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Bob Lazar: Area 51 and Flying Saucers

2018
Titolo Originale:
Bob Lazar: Area 51 and Flying Saucers
REGIA:
Jeremy Kenyon Lockyer Corbell
CAST:
Bob Lazar
George Knapp
Jeremy Kenyon Lockyer Corbell

Il nostro giudizio

Bob Lazar: Area 51 and Flying Saucers è un documentario del 2018, diretto da Jeremy Kenyon Lockyer Corbell

Tutto ha inizio il 12 maggio 1989, quando il notiziario del network KLAS-TV (associato alla CBS) trasmette la testimonianza di un whistleblower dal volto oscurato, tale “Dennis”, che riferisce di aver preso parte, in veste di scienziato, a degli esperimenti di retroingegneria aliena in una base segreta militare nei pressi di Groom Lake, Nevada. La storia rimbalza rapidamente tra i media di tutto il mondo, ed è a quel punto che l’esistenza dell’Area 51 viene ufficialmente rivelata. Anche “Dennis”, sentendosi addosso una certa pressione, decide di uscire dall’anonimato presentandosi in pubblico col suo vero volto, nonché col suo vero nome: Robert “Bob” Lazar. In tutti questi anni, costui ha sempre sostenuto di aver lavorato presso un sito dell’Area 51 denominato “S-4”, su speciale richiesta di Edward Teller, noto fisico nucleare di origine ungherese. Un’installazione a suo dire molto più militare che scientifica e dai massimi livelli di sicurezza. Uno scenario decisamente oppressivo, all’interno del quale era impossibile muoversi in libertà, dovendo essere scortati da una guardia armata persino per andare alla toilette. Secondo Lazar, all’interno della S-4 erano presenti nove velivoli di origine totalmente aliena (diversi dei quali del tutto funzionanti), sulle cui modalità di rinvenimento non ha mai però saputo o voluto fornire alcun dettaglio. Il suo compito, nello specifico, era studiare il funzionamento del sistema di propulsione di uno di quei nove oggetti, tutti prodotti, per l’appunto, da una tecnologia assolutamente ignota. Molti suoi detrattori, tra cui i fisici David L. Morgan e Stanton T. Friedman (quest’ultimo molto noto anche in campo ufologico), hanno spesso cercato di screditarlo facendolo passare per un mezzo squilibrato o, peggio ancora, per un soggetto mai esistito (il suo nome, a quanto sembra, fu fatto sparire dai registri dei luoghi in cui sosteneva di aver studiato o lavorato). Sta di fatto che ancora oggi Lazar riceve visite dall’FBI così come da parte di altri misteriosi gruppi investigativi.

Cosa cerchino da lui dopo trent’anni non è chiaro, ma l’ipotesi più acclarata è che in quel lontano 1989 si fosse portato a casa un estratto del cosiddetto “elemento 115”, di fatto la “benzina” che serve agli alieni per compiere i loro viaggi interstellari. Un elemento estremamente potente e dotato di una sorprendente unicità, che se esposto a radiazioni è in grado di produrre attorno a sé un proprio campo gravitazionale. O meglio, antigravitazionale, come lo stesso Lazar ha di recente specificato ai microfoni del veterano televisivo Larry King. Che si accetti o meno la sua versione, non vi sono dubbi che la esponga in modo credibile ed eloquente. Oltre a essersi sottoposto con successo alla macchina della verità, che non fosse un ciarlatano lo aveva già dimostrato lui stesso all’epoca dell’esplosione del caso, fornendo a una troupe televisiva nipponica le esatte coordinate per poter filmare – di nascosto – il test su uno scafo discoidale in un punto specifico della famigerata area desertica del Nevada. Nel visionare questo documentario, Bob Lazar: Area 51 and Flying Saucers, disponibile on demand e in digital download, appare chiaro l’intento di Corbell di umanizzare il più possibile la figura di Bob Lazar, mostrandone la normalità del vivere attraverso le parole dell’anziana madre, o riprendendolo al lavoro nella sua stramba azienda (la “Nuclear United”), così come fra le mura domestiche accanto alla moglie.

Il vero problema, con tutto ciò, è che il regista elude quasi completamente l’aspetto dell’inchiesta, essendo forse più interessato a esporre se stesso (a piedi nudi) fra gli interni della sua sfarzosa magione dal design finto-minimal, o a evidenziare il suo look da hipster quarantenne (con tanto di barba d’ordinanza brizzolata, capello dal doppio taglio, anch’esso brizzolato; t-shirt da cui fuoriescono braccia rigorosamente tatuate e jeansetto attillato coi soliti risvoltini ormai quasi demodè).  Sorvolando sui discorsi esistenziali rilasciati dalla voce narrante e impastata di Mickey Rourke (perché Rourke, poi? Forse per il carattere ormai alieno del di lui volto?), il progetto di Corbell, pur lasciandosi in definitiva apprezzare, si esime dall’indagare fino in fondo certe questioni importanti come le minacce subìte da Lazar – vittima, a quanto pare, di un tentativo di omicidio – o la retroingegneria. Mr. Hipster dimostra pertanto di avere poca dimestichezza con la materia investigativa, limitandosi a ripetere più volte al protagonista la stessa inutile domanda: «This shit has really happened, rite?» (Tutto ciò è successo veramente, sì?). Resta intatta l’impressione, al di là di tutto questo, che il buon Bob sappia in realtà molte più cose di quante non ne abbia a oggi riferite. D’altro canto, volendo spezzare una lancia in suo favore, non si può certo affermare che non si sia già esposto a sufficienza.