritta, come accade con il meraviglioso diario della madre di Anna, in cui le raccomanda di insegnare a leggere al fratellino, sia essa parlata, come una lingua della memoria che rimbomba in ogni momento nella mente dei bambini, a sottolineare il valore del ricordo. I ragazzini continuano a vivere le loro vite con la consapevolezza di doversi ammalare primo poi e con accettazione rassegnata dell’arrivo della morte quando entreranno in pubertà; ma è molto bello ciò che dice Pietro quando sostiene che la loro vita di 14 anni è molto simile nella durata a quella di un cane: in realtà anche se breve è come una vita lunga, perché contiene tutto.

Molti sono i riferimenti letterari: si passa da Cecità di Saramago alle analogie con Il signore delle mosche di Golding, nella narrazione di un mondo abitato soltanto da minori i quali senza l’imposizione delle regole degli adulti si rivelano buoni o cattivi in base semplicemente a una loro inclinazione e natura. Non possiamo dimenticare anche alcune similitudini con Pinocchio, soprattutto nella scena del teatro di burattini in cui Astor incontra un bambino con il quale si diletterà nell’allestimento di meravigliose e oniriche rappresentazioni in un’ atmosfera magica e surreale. Se il racconto più volte è davvero crudo e trucido fino all’inimmaginabile, soprattutto se si pensa che le atrocità e le sofferenze sono tutte perpetrate e subite da bambini, non può mancare uno spiraglio di speranza nel futuro e nella ciclicità. È importante ricordare che le riprese di Anna sono cominciate sei mesi prima della pandemia da Covid-19 e che sicuramente si evidenziano alcune analogie con quella che poi sarebbe stata la realtà dei giorni che ancora stiamo vivendo, di una malattia che risparmia i bambini quantomeno nelle sue forme più maligne. Premonizione o sesto senso resta il fatto che il regista è riuscito a descrivere molto bene i sentimenti e le paure che se da un lato sono ataviche dall’altro però rappresentano al meglio quelli che sono il terrore e la fatica della nostra quotidianità.