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Unbelievable

2019
REGIA:
Susannah Grant, Lisa Cholodenko
CAST:
Toni Collette (Detective Grace Rasmussen)
Merritt Wever (Detective Karen Duvall)
Kaitlyn Dever (Marie Adler)

Il nostro giudizio

Unbelievable è una serie tv del 2019, creata da Susannah Grant.

La miniserie Netflix Unbelievable, si pone certamente fra le migliori uscite quest’anno. È ispirata a vicende reali, denunciate da varie associazioni investigative americane (ProPublica, The Marshall Project – premio Pulitzer nel 2006 – e la emittente radiofonica This American Life, oltre che da un libro che le riassume, A False Report). La storia è quella di Marie, interpretata da Kaitlyn Dever, una eccezionale attrice ventiduenne che ha all’attivo una quindicina di film e varie serie tv. Ragazza dalla vita difficile, con varie esperienze di affido in corso, l’introversa Marie vive a Lynnwood, stato di Washington, in una casa-famiglia. Una notte, mentre dorme, viene assalita e violentata da un predatore sessuale che, dopo la violenza, si scusa con la vittima, la lega e sparisce. L’aggressione subita dalla ragazza, però, è oggetto di dubbi da parte dei due detective locali che ricevono la denuncia (spinti anche dai sospetti di una delle mamme affidatarie, un’inquietante Elizabeth Marvel). Confusa e (pur pacificamente) intimidita, la ragazza viene convinta a fare marcia indietro e ad affermare d’essersi inventata tutto (verrà persino processata per falsa testimonianza e condannata a una multa di 500 dollari!). Per la legge, il presunto inganno sarebbe rimasto tale, se due detective donna (un’imbronciata Merritt Wever e una sempre grandissima) non avessero deciso di affrontare di petto una serie di altri casi di stupro rimasti irrisolti, avvenuti fra gli stati di Washington e Colorado.

Inizialmente diffidenti l’una dell’altra, caratterialmente opposte (Wever cattolica e introversa, Collette non credente e impetuosa) le due donne, accomunate dal fine comune di sbattere in galera quel figlio di puttana di violentatore, diverranno amiche. E, uno dopo l’altro, decine di casi, analizzati fino a non chiudere occhio la notte, dopo mille caffé e altrettanti scontri con i colleghi più prudenti, porteranno a un unico colpevole: un ex militare col vizietto dello stupro. E Marie? Le due detective ci arriveranno in zona Cesarini, a inchiesta praticamente conclusa, grazie a una perquisizione in casa dello stupratore e alla scoperta di prove che ricondurranno indubitabilmente allo stupro di Marie. A questo punto, la ragazzina esce dal suo stato di forzata passività e si scatena, richiedendo anche un notevole risarcimento che le consente di realizzare il proprio infantile sogno: prendere la patente e acquistare un’auto che la renderà finalmente indipendente dalle varie “mamme” affidatarie. Marie ispira grande tenerezza e la Dever rende magnificamente il personaggio di adolescente bastonata dalla vita, ma estremamente orgogliosa. La vera Marie oggi vive fuori dallo stato di Washington, è sposata, ha due figli, e lavora alla guida di una 18 ruote. «Non mi ha tolto la vita», ha detto a proposito di Marc O ‘Leary, l’uomo che ha fatto irruzione nel suo appartamento e l’ha violentata (e la stessa sorte hanno subito, stuprate da O ‘Leary, una decina di altre donne, giovani e anziane).

I primi tre episodi della serie li ha diretti Lisa Cholodenko, già nominata all’Oscar per I ragazzi stanno bene (2010) con Julianne Moore, Annette Benning e Mark Ruffalo. Piccola digressione: vien da chiedersi perché serie dell’eccelso livello di Unbelievable, non possano essere realizzate in Italia. Il discorso è vecchio e annoso, me ne rendo conto, e il refrain è sempre lo stesso: registi o incapaci o condizionati da scarsi budget produttivi o da un eccesso di politicamente corretto o tutte e tre le cose; e attori (soprattutto attrici) con recitazioni parrocchiali e, quasi nella totalità, con irritante e inqualificabile accento romanesco e che pretendono di doppiarsi da sé, quando addirittura non lavorano in presa diretta. D’altra parte, in Italia abbiamo i migliori doppiatori del mondo i quali – con tutte le critiche che, più o meno giustamente, possiamo rivolgere all’idea di doppiare i film stranieri – sono oggettivamente (salvo rare eccezioni) bravissimi. Mi rendo conto di lanciare una proposta utopistica e provocatoria, ma non si potrebbero far doppiare gli attori italiani delle fiction e dei filmetti generazionali nostrani (tranne che quella manciata di indiscutibili professionisti, ma, ahimé, quasi tutti over 40) come avveniva fino a tutti gli anni 60 e in parte anche 70? Lo faceva Fellini, sempre. Potrebbero farlo anche i misconosciuti registucoli che ammorbano il nostro panorama televisivo e telecinematografico. O no?