The Wretched è un film del 2020, diretto da Brett e Drew T. Pierce.

L’importante è essere onesti. Sempre e fino in fondo. Non importa se poi l’idea di base puzza di muffa come la cappelliera della cara nonnina da anni relegata nell’umida oscurità della cantina. Se si è capaci di essere onesti, allora e solo allora si riuscirà a convincere la gente della bontà delle proprie azioni. Un po’ come hanno fatto i fratelli Brett e Drew T. Pierce, desiderosi come non mai di raccontare l’ennesima storiella di streghe cattive, ben consapevoli di battere un terreno ormai logoro dai numerosi trascorsi ma, nonostante ciò, sufficientemente acuti da farlo con serietà, garbo e, cosa più importante, tanta tanta sana onestà. E così, malgrado non ci si possa esimere dal constatare la strisciante sensazione di déjà-vu che cova sorniona per tutta l’oretta e mezza di visione, alla fine The Wretched riesce nella titanica impresa di lasciarci ben più che soddisfatti una volta conclusi i titoli di coda.

Fuoriuscito dai reflussi di una vera e propria witch renaissance che nel corso dell’ultimo decennio sembra aver preso piede con grande intensità grazie a titoli come l’inquietante The VVitch di Robert Eggers, l’ipnotico Gretel & Hansel di Oz Perkins e il debordante The Last Heroes di Roberto D’Antona, The Wretched parte dal più semplice dei presupposti possibili: un’oscura foresta, nei pressi di un ridente villaggio marittimo, nelle qui profondità, ben celata nelle brulicanti cavità di un antico tronco d’albero, dimora una famelica fattucchiera, la quale, manco a dirlo, pratica una ferrea dieta a base di tenera carne di fanciullo. Occorre però che le succulente prede vadano opportunamente scovate, costringendo la nostra gracchiante e animalesca Maga Magò a uscire dalla tana per recarsi in paese dove, tramite le proprie esoteriche arti, essa si impossessa del corpo delle incaute madri, facendo in modo che entrambi i genitori dimentichino del tutto la propria prole, lasciando così campo libero a immondi banchetti a base di tartare umana. Quando la felice famigliola della porta accanto pare essere caduta nel tremendo sortilegio, Il giovane Ben (John-Paul Howard) inizia a subodorare l’inghippo, alleandosi con l’amica Mallory (Piper Curda) per ricacciare il tremendo demone nell’oscurità da cui è venuto. Inutile dire che il lavoretto risulterà tutt’altro che semplice, costringendo i nostri eroi a una lotta contro le secolari forze del male.

Come già preventivamente annunciato, The Wretched risulta ben lontano dall’essere un racconto fresco e originale. Ma è proprio questa sua prevedibile classicità a renderlo, in fondo in fondo, non molto diverso da un’autentica fiaba nera. Esattamente come quelle che da piccoli non ci stancavamo mai di ascoltare e riascoltare, conoscendone a memoria sviluppi e colpi di scena ma ugualmente desiderosi di farci sorprendere e spaventare. Ed è appunto il piacere della riproposizione di schemi collaudati che rende l’opera seconda dei Pierce Brothers un’esperienza, se non certo esaltante, quantomeno interessante e coinvolgente, l’ennesima lotta fra le terrene forze del Bene contro le sovrannaturali forze del Male, qui incarnate da una ferina entità femminile capace di cambiar letteralmente pelle come un cenobita di hellraiseriana memoria, debitrice tanto della selvaggia natura della Pollyanna MacIntosh di The Woman quanto delle ormai rancorose frantasmatiche presenze nerocrinite figlie della stirpe di Sadako. Insomma: i soliti ingredienti per un piatto a suo modo gustoso e certamente invitante, pensato apposta per palati ormai insensibili a gran parte della roba che passa sui grandi e piccoli schermi al giorno d’oggi, già sazi di ogni ben di dio ma con ancora un buchetto libero per uno sfizio come si deve. Se poi siete gente dai gusti difficili, non disperate, poiché il colpo di scena finale, telefonato o meno, non vi lascerà di certo indifferenti.