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Memorie di un assassino

2003
Titolo Originale:
Sar-in-ui-chu-eok
REGIA:
Bong Joon-ho
CAST:
Song Kang-ho (Park Du-man)
Kim Sang-kyung (Seo Tae-yun)
Kim Roe-ha (Cho Yong-gu)

Il nostro giudizio

Memorie di un assassino è un film del 2003, diretto da Bong Joon-ho.

Sono stati giorni sorprendenti quelli che hanno seguito, fino ad oggi, l’uscita di Parasite. Sicuramente, in Italia, vi è un focus sul cinema coreano che non si vedeva dai tempi in cui Kim Ki-duk conquistava pubblico e critica in quel di Venezia. Domenica notte, invece, il miracolo, se proprio così lo si vuole chiamare: Bong Joon-ho domina gli Oscar e li chiude da trionfatore assoluto. Ed ecco che, in mezzo a tutti questi avvenimenti, arriva il vero miracolo, la vera opportunità che gli spettatori non dovrebbero proprio lasciarsi scappare: dal 13 febbraio Memorie di un assassino (Memories of Murder), arrivato da noi solo in home video, debutta nelle nostre sale. Credetemi, è una vittoria più significativa di qualsiasi statuetta da mettere sul caminetto, perché stiamo parlando del secondo lungometraggio di Bong e anche del suo primo grande film, forse il più grande di tutti. Un thriller investigation perfetto nella messa in scena, nelle interpretazioni e nell’approccio alla storia vera da cui è tratto.

Siamo nel 1986 in Corea: la polizia si ritrova ad indagare su una serie di omicidi molto violenti che hanno come vittime giovani donne. L’inchiesta è affidata ai detective dai metodi poco ortodossi Park e Cho, a cui si aggiungerà poi il più razionale Seo. Pur dovendo far fronte ai pochi mezzi a disposizione e ad una serie di false piste, i tre faranno di tutto pur di catturare quello che a tutti gli effetti è il primo serial killer coreano di sempre. Una storia che affonda le radici in fatti veramente successi e che solo pochi mesi fa sono tornati a galla con un colpo di scena inaspettato: la confessione di tutti i delitti da parte di tale Lee Choon-jae. Che sia stato scritto l’ultimo capitolo di questa torbida vicenda? Vedendo Memorie di un assassino il dubbio rimane legittimo e fisiologico. Sin dal primo momento vediamo il detective Park (il futuro attore feticcio di Bong, Song Kang-ho) fronteggiare l’obiettiva impreparazione della polizia nel mantenere intatta una scena del crimine e usare qualsiasi mezzo pur di far confessare ogni persona sospetta. Un personaggio stratificato: burbero, sbrigativo, alle volte ottuso e violento, ma anche tenace, capace di empatia e di mettere in discussione il proprio ruolo. L’intero trio di detective, in realtà, in quasi perfetto equilibrio tra impulsività e raziocinio, si troverà a dover fronteggiare i propri demoni. E mentre la maggior parte delle forze dell’ordine è impiegata fuori a sedare proteste studentesche, il killer continua ad agire indisturbato.

A Bong Joon-ho non interessano gli eroi o i singoli, ma dipingere, in pochi caratteri ben delineati, la realtà storica e contraddittoria del suo paese. Allo stesso modo non indugia sull’omicidio come forma di rappresentazione spettacolare, ma ne estrapola il significato sociale. Park, messo alla prova, non è in grado di riconoscere uno stupratore tra due uomini interrogati in centrale, vessa un sospettato solo perché ritardato e diverso e altrettanto fa con un altro malcapitato che si rivelerà infine solo un innocuo pervertito. Affidarsi all’acume di Seo è dunque la sua ultima spiaggia, l’appiglio finale prima del crollo. Memorie di un assassino è una tragedia umana sull’incapacità di riconoscere il Male, sia con l’intelletto che con l’aiuto del caso: un fallimento e una condanna per una società priva di stabilità dove si diventa poliziotti perché è pur sempre un lavoro, dove ogni errore ha un terribile prezzo da pagare, come mancare di poco l’appuntamento con la verità.